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Sei giorni di preavviso – Giorgio Scerbanenco

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Edizioni La nave di Teseo
Narrativa
Pagg. 256
ISBN 9788834604021 
Prezzo Euro 17,00

Primo contatto con Giorgio Scerbanenco

Mi sono finalmente deciso a conoscere la scrittura di Giorgio Scerbanenco e per farlo ho pensato di procedere per gradi, iniziando dal suo primo romanzo giallo, Sei giorni di preavviso, che ha dato alla luce nel 1940. In quell’occasione compare per la prima volta un curioso investigatore, Arthur Jelling, un archivista della polizia con un’autentica passione per quegli aspetti secondari dei delitti, i cosiddetti dettagli, che appaiono stridenti, in poche parole che non tornano secondo logica. 

La vicenda si svolge all’estero, a Boston negli Stati Uniti, e non potrebbe essere altrimenti, perché nel regime fascista c’è un’avversione per la letteratura poliziesca che viene tollerata solo per trame in cui i reati siano commessi preferibilmente da stranieri, perché, come noto, erano taciuti i fatti di cronaca nera al fine  di  dimostrare che con il regime tutto era in ordine, tanto da poter dormire con la porta aperta.

In un crescendo ossessivo, simile al Bolero di Ravel, all’attore fallito Philip Vaton arrivano biglietti giornalieri in cui lo si preavvisa della sua prossima morte, fissata per il 12 novembre di mattina. E’ inutile che vada oltre perché rischio non poco, e cioè di togliere l’indispensabile suspense, elemento imprescindibile e qualificante di qualsiasi romanzo giallo. E’ invece opportuno rilevare l’eccellente stile dell’autore, capace di dare al personaggio di Jelling una statura qualitativa di assoluta eccellenza, in contrasto con il carattere sottomesso dello stesso. Si tratta di un uomo che arriva alla soluzione per deduzione, in possesso di una logica ferrea e incontrovertibile, capace di rivoltare l’animo come un guanto, ma non privo di umanità e quindi dotato di una naturale simpatia, quel che si potrebbe definire, senza voler fare paragoni, ma al solo scopo di descriverlo meglio, una via di mezzo fra l’Hercule Poirot di Agatha Christie e il Jules Maigret di Georges Simenon. E’ un investigatore che insegue la perfezione senza essere perfetto, che si pone teorie di cui cerca le prove e che è anche capace di ricredersi, insomma un uomo, non un superuomo, e per questo apprezzato, oltre che dai superiori, anche dai lettori. 

E’ superfluo dire che arriverà alla soluzione del caso, per niente campata in aria, e ciò dopo una lettura avvincente, che è poi il segreto del successo di ogni libro.

Il mio primo contatto con Giorgio Scerbanenco è stato quindi positivo e sono più che certo che leggerò altri suoi romanzi. 

Giorgio Scerbanenco,  scrittore italiano di origine russa. Di madre italiana e padre ucraino, a sedici anni si stabilì a Milano. Fu collaboratore, redattore e direttore di periodici femminili ad alta tiratura, per i quali scrisse racconti e romanzi «rosa», per lo più ambientati nell’America degli anni Quaranta. Più tardi approdò al genere poliziesco e fu il successo, prima con Venere privata (1966), poi con Traditori di tutti (1966). Altrettanto fortunate le opere successive, da I ragazzi del massacro (1968) a I milanesi ammazzano al sabato (1969), ai racconti postumi di Milano calibro 9 (1969) e Il centodelitti (1970). Protagonista di quasi tutta la serie è Duca Lamberti, accorto investigatore della Milano «nera». Prodigioso narratore di storie e maestro nel catturare l’attenzione del lettore, Scerbanenco fu uno dei primi, in Italia, a confrontarsi con i gusti di un pubblico di massa. La sua scrittura, insieme ingenua e ricercata, antiletteraria, piena di sprezzature, veloce, è singolarmente efficace. Nel 2018 esce Luna di miele per La Nave di Teseo. 

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