KULT Underground

una della più "antiche" e-zine italiane – attiva dal 1994

Intervista con ITDJ

9 min read

Album, digital release. Autoproduzione. Uscita 6 maggio 2022.

ITDJ nasce dall’incontro tra Tommaso Sampaolesi e Peyote Vibes, studio di produzione e registrazione capitanato da Riccardo Franconi e Nicola Amici. Riccardo stava scrivendo alcuni brani elettronici strumentali e chiese a Tommaso se voleva provare ad inserirci la sua voce: l’intesa fu immediata e la prima prova lasciò i tre molto soddisfatti tanto che, con grande entusiasmo, maturò ben presto l’idea di sviluppare un EP di quattro brani. Da lì a poco il progetto iniziale si estese alla possibilità concreta di realizzare un album, vista l’urgenza con cui si stavano definendo nuove idee; a febbraio 2022 “de Mon Demon” era già pronto: un album intenso e personale, diretto, inquietante ma liberatorio, in cui l’autore dà sfogo ai propri pensieri al ritmo di sonorità Electro Dark. Una riflessione introspettiva e un confronto con i propri demoni, una auto-analisi terapeutica per buttare fuori un po’ di veleno. Del suo progetto precedente – Il Tipo di Jesi – Tommaso decide di tenere solo le iniziali. Le influenze del disco sono molteplici, dalla passione per i Bachi da pietra di Riccardo e Nicola, all’Hip Hop/Rap di Beastie Boys, Run the Jewels e Danny Brown che hanno ispirato la voce di Tommaso durante la scrittura del disco, dall’EDM all’Alternative Rock, dall’Industrial al Grunge.

Prima di diventare ITDJ, Tommaso crea i .cora. Con i quali pubblica nel 2009 “L’aria che respiro soffoca” per Jestrai. Il suono della band era chiaramente condizionato dagli ascolti di Tommaso di allora, principalmente incentrati sul Seattle sound. Abbandonato il progetto e dopo qualche anno di allontanamento dalla musica, nel 2017 Tommaso decide di rimettersi in gioco da solo, registrando alcune canzoni nate da una vecchia chitarra acustica trovata nel garage della madre e scritte in casa durante gli anni di allontanamento dalle scene. Da queste canzoni nasce il progetto Il Tipo di Jesi con cui pubblicherà due album – “Pranzo Rock in Via Trieste” nel 2018 e “Yeah Yeah Yeah!” nel 2020 – e due singoli, “Libertà” e la cover di “Mio Fratello è Figlio Unico” nel 2021.

Proprio durante queste ultime registrazioni, nate dall’incontro con Riccardo e Nicola, inizia a concretizzarsi l’idea di provare a muoversi su territori musicali nuovi. La svolta si verifica quando Riccardo gli fa ascoltare delle basi elettroniche che aveva scritto e Tommaso, incuriosito e stimolato dalla sfida, inizia a scrivere dei testi e ad immaginarsi delle linee vocali idonee. In maniera del tutto inaspettata i tre rimangono stupiti dal risultato e subito, entusiasti, decidono di lavorare su altre basi, che in breve si concretizzano nelle otto tracce di “de Mon Demon”.

Tracce:

Sparo a zero / Demone / Giu! / Karma / Nella stretta / Tutti contro tutti (feat. Boso) / Perdono perdono perdono / Come ti ricordi (fat. Boso)

Tommaso Sampaolesi: testi e voce. Chitarre su Karma.

Riccardo Franconi: Musica e synth. Cori su “Sparo a zero”.

Matteo “Boso” Bosi: Voci su “Come ti ricordi” e “Tutti contro tutti”.

Produzione, mixaggio e mastering: Riccardo Franconi e Nicola Amici. Peyote Vibes, Jesi (AN).

Artwork album: Nicola Alessandrini, Peyote Vista.

Foto: Caterina Fattori, Peyote Vista.

