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Il Dio nell’Alcova

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(Elvezio Sciallis – Il Foglio)
IL DIO NELL’ALCOVA, un’antologia, corredata di un’interessante prefazione a cura di Luigi Boccia e Nicola Lombardi e di illustrazioni artisticamente apprezzabili, di “Otto storie del soprannaturale”, alcune premiate in concorsi letterari, quali il Premio Lovecraft e il Concorso Yorick. La straordinaria efficacia dell’horror è proporzionale alla competenza e all’intelligenza dell’autore. Elvezio Sciallis, di cui ricordiamo LA MACCHINA DELLE OSSA (Prospettiva 2001), insofferente dell’egoismo e della viltà dell’uomo, oggi dilaganti, (Compagno di giochi), della solitudine e dell’incessante trascorrere del tempo (Un gioco d’ombre) verso un mondo in cui niente è più a misura d’uomo, esplora la psiche umana e ci offre originali interpretazioni dei problemi psicosociali (“La vita ti piega e spezza con la forza delle umiliazioni quotidiane…”), della follia, della vendetta (Eclissi totale di cuore, Compagno di giochi), ecc. Avverso alla schiavitù delle passioni in Il dio nell’alcova, racconto dall’incredibile vis orrifica delle immagini; desideroso di evadere dalla moderna società dei rumori (“L’orizzonte mi salvava”), delle convenzioni e dell’ipocrisia, causa principale del disgregarsi del nucleo familiare, in Coda-Marine 475; contrario ad un progresso sempre più disumanizzante in Un gioco d’ombre, A caccia e Scavando nel fuoco, l’autore si mantiene aderente al modernissimo assunto eracliteo del panta rhei, alla certezza scientifica che tutto si trasforma, ma niente si distrugge, ed all’amara convinzione che tutto è destinato all’oblio, soprattutto in Un gioco d’ombre.
 Rebus sic stantibus, per Elvezio Sciallis è importante non dimenticare i valori di un tempo, le credenze e le tradizioni popolari, schegge di cristallo del passato, di cui non rimane che l’ombra. Il significato è latente, a volte più e a volte meno, in tutti i racconti, del resto “Il vero scrittore non mette mai tutto nel suo libro, il meglio del suo lavoro si compie nell’anima del lettore” (Rondelet): Immagini orripilanti, ripugnanti, truci, a volte con effetti splatter, mostruosità marine, orribili spettri colpiscono, come dardi, la coscienza di chi legge; come acqua gelida gettata, di colpo, in viso ci fanno comprendere la realtà, i nostri errori. Siamo noi a creare mostri e spettri. Essi nascono dal nostro io, dal nostro essere, dal nostro creare e dal nostro distruggere. Siamo stati noi ad aver tracciato, intorno a noi stessi, “Il cerchio della paura” (collana de Il Foglio).
 
I prossimi sarete voi”.

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