KULT Underground

una della più "antiche" e-zine italiane – attiva dal 1994

Intervista con Talèa

9 min read

“Tales” è il primo EP d’esordio della giovane cantautrice marchigiana Talèa (alias Cecilia Quaranta) anticipato dal singolo “Song in the dark” e disponibile in versione CD e in tutti gli store digitali e piattaforme streaming per Vrec/Audioglobe.

“La talea è un rametto destinato a radicarsi, è una porzione di pianta capace di emettere radici e di rigenerarsi dando vita a un nuovo individuo”. Così Talèa racconta la scelta del suo nome d’arte dopo decine e decine di concerti come Cecilia Quaranta. La necessità di un nuovo nome a ricercare il nocciolo della sua intenzione artistica: proporre qualcosa che sia nuovo, unico e originale ma rispettosamente fedele al patrimonio lasciatoci dai grandi della musica nazionale e internazionale.

Nasce così l’EP “Tales”, cinque brani in lingua inglese scritti durante il suo soggiorno in Scozia e Irlanda dove Cecilia ha trascorso diversi mesi suonando per le strade e nei pub. Arrangiati dopo il lockdown a Nogaredo (TN) da Marco Olivotto (Giulio Casale). Talèa dimostra una maturità artistica inaspettata per la sua età con cui affronta tematiche di vita (“Nathan”, “Burden”), una leggerezza che ti conquista (“Riding Home”) tra folk e musica d’autore fino a sperimentazioni nel rock più particolare (“Dancing Mind”).

Talèa (nome d’arte di Cecilia Quaranta) nasce a Sesto San Giovanni (MI) nel 1998 ma si trasferisce a Jesi durante l’infanzia. Appassionata di chitarra inizia a girare diversi locali con i classici del rock e folk d’autore, con muse ispiratrici come Joan Baez Joni Mitchell e consumando i dischi di Bob Dylan, Fabrizio De André, Lucio Battisti e molti altri. La svolta arriva quando decide di iniziare a viaggiare in Irlanda e in Scozia dove perfeziona l’inglese che utilizza anche nei testi delle sue canzoni mentre si esibisce in vari pub e come artista di strada. Ispirata dai magnifici paesaggi scozzesi, scrive molti dei brani che faranno parte del suo primo EP a cui lavora durante la pandemia rientrando a Jesi. Nel settembre 2020 vince una borsa di studio presso il CET del Maestro Mogol. Alla fine dei concerti estivi, firma il suo primo contratto discografico con l’etichetta Vrec Music Label, che nel 2021 pubblicherà il suo primo EP di inediti sotto la produzione artistica di Marco Olivotto.

Tracklist: Song in the Dark / Burden / Riding Home / Nathan / Dancing Mind

Produced and arranged by MARCO OLIVOTTO & TALÈA

TALÈA: Lyrics | Music | Vocals | Acoustic Guitar. MARCO OLIVOTTO: Bass | Guitars | Keyboards | Programming. LUCA MARTELLI: Drums (+). Photos by FRANCESCA TILIO. Artwork by TALÈA & CRISTIANA QUARANTA.

Intervista

Davide

Ciao Cecilia. Quando e come ti sei avvicinata alla scrittura musicale, attraverso quali stimoli e influenze e perché la scelta di esprimerti e comunicare attraverso la musica e la canzone?

Cecilia

Ciao Davide! Non credo di essermi avvicinata alla musica a un certo punto specifico della vita. Mia mamma racconta che a tre anni mi divertivo a cantare “Come as you are” con la scopa in mano. Sono l’ultima di tre figli nato uno ogni sette anni quindi mia sorella ha quattordici anni più di me, e lei ha sempre ascoltato tanta musica, così come mio padre. Il loro contributo, quello della mia famiglia tutta, è stato sicuramente fondamentale sotto questo aspetto. Non ho scelto la musica, è il mio mezzo espressivo più spontaneo.

Davide

Cosa raccontano questi tuoi primi cinque racconti, “Tales” appunto, e perché l’hai fatto scegliendo l’inglese?

