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Intervista con Chris Yan

17 min read

Paesaggi cinematografici, musica ambient, elettronica e texture sonore per l’ottavo album del sound artist, compositore e field recordist romagnolo. Ispirato a “Le metropoli e la vita dello spirito” di Georg Simmel un concept sulla solitudine, la fretta, l’indifferenza e il riscatto personale.
Blasè: il nuovo disco di Chris Yan

Blasè
9 tracce | 79.40

“Gran parte di queste registrazioni sono state effettuate a Napoli tra il 2018 e il 2019, il periodo più fermo, statico e disinteressato che io abbia mai vissuto, sia artisticamente che umanamente. Riascoltando e selezionando questo materiale mi sono immediatamente immerso nel mood (o Stimmung in questo caso) di quel momento. Nello stesso periodo stavo leggendo Saggi sul paesaggio di Georg Simmel e mi è tornato in mente quello che lessi molti anni prima, sull’atteggiamento dell’individuo blasè dello stesso autore. Combaciava perfettamente con ciò che ho provato nel periodo in cui ho registrato quelle improvvisazioni. Più che l’aspetto della metropoli, ho rivisto in me lo stesso disinteresse, solitudine e apatia del blasè.”

 Chris Yan presenta Blasè, il nuovo concept album, l’ottavo della sua discografia, dopo il fortunato lancio dei primi tre video singoli: Sehnsucht, I paesaggi di Böcklin e Eppure, ricordo anche dei fiori sul tuo volto.

Il sound artist, compositore e field recordist romagnolo ridefinisce e rilancia il suo percorso artistico: “diversamente ad altri miei lavori passati, non è stato il concept a dar vita alle tracce, ma il contrario. Si è trattato di riprendere in mano il saggio di Simmel e trovarne i punti cardine tra esso e le tracce selezionate. Tra le varie suggestioni suscitate da queste improvvisazioni c’è stata fin da subito quella che ritroviamo nei filmati time-lapse, o nei fermo immagine cinematografici. Quel senso di staticità e immobilità, dove il tempo intorno scorre con furia e noi ce lo facciamo scorrere addosso. Durante il processo di editing e sviluppo dell’album, ho sempre pensato a queste tracce come a dei “paesaggi cinematografici”, dove sembra non accadere nulla, ma invece sono dei micro-movimenti a smuovere lentamente queste texture.” Blasè si divide in due macro movimenti: il primo dettato dalla Verstand (intelletto), dal pensierofreddo e calcolato-ragionato. Il secondo dalla Vernunft (ragione) che cede il passo anche all’emotività e al sentimentalismo. Il disco chiude con Eppure, ricordo anche dei fiori sul tuo volto, unico brano che non fa parte di quelle riprese. Scritto pochi giorni prima di entrare in studio, “forse il brano più carico di sentimentalismo musicale che io abbia mai scritto”. Con sonorità che si riallacciano a quelle presenti nel disco, ma con un approccio e impatto completamente diverso, che guarda allo stile e alla dialettica delle poesie di John Berger.

Un concept variegato con uno sguardo interdisciplinare verso maestri imprescindibili come Brian Eno, Bernard Parmegiani, Luc Ferrari, Èliane Radigue, John Cage, Satie… Musica elettronica, ambient, rumorismo, filosofia, poesia, videoarte e non per ultimo un concept visivo della copertina che appartiene alla serie Sperduto ad opera del pittore, illustratore e designer Matteo BabbiChris Yan, ovvero Christian Mastroianni: sound artist, compositore, field recordist, bassista e poli-strumentista all’origine. Dal 2009 si interessa alla musica elettronica. In oltre dieci anni di attività è stato coinvolto in molteplici progetti e collaborazioni. Spaziando dalla raccolta di paesaggi sonori tramite registrazioni su campo, a musica per immagini, narrazioni sonore per radiodrammi ed installazioni site specific e performance dal vivo; con particolare interesse e dedizione alla musica elettroacustica e alla propria ricerca sonora. Attualmente il suo studio è concentrato nel rapporto tra suono-oggetto-rumore. Sia dal vivo che in studio si serve di microfoni a contatto, microfoni idrofoni e sensori, nastri magnetici; manipolando il suono diretto e pre registrato tramite un sintetizzatore modulare.

