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Guerra in Ucraina: colpo di grazia al diritto internazionale

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«Nei ragionamenti umani, si tiene conto del diritto quando la necessità incombe con pari forze su ambo le parti; in caso diverso, i più forti fanno come vogliono e i più deboli come devono»

(Tucidide, La guerra del Peloponneso)

La recente aggressione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo ha da più parti sollevato interrogativi circa il dovere/potere della comunità internazionale di intervenire in suo aiuto.

In molti hanno invocato la dottrina della responsabilità di proteggere, altri hanno richiamato confuse nozioni relative all’intervento umanitario, qualcuno si è perfino avventurato sul tortuoso cammino della difesa dei principi di democrazia e stato di diritto che ci accomunano  all’Ucraina distinguendoci invece dalla Russia putiniana.

Ma al di là di condanne e sanzioni economiche, il diritto internazionale si è dimostrato per l’ennesima volta completamente incapace di rispondere alla situazione.

Cosa significa questo? Che il mondo è cambiato e, come sto dicendo da anni, dobbiamo prenderne atto e dotarci di un nuovo sistema di governance globale.

Le violazioni della Russia

Primo aspetto da chiarire è il fatto che ciò a cui stiamo assistendo è un vero e proprio conflitto armato internazionale innescato dall’aggressione della Russia all’Ucraina in palese violazione dell’art. 2.4 della Carta delle Nazioni Unite che vieta la minaccia e il ricorso all’uso della forza tra gli Stati membri.

Consapevole di ciò, lo stesso presidente Putin ha cercato in più occasioni di offrire una legittimazione giusinternazionalistica alle operazioni militari richiamando sia il proprio diritto di difesa preventiva da una potenziale minaccia derivante dall’adesione dell’Ucraina alla Nato che la possibilità di intervento umanitario e responsabilità di protezione nei confronti delle popolazioni russofone delle autoproclamate Repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk oggetto di genocidio da parte delle autorità di Kiev.

Al di là della infondatezza di simili argomentazioni, salta immediatamente alla vista che quanto sta avvenendo è il naturale procedere di un cammino intrapreso da anni dal Cremlino nel tentativo di ricostruire il sistema di influenza sovietico da contrapporre a quello occidentale.

Cammino iniziato subito dopo la disgregazione dell’URSS e potenziato nei lunghi anni di permanenza di Putin al potere.

Ma oltre al divieto dell’uso della forza, entrando in territorio ucraino con le proprie truppe, la Russia ha violato pure i principi di integrità territoriale (sempre ex art. 2.4 Carta dell’Onu) e di autodeterminazione dei popoli (ex art. 1.2 Carta dell’Onu), senza alcuna possibilità di giustificazione.

Ad essere stati violati sono anche numerosi strumenti convenzionali bilaterali[1] siglati a partire dal 1991 che impegnavano al reciproco rispetto di confini, sovranità e autodeterminazione in cambio della consegna degli ordigni nucleari da Kiev a Mosca.

Ma le azioni più nefaste si sono realizzate con la condotta tenuta dalle forze armate russe durante le operazioni militari in corso che, ho già detto, si iscrivono in tutto e per tutto nella fattispecie di un conflitto internazionale soggetto al sistema normativo di Ginevra[2] e all’istanza giurisdizionale della Corte Penale Internazionale[3].

Sia la Russia che l’Ucraina sono tenute all’osservanza del diritto internazionale umanitario ginevrino che regola la condotta dei belligeranti nel corso del conflitto, e in riferimento a questo corpus iuris si possono già rilevare ulteriori violazioni dovute ai bombardamenti indiscriminati dei russi su obiettivi civili quali ospedali, chiese, scuole e mercati che non rispondono a nessuna finalità strategica.

Le parti in conflitto, però, non aderiscono al Trattato istitutivo della Corte Penale Internazionale, anche se l’Ucraina ne ha accettato la giurisdizione per un limitato periodo di tempo ed è in atto il tentativo di deferire la Russia e il suo presidente davanti ai giudici dell’Aja, tentativo vano visto che Mosca non ne riconosce la competenza.

Altro strumento che non può trovare applicazione perché non ratificato dai contendenti è la Convenzione internazionale sulle bombe a grappolo[4], arma subdola e letale che tanti danni produce, in particolare nelle popolazioni civili, e che la Russia sta impiegando nei bombardamenti sulla città ucraine.

D’altra parte, i russi non hanno lesinato accuse nei confronti delle autorità ucraine, colpevoli di aver fatto sfilare i prigionieri di guerra in maniera offensiva della propria dignità e di istigare i civili a prendere le armi trasformandosi in questo modo in combattenti.

Certo è che tutte le accuse dovranno essere provate, così come quella di genocidio, mossa in momenti diversi dai due presidenti all’indirizzo dell’altro.

Gli equilibrismi della comunità internazionale

Se questo è il quadro giuridico sul campo, non altrettanto limpide appaiono le posizioni adottate dalle cancellerie dei vari paesi del mondo.

Certo è che, allo stallo del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dovuto al diritto di veto della Russia, l’Assemblea Generale ha risposto a gran voce approvando con 141 voti su 193 membri la risoluzione che condanna l’aggressione all’Ucraina: dunque, solo 5 voti contrari (Bielorussia, Eritrea, Repubblica Democratica di Korea, Siria e ovviamente Russia), 34 sono stati gli astenuti[5] e 13 i paesi che non hanno votato[6].