Cecilia

Questi cinque brani raccontano cinque storie, alcune sono storie di persone, altre sono storie di un sentire. Burden è l’analisi disperata di una ferita, è una serie di domande e di supposizioni in seguito alla decisione più estrema e irrimediabile di Giuliano; Nathan è la storia di un’amicizia pura e profonda, di un’amicizia che è nata e che si alimenta solo attraverso il linguaggio del corpo, senza il bisogno di parlare, è la storia di Natan, il mio amico affetto da autismo. Song in the dark e Riding home raccontano la Scozia, il buio, gli immensi campi e la nebbia che li avvolge, raccontano una me lontana da casa e indaffarata a trovare appigli per restare a galla. Dancing Mind sono io intrecciata nell’introspezione ed è chiunque voglia immedesimarsi in uno stato contorto e senza limiti. Ho scelto l’inglese perché è una lingua che mi affascina, perché la maggior parte di questi brani è stato scritto tra Scozia e Irlanda e perché solitamente, l’inglese è per me l’idioma della scrittura.

Davide

Hai un legame particolare con la Scozia, l’Irlanda e Albione tutta?

Cecilia

Assolutamente sì! L’Irlanda è stata meta del mio primo viaggio nel 2016. Un viaggio bellissimo durante il quale, a 18 anni, ho capito che esistevano posti in cui il suonare per strada era considerato un’arte, e mi sono sentita capita. Fare busking è stato sempre un sogno nel cassetto, ma non mi è mai piaciuta la concezione che si ha degli artisti di strada qui in Italia. Durante quel viaggio ho cantato con loro, lì non provavo imbarazzo o timidezza. Ricordo addirittura di essermi alzata in piedi all’improvviso un giorno dentro un treno a Dublino e di aver intonato “Dirty old town”, e ricordo questo grande applauso sorprendentemente noncurante del mio accento straniero. Quel sentirsi a casa mi ha portata a scegliere l’Irlanda come meta del mio primo viaggio da sola nel 2019. Poi, nello stesso anno, ho incontrato la Scozia. E lì, tra una canzone e l’altra suonata sui marciapiedi, ho lasciato il cuore.

Davide

Oltre al contributo di Luca Martelli alla batteria, come è nata la collaborazione con il polistrumentista Marco Olivotto e come è stato lavorare con lui agli arrangiamenti di “Tales”, attraverso quali idee condivise man mano?

Cecilia

Ho conosciuto Marco grazie a VRec e quindi a David Bonato. Essendo stata, la nostra, una collaborazione nata ai tempi del covid, abbiamo iniziato a conoscerci per via telematica. Solo dopo qualche mese abbiamo avuto modo di incontrarci al MEI di Faenza e scambiare due chiacchiere. Marco un giorno mi disse che quel giorno ebbe di me un’impressione “solida”. Ho adorato quell’espressione. Io ebbi l’impressione di avere di fronte un pozzo di conoscenza, un grande professionista e una persona dall’animo gentile. In studio ha tirato fuori delle idee pazzesche, le sei linee di basso in Dancing Mind alle sette di mattina, il grande lavoro sulle voci in Riding Home, l’invito, appunto, a Luca Martelli. È stato bellissimo lavorare insieme. Senza Marco, Tales sarebbe un lavoro completamente diverso, devo ringraziarlo molto.

Davide

Leggo che hai conseguito una borsa di studio presso il CET di Mogol. Frequentare il CET ha aggiunto o cambiato qualcosa nel tuo approccio alla musica e ai testi? Più in generale, quali sono stati gli incontri e i momenti di maggior valore nel tuo percorso formativo?

Cecilia

Che bella, questa domanda! Tocchi un tema che mi sta molto a cuore in questo periodo. Sì, il CET mi ha regalato tanti spunti e ha dato uno scossone al mio modo di fare. Sono tornata piena di curiosità, con una gran voglia di scrivere nuovi brani e con lo sguardo fisso sull’italiano. Sto sperimentando un approccio diverso, più immediato e istintivo dal punto di vista dei testi. Non so dove mi porterà questa cosa, ma il percorso è interessante e mi arricchisce. Alla Tenuta dei Ciclamini ho incontrato professionisti straordinari e compagni speciali. Per citarne alcuni, i maestri Giuseppe Barbera, Massimo Satta, Giuseppe Anastasi, Massimo Bombino, le maestre Giada Amadei e Carla Quadraccia, il grande maestro Mogol. Il percorso formativo durante i corsi è stato tosto, ha distrutto certezze e scoppiato bolle d’ego, per questo è stato molto stimolante. Oltre a consigli d’oro, ho portato a casa da lì un tesoro grande: la voglia di sperimentare.