► Chris Yan:
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Chris Yan // Eppure, ricordo anche dei fiori sul tuo volto (Official Music Video)
https://www.youtube.com/user/chrisyanofficial
Chris Yan // I paesaggi di Böcklin (Official Music Video)
https://www.youtube.com/watch?v=E4g46HTf7eU

Intervista

Davide

Ciao Christian. Iniziamo dal periodo di nascita di questo nuovo materiale, a Napoli, tra il 2018 e il 2019, descritto come il periodo più fermo, statico e disinteressato da te mai vissuto, sia artisticamente che umanamente. Cos’è stato quel periodo rispetto  al tuo percorso, ai tuoi lavori precedenti, e come si colloca oggi e successivamente ripreso rispetto alla globalità delle tue esperienze? 

Chris

Ciao Davide. Intanto grazie per il tempo e lo spazio che stai concedendo a me e al mio progetto. È cosa assai preziosa.
Tornando alla tua domanda; sinceramente non ho ancora ben capito, nell’esattezza, cosa sia stato a scatenare in me questi sentimenti.
So solo che hanno condizionato in maniera atroce il mio agire e i miei interessi, a tal punto da non captare più nessun stimolo dall’esterno.
Anche nella mia ricerca sonora, che si è sempre nutrita di stimoli e studi continui, ero arrivato al punto di creare patch autogenerative sul mio sistema modulare per poi stare lì per ore immobile a fissare quel groviglio di cavi. Senza alcun tipo di stimolo e voglia che mi facesse interagire con esso. 
Subivo tutto così passivamente che l’unico lusso del momento era quello di ricordarmi di spingere REC all’inizio e alla fine. E spesso accadeva in ritardo o per niente affatto.
Le uniche tracce sbiadite di interazione erano comunque antecedenti a quel momento, e venivano da sample di registrazioni ambientali estrapolate dal mio archivio personale (già presenti e pre-caricate nei campionatori interni nel sistema); oppure lasciando decidere da una pianta d’appartamento come e quando suonare, come ad esempio per la parte percussiva di Vernunft  (track 7).  
La parte decisionale e il ruolo come compositore-esecutore, si erano annientate quasi del tutto.
Anche nel semplice gesto di scegliere cosa aggiungere o cosa togliere in quei marasma di suoni.
Ovviamente non ho riascoltato mai quello che avevo appena registrato: fino a settembre-ottobre del 2020, quando ripescando queste ore di “niente” dal mio archivio, fui catapultato di nuovo in quel mood.  Solo in quel preciso momento mi resi conto di cosa avevo passato e che c’era materiale giusto che poteva raccontarlo. Trovando delle affinità comuni con il pensiero di Simmel (soprattutto nella figura dell’individuo blasé ) trovai anche la forma e la direzione da dargli.

Davide

“Blasé” è ispirato a “Le metropoli e la vita dello spirito” di Georg Simmel. Cosa in particolare vi hai trasportato dell’uomo metropolitano ridotto a quantité nègligeable, a granello di sabbia? In che modo vi avviene il confronto tra soggettivo e oggettivo?

Chris

Come dicevo, fu solo nel 2020 che notai l’affinità tra il mio sentimento di allora con quello dell’individuo blasé, descritto da Simmel. 
Ricordai di averne letto questo saggio, molti anni prima, mi ritornò in mente perché nello stesso periodo ero alle prese con ‘Saggi sul paesaggio’ – dello stesso autore – per un lavoro/ricerca sul paesaggio, fonte di ispirazione poi anche per il titolo del secondo singolo, nonché terzo brano: I paesaggi di Böcklin. 

Ci tengo a precisare, che a differenza di altri miei concept album, in questo caso le tracce vengono molto prima. La scelta del concept è stata attribuita solo in un secondo momento, nella fase di scrematura ed editing; così da poter poi canalizzare e dare un senso al tutto.

Il senso e l’attribuzione di metropoli per Simmel, parlando della società dei primi del 900, è certamente oggi molto diverso. Ma non così distante. Per quanto mi riguarda non ho mai vissuto nelle metropoli e le ho al massimo sfiorate, spesso nascondendomi in esse (come ad esempio a Napoli).

Non vivendole in senso stretto del termine. Credo che oggi si possa paragonare il flusso di persone, il bombardamento di informazioni, immagini…  ai social dei quali siamo un pò tutti succubi. 