Comunicato Stampa

Peyote Press

Intervista

Davide

Ciao. Partiamo dal titolo: “de Mon Demon” ovvero “del Mio Demone”. Nella filosofia greca il demone aveva una funzione di intermediario tra l’uomo e il divino, mentre nella cultura religiosa era un essere a metà fra il divino e l’umano con una funzione di ostacolo tra queste due dimensioni. Cos’è il vostro demone?

ITDJ

Il mio demone (Tommaso) è la raffigurazione di tutti quegli eventi negativi e inevitabili che condizionano le nostre vite. Dico inevitabili perché nella società moderna tante vicissitudini di cui parlo nel disco, come ad esempio la frustrazione per l’impossibilità di esprimere a pieno se stessi, sono davvero difficili da affrontare, a maggior ragione in un piccolo contesto di provincia. Il disco è incentrato su questa figura demoniaca che nasce dal lavoro di introspezione che è stato fatto per la scrittura dei testi e che ha scoperchiato questo fiume marcio riversato nelle parole delle canzoni.

Davide

Come nascono i testi di “de Mon Demon”, intorno a quali situazioni più soggettive oppure a quali più oggettive condizioni storico-sociali attuali?

ITDJ

I testi di “de Mon Demon” nascono da un iniziale rilascio di flussi di coscienza liberati dalle emozioni suscitate dalla musica (che in questo disco nasce prima delle parole). Quindi l’anima dei testi nasce da un’introspezione grezza e incontrollata. Come dicevo prima, è un po’ come se con questo lavoro di introspezione fosse stato scoperchiato un vaso di marciume che è confluito nella stesura dei testi. È un disco molto intimo, personale, che tratta di emozioni vere, non c’è niente di artefatto o di ricercato a tavolino. È nato tutto molto spontaneamente e le parole dei testi sono originate dai diversi mood suscitati dalle musiche. Di riferimenti espliciti a situazioni attuali non ce ne sono ma ovviamente ogni sentimento personale è influenzato dal contesto e dal momento storico, quindi, anche indirettamente, racconta sempre un po’ quello che succede intorno.

Davide

Come leggo nel comunicato stampa, è il vostro un album intenso e personale, diretto, inquietante ma liberatorio: liberatorio da cosa in particolare e in che modo?

ITDJ

È stato un po’ uno sfogo, un modo per scaricare ansie, frustrazioni, paure e preoccupazioni. Una ricerca di liberazione veicolata dalla musica. È un album molto sincero, non ci sono finzioni o bugie, tutto quello che è stato scritto è vero e sentito e credo che questo si percepisca. La forma stessa del disco è sincera essendo nato tutto spontaneamente senza decisioni prese a tavolino, ci siamo lasciati guidare dalle emozioni che ci hanno condotto a questa forma musicale che probabilmente era la più consona per liberare il nostro messaggio. Le canzoni sono nate molto velocemente, come se fossero nascoste dentro e avessero avuto solo bisogno di essere liberate. È stata davvero un’esperienza unica, un’esplosione di creatività nata da un lavoro di squadra serrato e stimolante.

Davide

Perché la scelta della parola per lo più rappata, alternata comunque a frasi melodiche? Come avviene la scelta della parola rappata piuttosto che dell’invenzione melodica in “de Mon Demon”?

ITDJ

Lo stile rappato è stato influenzato dalle basi musicali, che sono nate prima. Inoltre, avevamo voglia di esplorare questo mondo che fino a quel momento non avevamo mai approfondito. Il Rap e l’Hip-Hop sono tra i nostri ascolti preferiti da sempre e forse fare un disco così era fisiologico e necessario sotto più punti di vista. Ascoltando le basi di Riccardo ho subito pensato che una voce ritmata ci sarebbe stata bene e così abbiamo iniziato a lavorare in questa direzione. È stata una rivelazione quando abbiamo capito che ci piaceva ciò che stava nascendo, noi che eravamo per lo più abituati a una scrittura piuttosto “rock”. Poi io ho sempre cantato cose più melodiche nei miei progetti musicali precedenti quindi qualcosa ho conservato anche di questo stile.

