La Rosta – Hotel Colonial
il nuovo album del gruppo di Massimo Ghiacci (Modena City Ramblers), Marco Ambrosi (Nuju) e Andrea Rovacchi (Julie’s Haircut)
In CD e digitale New Model Label – distribuzione Audioglobe
Odore Di Miscela – il video: https://youtu.be/Hosg_i0CAQA
A distanza di sei anni dal loro cd di esordio “Roba Lieve”, i La Rosta tornano con un nuovo disco: “Hotel Colonial”. Anticipato nell’autunno 2021 dal singolo “Con la poesia”, che ha lanciato la campagna di crowdfunding conclusa con successo, il lavoro vede la canzone d’autore italiana contaminarsi con sonorità internazionali, chitarre elettriche ed acustiche, percussioni minimali e suoni analogici. Nelle sue undici tracce registrate e prodotte tra il 2019 e il 2021, mondi musicali apparentemente lontani si incontrano cesellando un orizzonte sonoro quasi cinematografico su cui si appoggiano liriche che parlano di evoluzione personale, di identità e di come sarà la parte più fragile e preziosa dell’animo umano a salvarci e a guidarci nel faticoso cammino verso la nostra Stanza del Cuore. Tutti i testi idealmente riconducono alle diverse camere di un metaforico hotel che accoglie e offre sosta all’eterno umano ‘errare’, da leggersi nella sua duplice accezione, vagare senza una meta certa e commettere errori. I ricordi e le esperienze vissute si mischiano quindi a storie e suggestioni provenienti da romanzi consumati e metabolizzati nell’anima in questi ultimi anni: Jodorowski, Izzo, Auster, Borges tra gli autori.
Nove canzoni sono cantate da Massimo Ice Ghiacci, noto per essere da sempre bassista e autore nei Modena City Ramblers, una (“Ramingo”) vede come voce solista Marco Goran Ambrosi, anima e chitarra dei calabresi Nuju e la restante (“La Stanza Chiusa”) è un pezzo strumentale.
Oggi i La Rosta sono un terzetto, ai due componenti storici Marco e Massimo, che nel disco si dividono tutti gli strumenti a corda utilizzati, si è unito Andrea Rovacchi (Julie’s Haircut), che ha suonato le tastiere analogiche, i pianoforti e le batterie, curato le registrazioni e la produzione artistica del disco.
Il nome del gruppo è un tributo all’omonimo quartiere popolare di Reggio Emilia.
L’uscita fisica e in tutte le piattaforme streaming di “Hotel Colonial” è accompagnata su YouTube dalla pubblicazione del videoclip di “Odore di miscela”, una cavalcata country punk per chitarre acustiche, armonica e suoni elettroanalogici che nelle sue sonorità combina una ritmica anni ’80 alla Sigue Sigue Sputnik con l’irruenza espressiva tipica dei Violent Femmes. Il clip è stato realizzato da Lorenzo Menini, regista e fumettista bolognese, e vede i La Rosta scorrazzare con le loro biciclette sgangherate lungo l’argine del torrente Crostolo, alle porte di Reggio Emilia, inseguendo una ritrovata libertà post-pandemica persa tra i ricordi dell’adolescenza e la voglia di pedalare lontano con la fantasia.
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Intervista
Davide
Ciao. Il vostro debutto, “Roba lieve”, è datato 2015. Cosa riprende o continua “Hotel Colonial”, cosa cambia ed evolve?
La Rosta
“Roba lieve” era un album nato dall’urgenza di scrivere delle canzoni insieme dopo l’esperienza dello spettacolo The Road, in cui interpretavamo cover famose della storia del Rock intervallate da racconti e letture. Dopo quell’esperienza ci siamo chiusi nello studio-soffitta di Massimo e abbiamo registrato l’intero album, con il supporto di drum-machine anni ’80. Successivamente siamo andati in studio a mixare il lavoro. Questa volta siamo partiti da brani suonati in acustico, con un piglio più anni ’70, la scuola dei cantautori alla primo Edoardo Bennato. Ci siamo chiusi subito in studio con Andrea e da lì è nato tutto. Pertanto “Hotel Colonial” riprende lo spirito di “Roba Lieve” e lo traghetta nel 2022 evolvendo in un suono più acustico.