Nel mio caso, allo stesso modo, è soprattutto da quest’ultimi che mi sono sentito sopraffatto e hanno gonfiato questa mia apatia e costringendomi ad allontanarmi da quel che mi accadeva attorno. Questa è la mia personalissima trasposizione del concetto stesso di blasé, di questa riduzione dell’individuo ad una quantitè nègligeable , che tento di comunicare in questo disco.

Il confronto e il divario tra spirito oggettivo e spirito soggettivo, vengono trattate e incluse nei due macro movimenti che suddividono in due il disco.

Lo spirito oggettivo è incluso nel primo movimento (track 1-4) che riguarda l’intelletto [Verstand ], come facoltà logico-combinatoria; e invece, lo spirito soggettivo è incluso nel secondo movimento (track 5-9) della ragione [ Vernunft ], che non rinuncia al confronto con i sentimenti.

Magari questa visione e approccio sono del tutto discutibili e con il loro carico di contraddizioni.

Del resto, non son qui con la pretesa di discutere, o men che meno passare come esperto di sociologia o filosofia, ma di servirmene come mezzo di conversione che si avvicina maggiormente a quel che ho provato, e a quel che voglio comunicare ora attraverso questo disco e i suoi suoni.

Davide

Qual è il tuo approccio alla sintesi granulare? Ovvero quali sono il tuo metodo e il tuo pensiero al riguardo? Cosa ti spinge concettualmente a questo preciso procedimento di scomposizione o destrutturazione e quindi metamorfosi virtualmente infinita dei suoni?

Chris 

Be’, come hai giustamente notato, inciampo spesso e volentieri nella sintesi granulare nelle mie composizioni. Anche se quasi mai è una cosa che ricerco appositamente o in maniera mirata, ma appunto mi vien facile “inciamparci” come approccio istintivo e immediato sull’elaborazione dei miei campioni.
Sia che essi provengano da una fonte sonora diretta o registrata in precedenza. In questo disco però, è molto più orientato sull’aspetto di time stretching e morphing del campione, più che per la suddivisione randomica dei grani (anche se il confine tra questi punti è davvero sottile).
In questa specifica tecnica il mio approccio è sempre stato digitale, quindi per forza di cose più Curtis Roads che Iannis Xenakis, per il semplice fatto che ho sempre lavorato solo nel dominio digitale: un tempo tramite computer e software, poi come beta tester di alcune applicazioni per iPad, ed ora attraverso moduli eurorack.
Non c’è un grande pensiero o motivo concettuale che mi spinge verso questa tecnica se non, se vogliamo, una certa immediatezza e praticità di elaborazione di qualsiasi fonte sonora.
Una tecnica come tante altre, niente di più e niente di meno.
Se non per progetti o studi specifici, non mi piace pensare troppo in partenza alla tecnica da usare.
Preferisco di gran lunga ciò che avviene nell’immediato.

Davide

Quali altre scuole, tecniche o quali altri metodi hai utilizzato nella realizzazione di “Blasé”? Qual è ad oggi la tua sintesi personale di tutto ciò che di sonoro, di storico e di teorico  è confluito nelle tue esperienze e ricerche? Cosa cerchi nel suono?

Chris 

Sicuramente molta della mia ricerca e stimoli da parecchi anni, riprendono molto – e devono molto – alla scuola Parigina del primo dopoguerra in avanti.
E direi che è piuttosto evidente il mio ammiccare ad essa.
Il mio sogno utopico da parecchio tempo è quello di suonare in festival come Présences Électronique dell’attuale INA-GRM, oppure, con una macchina del tempo a disposizione far parte del GRMC  (poi GRM) dell’epoca di Schaeffer .
Ma, seppur io sia più affine alla versione oltralpe, non disdegno la variante italiana dello Studio di Fonologia della Rai dei fine ’50.
Di fatti, in Blasé, è molto presente la mia infatuazione per l’elaborazione ‘concréte’  delle fonti sonore, sia su nastri magnetici che in digitale.
Ed è fondamentalmente la base di partenza di ogni brano. Per sfociare ed ammiccare, poi, anche alla musica ambient, che riprende invece gusto ed approccio dei miei primissimi album da solista.
Cosa cerco nel suono? … mah, nella mia ricerca degli ultimi anni non ho cercato proprio niente di particolare nel suono, anzi. L’obiettivo primario è stato quello di distaccarmi dal dover dare per forza un senso o un’emozione ad ogni suono e valutarlo-considerarlo proprio per quello che era e per come a me si manifestava.
Per poi, in un secondo momento, processarlo e farlo divenir altro, ma mai con uno scopo o obiettivo specifico se non richiesto: ad esempio in progetti, installazioni, colonne sonore, etc …  In Blasé, l’unico brano che invece ha uno scopo ed un senso di appartenenza ad un sentimento specifico è ‘Eppure, ricordo anche dei fiori sul tuo volto’ (track 9).  In questo caso sì, ho ricercato di piegare e indirizzare il suono ad un determinato sentimentalismo musicale. 
Infatti è l’unico che non fa parte dei brani composti tra il 2018 e il 2019 ed è stato creato un paio di giorni prima di entrare in studio per il missaggio e master di  tutto l’album.
Questo brano ha e deve avere  questo tipo di funzione.
Me lo concedo.