Davide

Come sono invece nate le musiche, partendo da quali idee musicali di base?

ITDJ

Le musiche sono nate dalla produzione di Riccardo Franconi presso lo studio Peyote Vibes di Jesi, con la supervisione di Nicola Amici. Le principali influenze musicali sono da ritrovare nell’Hip-Hop, nel Noise, nell’Urban music e in generale nella musica elettronica. In linea di massima, tutte le idee per le basi sono partite da lui e, in seguito, io ci ho messo sopra testo e voce, a parte su “Karma” e su “Nella stretta” il cui embrione nasce da una mia sperimentazione casalinga su sintetizzatore e drum machine. Avevamo voglia di esplorare senza farci ingabbiare da un genere o da una scelta musicale rigida, ci piaceva l’idea che il disco potesse avere più sfaccettature e una composizione “fluida”.

Davide

Se da una parte fare musica o dell’arte in genere è “auto-terapeutico” e liberatorio, qual è il compito dell’artista, quale il vostro soprattutto, nella società? Per suggerire o stimolare auspicabilmente quale risposta in particolare in chi ascolterà “de Mon Demon”?

ITDJ

Il ruolo di un artista, in senso lato, quindi non solo un musicista ma penso a uno scrittore o un pittore può ricoprire un’importanza fondamentale. Il suo può anche essere un ruolo politico, può scatenare una rottura con schemi della società, può dar vita a ribellioni, a passaggi epocali nella storia dell’uomo. Quello che sento di poter dare io, nel mio piccolo, è la sincerità offerta dalle parole di questo album, una sorta di confessione personale che parla di paure e di ansie, sentimenti comuni a tutti, e lo faccio senza filtri e senza vergogna. Spero che il disco possa essere liberatorio anche per l’ascoltatore come lo è stato per me e, mi auguro, che possa servire a far sfogare qualcuno. Sarebbe bello se anche solo per una persona possa rappresentare un aiuto in un momento di difficoltà e che lo faccia ballare, cantare e prender bene. Penso che il risultato più alto per un artista sia l’identificazione del fruitore nell’artefice dell’opera e del contenuto proposto.

Davide

Ci sono stati dei dischi nell’ultimo anno che vi hanno significativamente colpito? C’è un disco – o più di un disco – invece che avete in qualche modo preso a modello; e un artista – o più d’uno – di cui avete seguito l’esempio, personalizzandolo?

ITDJ

Non è dell’ultimo anno ma personalmente mi ha ispirato tanto “RTJ4” dei Run The Jewels. Mi ha fatto entrare in questa ottica Hip-Hop che poi ho riversato nelle parti vocali. Adoro il loro stile compositivo e il messaggio che mandano, in più hanno una potenza incredibile. Per alcune linee vocali ho anche provato a lasciarmi ispirare dai .clipping e dai Death Grips, dietro consiglio di Riccardo. Altre influenze che sicuramente hanno contribuito al risultato finale del mio “modo” di cantare sono Mike Patton in primis, poi Mark Lanegan, Layne Staley e M.J. Keenan. Probabilmente per le basi musicali un’altra influenza che ti posso nominare è Little Simz in particolar modo con il suo ultimo disco “Sometimes I Might Be Introvert”.

Davide

Cosa seguirà?

ITDJ

Mi auguro un’intensa attività live per promuovere il disco e farlo ascoltare alle persone nella forma più diretta, sincera e intensa che c’è. Suonare su un palco di fronte alle persone taglia quella barriera fisiologica tra ascoltatore e artista che c’è quando si ascolta un disco. Dal vivo si possono trasmettere tutta una serie di emozioni che vengono comunicate direttamente e traspaiono senza ostacoli permettendo all’ascoltatore di identificarsi e riconoscersi risultando in un coinvolgimento totale. Il contesto live è quello che più mi fa sentire vivo e che mi ripaga per lo sforzo fisico e mentale speso nella scrittura del disco.

Davide

Grazie e à suivre…

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