Fazi Editore
Narrativa
Pagg. 286
ISBN 9788893257640
Prezzo Euro 18,00
Viaggio attraverso l’Italia durante la guerra
La trama del libro (il recupero di opere d’arte trafugate dai nazisti per riportarle a Roma nonostante l’Italia sia divisa in due dalla guerra) è di per sé interessante, e a maggior ragione quando questa missione viene effettuata da un maturo archeologo di fama mondiale e da un simpatico ischitano dalle mille risorse. Per quanto ovvio l’impresa non è di per sé impossibile, ma certamente difficile e pericolosa. E’ così che i due partono da Bressanone, passano il confine con Svizzera, rientrano in Italia dal Piemonte e lungo strade secondarie, caratterizzate da una paesaggistica di tutto rispetto, fra mille avventure e peripezie riescono nell’intento, arrivando alla capitale da poco liberata dagli alleati.
Non esistono posti lontani ha il sapore di una favola e alterna momenti di inevitabile tensione ad altri picareschi, anche se il tono semiserio non manca nemmeno nei fatti in cui dovrebbe essere tangibile il senso del pericolo. Nonostante si tratti di due caratteri che possono sembrare diversi (il professor Filippo Cavalcanti serioso, poco incline alla confidenza, tutto teso a svolgere al meglio la missione che si è prefissata, Quintino Aragonese, maestro nell’arte di arrangiarsi, incapace di resistere alla possibilità di un furtarello, ma generoso e appassionato con chi stima) in effetti hanno poche differenze, perché entrambi sono affascinati dalla farsa. Se la narrazione, e di conseguenza la lettura, scorrono senza intoppi è tuttavia preliminarmente necessario sorvolare su non poche incongruenze, come per esempio la facilità con cui in piena guerra si esce dall’Italia per andare in Svizzera e l’altrettanta facilità con cui è possibile rientrare, ma forse ciò è dovuto al tono semiserio che l’autore ha dato al racconto, tono che obiettivamente rende piacevole la lettura, più attratti dallo svolgersi della vicenda, che non finisce a Roma (e non aggiungo altro) e che procede veloce senza mai arrivare a livelli di autentica drammaticità, ricordando piuttosto per certi versi altri quella di due altri celebri personaggi, frutto dell’abile inventiva di Miguel de Cervantes, vale a dire Don Chisciotte della Mancia e il suo scudiero Sancho Panza. Certo qui non troviamo mulini a vento con cui duellare, bensì ci imbattiamo nei disastri di una guerra autentica, attraverso la quale Filippo e Quintino passano spensieratamente indenni. E come qualsiasi favola non può avere una conclusione triste, questo vale anche per questo racconto, che termina pur sempre nel mondo dell’arte, con i due protagonisti pronti per una nuova impresa da tempo di pace e indubbiamente redditizia.
Mi sono divertito – ed è quel che conta – senza che mi sia rimasto molto dentro, se non il valore dell’amicizia che può portare a risultati clamorosi, e chissà che l’autore non voglia dare un seguito, perché i due protagonisti lo meriterebbero senz’altro.
Franco Faggiani vive a Milano e fa il giornalista. Ha lavorato come reporter nelle aree più calde del mondo e ha scritto manuali sportivi, guide, biografie, ma da sempre alterna alla scrittura lunghe e solitarie esplorazioni in montagna. Con La manutenzione dei sensi (Fazi Editore, 2018), vincitore del Premio Parco Majella 2018, del Premio Letterario Città delle Fiaccole 2018 e del Be Kind Award 2019, si è fatto conoscere e amare da moltissimi lettori. Con Il guardiano della collina dei ciliegi (Fazi Editore, 2019), ha vinto il Premio Biblioteche di Roma 2019 e il Premio Selezione Bancarella 2020. Tutti i suoi libri (questo è in via di traduzione) sono stati pubblicati nei Paesi Bassi ottenendo un grande successo di critica e di pubblico.