Davide

Qual è il tuo punto di incontro tra stocasticità o alea o musica randomica e autogenerata e composizione, quindi volontà costruttiva, gusto personale? Cosa causa e definisce la sistemazione definitiva dei vari elementi generatisi con il concorso della casualità? 

Chris

Tutti approcci, o metodi se vuoi, in un qualche modo presenti nella moltitudine dei miei approcci compositivi ma solitamente in maniera separata. 
Il punto di incontro credo che sia proprio Blasé.  Poiché credo che sia la prima volta che nei miei lavori si possa riscontrarne l’utilizzo di tutti i metodi. 
Considera che, bene o male, tutto è sempre dettato, in questo come in altri lavori – sia in fase iniziale o nel mix finale –  dal mio gusto personale.
Anche perché se al mio orecchio e al gusto del momento non convincono, non c’è approccio, metodo o casualità che sopravviva al secondo successivo. Ti ho fatto prima l’esempio dell’uso di una pianta d’appartamento come fonte di casualità di quel brano: e ok che mi son certo divertito a far decidere alla pianta come e quando suonare determinato suono, ma il suono percussivo è stato il mio gusto personale a sceglierlo.
Lo stesso vale per i suoni “acquatici” in sottofondo; il come modificarne l’ampiezza e il panorama stereofonico l’ho sempre lasciato in mano ai segnali biometrici della pianta, ma la scelta di quella precisa registrazione su campo è ovviamente dettata da una mia scelta, perché al mio orecchio e gusto come compositore suonava affine.
Quel determinato suono piuttosto che un altro.

Davide

Oltre all’atteggiamento blasé di Simmel, cosa dei suoi saggi sul paesaggio hai in qualche modo trasposto nel tuo lavoro e nel tuo pensiero sul paesaggio sonoro? 

Chris 

“Saggi sul paesaggio” – che poi non è altro che una piccola raccolta di scritti di Simmel sul tema – tratta il paesaggio come tema dell’esperienza del mondo esterno; dal tentativo di definirne il termine in sé, all’analisi di manifestazioni specifiche o visioni artistiche, fino al rapporto tra creazione umana e creazione della natura sotto forma di rovine.
Mi è stato molto più utile nel riprendere, sempre nel 2020, la mia attività da Field Recordist dopo un lungo periodo di inattività, e quindi nel rapportarmi – come individuo – in un determinato luogo e nel suo paesaggio sonoro.
Nel disco, in realtà, questa raccolta viene soltanto appena toccata attraverso il saggio e il relativo brano dedicato ai paesaggi di Böcklin.
Ma come lo stesso Simmel ci fa notare in Le metropoli e la vita dello spirito: dopo che l’individuo blasé (per difesa) smette di reagire ai troppi stimoli al quale è sottoposto, decidendo di allontanarsi da ciò che è vicino e troppo incombente – ma costretto nella continua di ricerca di stimoli sempre più forti- ritrova “pace” e sensibilità solo in ciò che viene percepito come distante e lontano: cioè nel suo rapporto con la natura e il paesaggio.