Ma poi la condotta quotidiana ha mille sfaccettature diverse e quindi vediamo da una parte l’Unione Europea che adotta imponenti pacchetti di sanzioni economiche per colpire gli interessi di aziende e uomini d’affari russi nei 27 Stati membri e dall’altra la Cina che intensifica l’acquisto di gas naturale e grano da Mosca.

Contestualmente, i paesi Nato offrono armi all’Ucraina pur sostenendo la necessità di continuare le trattative per uscire dal conflitto il prima possibile.

La situazione non è di facile soluzione: quando nel 1990 l’Iraq di Saddam Hussein ha invaso il Kuwait, Washington ha subito lanciato la sua operazione di polizia internazionale, largamente condivisa, per riportare l’ordine in Medio Oriente e nel mondo; alcuni anni dopo, per sostenere il Kossovo, le potenze occidentali non si sono nemmeno sporcate le mani per scendere in campo, ma hanno condotto operazioni di bombardamento dal mare e dal cielo, in forza di una vaga responsabilità di proteggere; in Libia, poi, solo per citare un altro esempio recente, la soluzione finale l’ha trovata il popolo libico, almeno ufficialmente, uccidendo il proprio presidente, gettando il paese nel caos ma continuando a garantire le forniture di petrolio all’Europa.

Per carità, non è mio desiderio alimentare sterili polemiche, anche se devo riconoscere che bombardare Bagdad o Vukovar comporta un impegno irrisorio per la macchina militare dello Zio Sam, anche se poi si rischia di dover fuggire dalla Somalia con la coda tra le gambe o di restare impantanati in Afganistan per vent’anni dovendo riconsegnare alla fine il paese ai propri nemici/amici, i talebani.

Nella situazione attuale, le parti in causa sono diverse: con la Russia non è possibile giocare in maniera pesante e, dunque, con l’Ucraina bisogna andare leggeri.

Due sono gli elementi da tenere in considerazione: la disponibilità di armamenti nucleari delle fazioni in campo e gli schieramenti in termini di popolazione mondiale.

Per il primo fattore, dobbiamo riconoscere l’importante ruolo che le testate russe svolgono nello scoraggiare una qualsiasi mossa decisiva in difesa dell’Ucraina che pur si riconosce parte debole e aggredita.

Quindi, tanta solidarietà ma non rischiamoci la pelle!

Per il secondo fattore, invece, un po’ di matematica ci può aiutare a capire gli equilibri (o gli squilibri) mondiali: i 52 paesi che non hanno votato la risoluzione di condanna della Russia rappresentano insieme circa la metà della popolazione mondiale e oltre un terzo degli scambi commerciali globali.

Pensiamoci!

Il mondo è cambiato, prendiamone atto!

Se vogliamo trarre un insegnamento dalla crisi che stiamo vivendo, questo è che il mondo è definitivamente cambiato e che, dunque, dobbiamo tutti prenderne atto per elaborare modelli e strumenti nuovi che possano aiutarci a governarlo al meglio.

In primis, e più urgente, bisogna elaborare al più presto un nuovo sistema di governo della comunità internazionale che superi una volta per tutte l’impianto onusiano uscito dalla II guerra mondiale, non più efficace perché non più rappresentativo.

Da molti anni, giuristi internazionalisti[7] e scienziati politici propongono progetti di riforma più o meno integrali per addivenire ad un diverso ordine globale possibile e sostenibile: forse, questa è l’occasione per fare il cambio che ci consenta di affrontare le ulteriori e definitive sfide.

  1. Il Trattato di Minsk (1991), che garantiva agli Stati ex-sovietici il rispetto dei propri confini, rinunciando la Russia a denunciarli; i Memorandum di Budapest (1994), che hanno concesso garanzie di integrità territoriale e sicurezza a Bielorussia, Kazakistan e Ucraina; il Trattato di amicizia russo-ucraino (1997), che ha confermato i confini dichiarando la loro inviolabilità e vietando l’invasione reciproca e la dichiarazione di guerra.
  2. Cfr. il sito istituzionale del C.I.C.R., Comitato Internazionale della Croce Rossa, dove si possono reperire i testi delle Convenzioni, https://www.icrc.org/it.
  3. Cfr. il sito istituzionale della Corte Penale Internazionale, https://www.icc-cpi.int.
  4. Cfr. il sito dedicato, https://www.clusterconvention.org.
  5. Algeria, Angola, Armenia, Bangladesh, Bolivia, Burundi, Cina, Congo, Cuba, El Salvador, India, Iran, Iraq, Kazakistan, Kyrgyzstan, Laos, Madagascar, Mali, Mongolia, Mozambico, Namibia, Nicaragua, Pakistan, Repubblica Centrafricana, Senegal, Sri Lanka, Sud Africa, Sud Sudan, Sudan, Tagikistan, Tanzania, Uganda, Vietnam, Zimbabwe.
  6. Azerbaijan, Burkina Faso, Camerun, Eswatini, Etiopia, Guinea, Guinea Bissau, Guinea Equatoriale, Marocco, Togo, Turkmenistan, Uzbekistan, Venezuela (membro temporaneamente sospeso).
  7. Ad esempio, per i miei personali contributi sulle necessarie riforme, cfr. Caocci D., Ancora sulla necessaria riforma del Diritto Internazionale Pubblico: soggetti, atti e fatti, governance, in KultUnderground n.314, 2021, https://kultunderground.org/art/39921/; Le 6 sfide del Diritto Internazionale Pubblico per un nuovo mondo possibile, in KultUnderground n.304, 2020, https://kultunderground.org/art/39102/; 5 G per un nuovo modello di Diritto Internazionale Pubblico, in KultUnderground n.300, 2020, https://kultunderground.org/art/38851/.

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