Davide
I testi si succedono come “in una narrazione d’albergo, camera per camera, dell’umano errare alla ricerca della propria Stanza del Cuore, ritrovandosi spesso ospiti in territori lontani che abitiamo fugacemente e deprediamo voracemente in cambio di una parvenza di identità”. Cosa cercavate nella vostra Stanza del Cuore ideale attraverso queste canzoni? Cosa vi avete trovato?
La Rosta
Abbiamo cercato un attimo di tranquillità da donare a coloro che ci ascoltano per pensare a se stessi ed entrare nella propria stanza del cuore, alla ricerca di un’evoluzione personale, che attraverso la parte più fragile e preziosa dell’animo umano potrà salvarci e guidarci nel faticoso cammino quotidiano dell’esistenza. Noi quella tranquillità sonora l’abbiamo trovata, adesso speriamo che la trovino anche gli ascoltatori.
Davide
Perché però proprio un hotel di nome “Colonial”?
La Rosta
Il titolo nasce da un film con Massimo Troisi di Cinzia T.H. Torrini ed è più che altro una suggestione. Ovviamente non c’entra niente con il colonialismo, ma serve a far intendere come cerchiamo di far incontrare mondi musicali apparentemente lontani, cesellando un orizzonte sonoro quasi cinematografico su cui si appoggiano liriche che parlano di evoluzione personale, di identità e di come sarà la parte più fragile e preziosa dell’animo umano a salvarci e a guidarci nel faticoso cammino verso la nostra Stanza del Cuore. Tutti i testi idealmente riconducono a un luogo che accoglie e offre sosta all’eterno umano ‘errare’, da leggersi nella sua duplice accezione, vagare senza una meta certa e commettere errori. I ricordi e le esperienze vissute si mischiano quindi a storie e suggestioni provenienti da quei romanzi che in questi ultimi anni abbiamo letto e apprezzato: Jodorowski, Izzo, Auster, Borges.
Davide
La Rosta, con l’arrivo di Andrea Rovacchi, ora è un terzetto. Com’è avvenuto l’incontro? Vi sono anche degli ospiti?
La Rosta
L’incontro con Andrea è avvenuto durante il mixaggio di Roba Lieve, ma ci conoscevamo da molto tempo prima. Nel disco c’è un unico ospite, Lorenzo Iori, violinista straordinario che ha lavorato anche alla registrazione del disco.
Davide
Ciascuno di voi viene da altre formazioni, da altri progetti. Cosa c’è di “distillato” ne “La Rosta” dei Modena City Ramblers, di Nuju e dei Julie’s Haircut? Cosa invece non c’è nei tre gruppi appena citati che invece c’è ne “La Rosta”.
La Rosta
Come in tutti i progetti, se cambiano le persone che ne fanno parte, cambiano anche le intenzioni. Dei nostri tre progetti principali, nei La Rosta, ci siamo noi, che suoniamo qualcosa di diverso rispetto alle altre band e che non avremmo potuto suonare se non nei La Rosta. Lo stesso vale al contrario. In più c’è un immaginario sonoro di partenza che non c’entra niente con le altre nostre band.
Davide
I brani sono firmati da tutti e tre. Come sono nate queste canzoni a tre? Che tipo di scrittura collaborativa di musica e testi avete adottato, oppure ciascuno ha avuto un ruolo preciso?