Davide

L’indifferenza anemotiva dell’intelletto o del disincanto annoiato dello scettico blasé, contrasta con alcuni titoli che rievocano lo Sturm und Drang romantico… come lo struggimento e la “malattia del doloroso bramare” della parola Sensucht o la visionaria vena fantastica e analogica, l’impeto lirico-elegiaco di Böcklin, pittore dalla tavolozza smagliante e tutt’altro che “grigia”. “Blasé” è un viaggio verso il recupero di stati mentali più emotivi, verso impressioni via via più vive e avanti fino al ricostituirsi di una trama arpeggiata più tonale e armonica o appunto emozionale o sentimentale come nell’ultima traccia (Eppure ricordo…)? È una sorta di risveglio da una qualche apatia?

Chris

Esatto.Hai colto perfettamente il segno.  Si tratta proprio di un percorso cronologico di risveglio dall’apatia.
Di fatti il lasso di tempo di registrazione di queste tracce è piuttosto ampio e, seppur all’epoca non consciamente, si nota già dalle texture sonore tale percorso.
Ovviamente, come già detto, a me è risultato lampante nel suo insieme solo in un secondo momento e proprio per questo avevo bisogno di un’ultima traccia composta con gli occhi di oggi, periodo nel quale ho finalmente superato (credo del tutto) quel senso di apatia e disinteresse: e che trova il suo culmine nell’esplosione – a me insolita – di armonia e sentimentalismo dell’ultimo brano.
Comunque, solo per dover di precisione, il mio tributo a Böcklin, sempre dettato dalla visione Simmeliana, non è certo una questione di palette di colori ma è riferito (e come citato anche nel videoclip)  alla proprietà di perfezione interna, alla rinuncia del sentimento ad ogni ulteriore rinvio a qualcosa sopra di sé, trasmessa dalle solitudini dei suoi paesaggi.
Solitudine intesa come proprietà interna, riconoscibile e inseparabilmente connessa ad essi e dove perde il suo carattere meramente negativo, di esclusione. 

Davide

Secondo me, per diversi motivi ma bene o male riconducibili alla rivoluzione del digitale, la capacità e la qualità dell’ascolto medio delle persone è peggiorato negli ultimi due decenni. Satie voleva creare musica da arredamento, o da tappezzeria; altri preferirebbero un ascolto totalmente dedicato alla propria musica, meglio se ascoltata in cuffia, isolati dall’ambiente ed evitando distrazioni. Qual è per te l’ascolto ideale della tua musica e dei suoni da te creati?

Chris 

Sono perfettamente d’accordo con te sul fatto che la capacità e la qualità di ascolto medio delle persone sia drasticamente in calo. 
Seppure l’avvento del digitale ne abbia certamente contribuito in modo esponenziale, non credo che però sia l’unica causa o quella di forza maggiore a questo problema. 
Ed è un discorso certamente lungo e complesso, ma la cosa che più mi urta è il completo disinteresse e mancanza di curiosità nell’ascoltare. 
Proprio come nella mia trasposizione moderna di blasé, sommerso da eccesso e sovrabbondanza di stimoli e informazione, si accontenta di quel che arriva o ancora peggio si disinteressa dell’altro che accade. 
E purtroppo, piccole realtà come la mia musica e la mia ricerca sono le uniche a soffrirne e costrette comunque ad essere presenti assiduamente nei social e dintorni per cercare di sopravvivere. Quindi a contribuire a questo esubero di informazioni sperando di raccogliere/elemosinare l’attenzione dei pochi curiosi rimasti nel marasma di massa. 
Nelle mie precedenti produzioni sono abbastanza rigido su come devono essere percepite e fruite dall’ascoltatore. Richiedo sempre un ascolto molto attento e spesso, lavorando con registrazioni binaurali, esigo l’ascolto in cuffia (anche perché tecnicamente è l’unico modo per poter ascoltare determinate tecniche di registrazione).  Ma, consapevole della modernità e un po’ perché quest’album si presta ad una fruizione totalmente differente, e differente ne è la sua natura; ho indirizzato da subito mix e master ad un prodotto adatto a questi mezzi di streaming digitale. 
Blasé non ha pretese di ascolto “fine”, anzi sotto questo aspetto ammicca più ad una fruizione più di musica d’ambiente, da arredamento. 
Di fatti consiglio sempre di ascoltarlo – nella sua interezza e nell’ordine pre-stabilito delle tracce, evitando nel modo più assoluto la modalità casuale – con un volume tendente al basso e mai alto, perché certi passaggi ad un volume elevato danno davvero fastidio.
I primi ascolti posso essere anche disinteressati e da compagnia anche mentre si è occupati in altro; per poi, soltanto se determinati suoni o tracce destano curiosità, passare ad un ascolto più attento e concentrato.
Allo stesso tempo, per i più tenaci e habitué, han fin da subito la possibilità di dedicarsi ad un ascolto mirato e goderne le mille sfaccettature e accortezze, ma sempre  ad un volume tendente al basso.
Ripeto, basso o nullo.
Seppur, come disco meriterebbe anche tutto un altro tipo di missaggio e master, risulterebbe poi inutile ora che è fruibile solo nella sua versione digitale.
Quando e se verrà il momento, e soprattutto i feedback giusti di interesse, allora il discorso cambierà per un’eventuale uscita fisica in Vinile o CD. 