Davide

Benché non manchi la musica di qualità, quali obiettivi hai come cantautrice di lingua inglese in Italia di questi tempi, dopo che così a lungo cultura e spettacolo sono stati (e già un po’ lo erano anche da prima) considerati irrilevanti o qualcosa di secondario e trascurabile, sacrificabile? Stai puntando a un pubblico più internazionale?

Cecilia

Sono molto delusa dalla situazione che stiamo vivendo, sono delusa dalla superficialità con la quale vengono guardate certe categorie di lavoratori, sono delusa dalle bende che coprono gli occhi quando si tratta di trovare una soluzione a problematiche importanti che però riguardano ambiti “non essenziali”. Credo che il segreto sia non fermarsi e continuare a lavorare, magari a casa, continuare a produrre, a scrivere, a suonare, ad ascoltare, perché no, ascoltare e sostenere la musica emergente. L’obiettivo è quello di continuare ad arricchirmi di ogni spunto, ogni suggerimento, ogni diversità e di tornare a viaggiare il prima possibile. Avere un pubblico internazionale sarebbe bellissimo! Quello che mi interessa è conoscere chi mi ascolta e sapere cosa pensa, quali sono le sensazioni che prova e perché. Con un pubblico culturalmente diversificato sarebbe ancora più interessante. L’interculturalità è una perla preziosa.

Davide

Chi canta spaventa tutti i mali, scrisse Miguel De Cervantes. Cosa sono per te voce, canto? Cosa la parola cantata rispetto a quella scritta o parlata?

Cecilia

La voce è lo strumento più incredibile che ci sia! Risente dei fattori interni ed esterni, rispecchia ogni briciola del sentire di chi la usa. Il canto è liberare lo strumento e lasciarlo esprimere. A volte c’è bisogno di educarlo, a volte qualcuno lo educa tanto da limitarlo. Per me i testi sono sempre tanto importanti, da buona dylaniana. Durante un ascolto, la musica per me viene sempre dopo. La parola cantata contiene le altre due e ha tre armi potenti per colpirmi: il significato, la melodia e l’intenzione. Le altre due rimangono di un’importanza indiscutibile, ma vince la prima! Non c’è storia!

Davide

Come nasce una tua canzone: aspettando l’ispirazione fortuita, dovuta quindi a fattori singolari o privilegiati, o piuttosto coltivandola e sollecitandola con un lavoro più regolare e metodico?

Cecilia

Ti direi la prima, quindi in maniera inaspettata e quasi magica, ma in determinate occasioni è fondamentale uno studio e un lavoro regolare. Spesso inizio a scrivere, resto lì a lavorarci per ore, concludo il brano, alzo la testa e non ricordo assolutamente nulla del processo attraverso il quale si è sviluppato il pezzo. È come se il mio cervello traesse dall’intorno continua ispirazione e allo stesso tempo lo escludesse categoricamente.

Davide

La talea è dunque il frammento di una pianta che, tagliata e sistemata nella terra, rigenera le sue parti mancanti, dando così vita a un esemplare completo della stessa. Di quale pianta più ampia ti senti frammento di foglia, fusto o radice? In che modo la musica aiuta a rigenerarci, ricostituendo quelle parti di noi e del nostro spirito lese o perdute nella realtà più aspra?

Cecilia
Sicuramente la musica, come tutte le arti, è in grado di offrirci delle vie di fuga, dei suggerimenti per l’immaginazione. Non so se sia in grado di curare le ferite della realtà, ma può essere un alibi, può essere un modo per spostare l’attenzione su qualcosa di diverso dal dolore o magari il modo di immergersi in esso per esorcizzarlo. La musica è uno strumento che può essere suonato come più ci aggrada e perciò è una forma di libertà. Ecco, credo che forse sia proprio questa libertà ad attutire il bruciore dei tagli. Oggi mi sento parte di tante piante e di nessuna, mi sento circondata da alcune foglie che mi sono simili, ma non credo di aver ancora trovato il posto con il terriccio giusto. Dunque è ancora tempo di tentare e di cercare, per fortuna.

Davide

Cosa seguirà?

Cecilia

Come scrivevo poco fa, sto sperimentando e lavorando a dei nuovi brani in italiano, pur non abbandonando l’inglese. Seguirà musica, mi auguro, e sempre meno distanziamenti. Ci auguro avvicinamenti.

Davide

Grazie e à suivre…

Cecilia

Grazie Davide! È stato molto interessante rispondere a queste domande. Un abbraccio e a presto!
Cecilia

1 thought on “Intervista con Talèa

Commenta

Nel caso ti siano sfuggiti