Silvia e Marco si conoscono dal 2003, quando diretti da Butch Morris, hanno scoperto la complessità che risiede nella musica improvvisata. Numerosi concerti, incontri, viaggi fatti insieme e innumerevoli occasioni per lanciarsi senza rete e per immaginare mondi attraverso i loro suoni. EraorA è una sorpresa: finalmente il tempo per dedicare il giusto spazio, il giusto suono, la giusta cura a questi incontri. Ed è naturale riconoscere la profonda interazione, l’ironia che da sempre caratterizza i loro incontri, la diversità vissuta come un valore assoluto, uno stimolo necessario e insostituibile. EraorA è la fotografia di un angolo nascosto fatto dalle esperienze che questi musicisti hanno condiviso, che appaiono sempre necessarie e che fanno pensare, ogni volta:
“Era ora!!!”
Rilasciato il 3 gennaio 2022
Registrato l’11 luglio 2021 allo Shape Shoppe Paradiso, Monteriggioni (SI)
di Griffin Alan Rodriguez
Mixato e masterizzato da Griffin Alan Rodriguez
Musiche di Silvia Bolognesi & Marco Colonna
Copertina dell’album: Estratti dal dipinto di Patrick Rodriguez “Vacuum Times”
Progetto Grafico di Daniele Borri
Titoli
6 PM / 6 AM / Sono sempre le sei / Mezzo pomeriggio / Pomeriggio / Notte / Mattina presto / Ad una certa ora
Intervista
Davide
Ciao Marco, ciao Silvia. Vi conoscete ormai da molto tempo. Come è arrivato e cresciuto questo vostro lavoro discografico dopo tanti anni di numerosi concerti, incontri, viaggi fatti insieme?
Marco / Silvia
È arrivato anche troppo tardi forse, come da titolo.
Ed in modo naturale come è sempre stato questo duo. Si lascia che la musica prenda forma senza forzature. È arrivato in un momento in cui farlo aveva pienamente senso per la musica che stiamo suonando. Il duo è formazione difficile, ed è necessario avere identità completamente a fuoco per non farlo scivolare nel semplice incontro di individualità. Eravamo pronti ad affrontare la cosa con serenità, sicuri di quello che possiamo essere insieme.
Davide
Come sono nate queste composizioni? In che modo ne avete condiviso la scrittura o la improvvisazione, attraverso quali intese e “parole-chiave”, tanto esplicite o esplicitate quanto implicite?
Marco / Silvia
Le nostre sono composizione improvvisate, forse nell’album abbiamo seguito una partitura a metà fra la notazione grafica e quella convenzionale. Comunque noi in generale suoniamo senza dirci molto, semplicemente accettiamo e sviluppiamo il materiale che esce sul momento.
Davide
Che tipo di incontro sonoro avete ricercato tra le voci (timbri e possibilità) dei clarinetti e del contrabbasso? Quale dialogo e quale complementarità?
Marco / Silvia
Tutte quelle possibili, contrabbasso e clarinetti sono molto compatibili quindi già naturalmente è un ottimo equilibrio strumentale. Non ci poniamo limiti anche oltre le dinamiche strumentali naturali date sopratutto dai registri così lontani. Quindi entrambi credo che suoniamo i nostri strumenti senza farsi rinchiudere dal ruolo dello strumento stesso.
Davide
I titoli richiamano varie parti di una giornata, dalla mattina presto a notte, nonché ore precise come le sei antimeridiane e quelle postmeridiane. Perché?
Marco / Silvia
In realtà i titoli sono posteriori alla registrazione e legati alle durate delle tracce.
Non c’è programmazione, e spesso i titoli riguardano una visione del momento in cui la musica viene riascoltata. Ci sembrava fosse un periodo in cui il tempo fosse una questione primaria.
Il tempo per incontrarci, suonare, crescere, comunicare, vivere.
Probabilmente un modo per riappropriarci del tempo che la pandemia ci ha tolto.
Davide
Luciana Pestalozza ha scritto: «Un tempo nella definizione di musica contemporanea si comprendeva la tendenza alla ricerca e alla sperimentazione, poi si è cominciato a definire contemporanea qualsiasi forma d’espressione musicale che appartenesse al nostro tempo. Allora si è passati a definire questo tipo di ricerca come musica d’arte, ma adesso si tende a chiamare musica d’arte anche il rock, il jazz e la canzone d’autore. Nutro il massimo rispetto per questi generi musicali, per il talento e la professionalità degli autori di tante belle canzoni, quelle che restano nel cuore e accompagnano le nostre vite. Ma questo continuo slittamento del senso delle parole mi inquieta, nella musica e non solo». Anche le definizioni di musica d’avanguardia o di ricerca, aggiungo io, possono oggi essere applicate a svariati generi. Voi che definizione dareste oggi a certa musica un tempo definita contemporanea e poi “d’arte”, come la vostra, e perché? Oppure non è più importante, o lo è sempre di meno, trovare delle definizioni?