Davide

Ci sono compositori o compositrici o scene musicali in particolare, ma anche scenari di ricerca, che in questo momento ti interessano particolarmente?

Chris 

Oltre a compositori e scene passate di riferimento, citati in precedenza sono molto interessato a quello che di nuovo, del mio stesso genere o simile, viene prodotto.  Le cose più interessanti provengono prevalentemente dall’universo femminile, che sforna compositrici e sound artist avanti anni luce come: Felicia Atkinson (e la sua etichetta Shelter Press), Christina Vantzou, Kara-Lis Coverdale, Lucrecia Dalt, Julia Kent, Hildur Guönadóttir, Hatis Noit, Ana Roxanne, Melissa Pons, etc…
Questi i miei ultimi interessi ed ascolti. 
Ma poi lascio l’orecchio sempre piuttosto libero, meno spugna di un tempo ma ugualmente abbastanza percettivo.

Davide 

Cosa della poesia e della dialettica delle poesie di John Berger nel tuo suono?

Chris 

In quanto a Berger ti posso dire che sono da tempo suo grande estimatore.  Da tale mi sono appropriato e ispirato al suo modo di sintetizzare concetti e sensazioni, con abilità e immediatezza, in un unica frase. Me ne sono servito per il titolo dell’ultimo brano nonché terzo singolo “Eppure, ricordo anche dei fiori sul tuo volto”
Ad esempio, in maniera sbrigativa e semplicistica, andando a scomporre il titolo in questione: il termine “eppure” viene spesso usato nella dialettica di Berger e credo di non averlo mai usato in vita mia prima di averlo letto e riletto nei suoi scritti. 
Eppure, per quanto sia semplicemente una congiunzione, mi ha sempre attratto come parola. 
Nel suo insieme, possiamo invece notare una somiglianza con il titolo della suo libro, il primo che lessi realmente e che infuocò questa passione: “E i nostri volti, amore mio, leggeri come foto”
Dalla stessa pubblicazione, la stessa similitudine la possiamo trovare nell’ultima frase di chiusura, nell’ultima poesia presente nel libro: “… Eppure è così. Con te riesco a immaginare un luogo dove essere fosfato di calcio mi basta.” 
Ovviamente e purtroppo, il risultato da me creato non ha la stessa potenza e nemmeno la goffa pretesa di averlo, della mano di Berger. 
Eppure, lo trovo il modo migliore di omaggiarlo e di chiudere con la stessa carica di sentimentalismo che il brano richiedeva. 

Davide

Cosa seguirà?

Chris

Prima di tutto sarò impegnato nella promozione dell’album e spero che possa arrivare ed essere apprezzato da più orecchie possibili, ovviamente . 
Siccome non è subito immediato trasporre il disco e la sua imprevedibilità in un discorso di versione dal vivo, o almeno nella sua interezza; sto cercando  di creare una sorta di performance multimediale che comprende anche l’utilizzo e proiezione di brevi campioni video in loop. 
E proporlo quindi sono in pochi e mirati eventi-luoghi. 
Al tempo stesso spero di poter tornare presto alla mia attività di Field recordist e ampliare così il mio studio e il mio archivio-memoria sonora, magari tornare anche a farlo per e durante residenze artistiche. 
Poi, chissà, ogni qual volta che ho pianificato qualcosa ho finito per fare o dedicarmi a tutt’altro. 

Davide

Grazie e à suivre…

Chris

Grazie ancora a te  per la disponibilità e questo scambio – interazione. 

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