La Rosta
Le canzoni sono nate principalmente da una scrittura in acustico fatta da Massimo e Marco, poi sono state portate in sala e lì hanno subito un nuovo processo di composizione e arrangiamento con Andrea. I testi nascono da discorsi, letture, racconti. Ci piace pensare che il nostro processo creativo sia un incontro tra il Bennato di Burattino senza fili, che va a cena con Nick Cave e al tavolo di fianco incontrano Wes Anderson e Jodorowsky che discutono di Borges.
Davide
Tra registrazione, mixaggio e masterizzazione, tre anni sono molti e possono succedere e cambiare molte cose. Vi è capitato di tornare indietro a rivedere il lavoro già fatto e modificarne qualcosa in particolare?
La Rosta
Questi tre anni di lavorazione sono stati forzati dalla pandemia. Il disco lo abbiamo iniziato a registrare pochi mesi prima che arrivasse il Covid. Poi siamo rimasti fermi per un lungo lasso di tempo, in cui Andrea ha lavorato da solo sui mix. Successivamente ci siamo incontrati e abbiamo terminato il lavoro. Non siamo tornati indietro su nulla, ma sicuramente siamo andati avanti su diverse cose che in principio erano diverse.
Davide
Quali ultime uscite discografiche vi sono particolarmente piaciute? C’è stato cioè qualche disco recente intorno alla cui validità vi siete ritrovati a discutere?
La Rosta
Durante le registrazioni abbiamo fatto riferimento soprattutto a un suono anni ’70. Spesso abbiamo parlato di dischi importanti e ci siamo scambiati ascolti anche contemporanei, dai The War on drugs agli Other Lives, per citarne alcuni.
Davide
Nella copertina di Lorenzo Menini, l’Hotel Colonial è racchiuso in una bolla di vetro, ma senza neve all’apparenza. E in questo ultimo orrendo biennio siamo stati tutti rinchiusi nelle nostre “bolle”. C’è qualche attinenza? Perché la scelta di questo oggetto solitamente legato, oltre che al Natale, a un mondo fantastico miniaturizzato al suo interno?
La Rosta
Il paragone tra la bolla e le chiusure degli ultimi due anni non c’è. Per noi siamo chiusi in una bolla da molto prima della pandemia e la stessa copertina risale al 2019 quando abbiamo iniziato a registrare il disco. Per quanto riguarda l’aspetto fantastico è un messaggio. Le bolle che miniaturizzano oggetti all’interno rappresentano uno sguardo della realtà affrontato con stupore e meraviglia, quello che ci auguriamo possa accadere a tutti, perché la gioia di stupirsi e immaginare luoghi fantastici tipica dei bambini non ci deve abbandonare da adulti.
Davide
È stato scritto di tutto sugli effetti della musica: dà piacere, suscita emozioni, accresce il benessere, stimola ricordi, facilita e rafforza i legami sociali, stimola la consapevolezza interiore e avanti. Cosa può e deve fare la musica ora, dal vostro punto di vista, perché riparta la musica stessa? Cosa chiuderci alle spalle, come riaprirci al futuro?
La Rosta
La musica è alla base di ogni società, fin da prima che diventasse cultura. Oggi, forse, spesso relegata a sottofondo, quindi gli ascolti si sono fatti più superficiali. La musica, per noi, deve farsi portavoce di messaggi, non solo scomodi o di protesta, anche di gioia. La musica deve comunicare e la comunicazione è un atto sociale che si può e, soprattutto oggi, si deve fare insieme, in compagnia di amici o anche sconosciuti, non è importante. È poco attuale immaginare un mondo in cui la musica crei legami non solo mentali ma anche fisici, ma noi ci speriamo, proprio come dici tu, per riaprirci al futuro e non chiuderci dentro le nostre interiorità. Il nostro disco apre le stanze del cuore e la musica per noi è apertura, confronto, incontro con l’altro.
Davide
Cosa seguirà?
La Rosta
Seguiranno concerti e nuove canzoni, perché i La Rosta sono un progetto vivo, lento forse, visto quanto ci abbiamo messo a fare il secondo album, ma vivo e vegeto.
Davide
Grazie e à suivre…