Marco / Silvia
Le definizioni sono molto rigide, non ci piacciono e non ci servono. Certo a volte quando chiedono che musica fate necessariamente è utile una definizione (o magari 15…).
Nella musica che facciamo e anche nella musica che ascoltiamo è veramente difficile farne uso.
Viviamo in tempi complessi, in cui stratificazioni e convivenze di generi e di storie sono la consuetudine. Per cui dare definizioni è un gioco anacronistico e conservatore che poco ci riguarda.
Davide
Ci sono stati dei riferimenti, anche subliminali, a qualche autore e musicista nel creare e suonare “EraorA”?
Marco / Silvia
Se ci sono stati probabilmente ce ne siamo accorti dopo, riascoltando.
Non abbiamo mai suonato in duo pensando al suono di una formazione simile, il tutto è più legato ad una narrazione emotiva, visiva quasi.
Davide
La parola “EraorA” così accorpata mi ha richiamato la parola “error”. Nel vostro improvvisare e nella vostra sperimentazione esiste anche una estetica dell’errore?
Marco / Silvia
Credo proprio di sì, l’errore è un imprevisto, genera una reazione che a mio avviso sta alla base della musica improvvisata, della composizione estemporanea.
Solitamente il materiale risultante dall’errore spesso genera molto interesse perché puro.
Rivendichiamo il diritto all’errore come condizione di poter “errare”: muoverci dentro e fuori gli spazi della memoria e crearne di nuova…
Davide
La copertina rievoca lo Shodō, l’arte calligrafica giapponese o via della scrittura, espressione dell’anima o dell’interiorità dell’esecutore, una forma d’arte orientale fortemente influenzata dalla pratica Zen dei monaci buddhisti. Ma è anche una scrittura asemica, una forma di scrittura semantica aperta senza parole, senza nessuno specifico contenuto semantico. Cosa rappresenta?
Marco / Silvia
La copertina è un quadro ad opera di Patrick Rodriguez, astrattista Chicagoano. Un piccolo quando che mi regalò anni fa. Era da molto tempo che desideravo usare alcune sue opere come copertina ma l’unica che permettesse di lavorarci in alta definizione era appunto l’originale che avevo a casa.
La dimensione però non si adeguava al formato del cd ed abbiamo quindi deciso di ritagliare l’originale.
Patrick ne era particolarmente contento dato che il quadro nel particolare usciva dai suoi soliti canoni d’estrazione visto che si può notare un volto, il ritaglio del volto si trova all’interno del cd.
Davide
Ho letto che vi siete conosciuti nel 2003, entrambi diretti da Butch Morris, l’ideatore di Conduction, un tipo di improvvisazione libera strutturata in cui dirigeva un ensemble con una serie di gesti (suppongo preordinati) delle mani e della bacchetta. Quali sono stati i momenti, i percorsi e gli incontri formativi per voi più importanti e senza i quali questo disco non sarebbe stato quello che invece è?
Marco / Silvia
Tutti! Quello con Butch sicuramente anche perché ci ha fatto incontrare. Ma ogni incontro fatto sul nostro cammino, compresi musicisti lontani come poetica, formazione, influenza e anzi probabilmente questi ultimi ancora più importanti nel loro ampliare le nostre capacità di immaginazione. Abbiamo tradizioni differenti noi due, ma metterle in relazione è una delle esperienze più “fertili” della nostra vita musicale.
Davide
“EraorA”… che arrivasse questo vostro disco o anche qualcos’altro? Oppure: “sarebbe” invece “ora” per voi succedesse qualcosa nel mondo in particolare, specialmente in questo momento storico non facile?
Marco / Silvia
Era ora per questo disco, ma sarebbe anche ora di prendere in mano la situazione. Siamo nel centro di un’epoca tormentata, dilaniata da conflitti, crisi ecologiche, devastata dal privilegio di pochi e facile a dimenticare. Semplicemente è ora di esserci, semplicemente, umanamente e soprattutto onestamente.
Davide
Cosa seguirà?
Marco / Silvia
Speriamo tanti concerti, che la dimensione “live” comunque rimane la nostra condizione preferita, sempre. In presenza, fra il pubblico, giocando con le persone, con lo spazio. E magari incontrare anche altri musicisti e condividere il gioco anche con loro…
Davide
Grazie e à suivre…
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