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Slevin – Patto Criminale

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Non sarei andata a vedere questo film in un altro periodo dell’anno, nonostante un cast d’attori che lascia senza fiato. Morgan Freeman, Bruce Willis,  Ben Kinsley, Stanley Tucci e altri. Non so perché, si tratta di una particolare forma di intuito che ho sviluppato col tempo: capisco al volo i film che amerò e tornerò a rivedere anche due o tre volte in prima visione prima di attendere con trepidazione l’uscita del dvd, o i film che non amerò di una passione così totale e vorace ma che hanno una valida ragione per essere visti. Regia, storia, atmosfera, relax. Una ragione variabile ma che intuisco in partenza. Che mi afferra e mi spinge. Questo film l’ho visto perché, saggiamente, l’hanno fatto uscire il 25 agosto. C’è una strategia geniale, dietro. Una strategia specifica e machiavellica. Intanto sanno che i gangster al cinema sono sempre popolari e tanti gangster tutti insieme (anche quelli che all’inizio non lo sembrano) come in questo film, raramente li vedrete. Inoltre. C’è una ragione ambientale alla quale i sagaci distributori devono aver pensato. Il 25 agosto qualcuno o è tornato dalle ferie (più stanco di prima, reduce da lunghe code sulle autostrade roventi, oppure stressato o nostalgico o innamorato), oppure non è andato via e ha cercato in città oasi di distrazione rinfrescante.. Nella magnifica multisala che frequento a Bologna,  dove vedere il film diventa ormai una questione secondaria, perché per prima cosa ti fai catturare dall’architettura maestosa, luminosa e straniante, da vera “cattedrale del contemporaneo” (ciò che è indiscutibilmente diventata una multisala,  rendendo obsolete e in via di necessaria estinzione le sale singole, insidiate da home video, canali tematici, tv on demand e altre amenità), poi dai banconi “Mc Donald’s style” dove puoi ordinare uno dei vari “Menù pop corn” che sono mini, medium e maxi, (volendo si può optare per una confezione maxi di M&Ms con bibita), e proseguendo dalla zona “Attesa e sala giochi”, con l’esibizione, proprio di fronte, delle locandine dei film di prossima uscita (così se sai che vedrai una schifezza, e a volte lo sai, ti proietti in un prossimo futuro e ti rassereni). Solo dopo aver alternato tutti questi piaceri realizzi che la scelta dei film da vedere era assai limitata, che il nuovo cartone di tendenza hai deciso di rimandarlo alla prossima volta, e alla fine hai optato per un thriller sul quale ti rimangono delle perplessità nonostante la spettacolare parata d’autori.
SLEVIN Patto Criminale è diretto da Paul McGuigan e ha una trama che non vi rivelerò, sia per non guastarvi il piacere nel caso siate attirati da una serata al fresco col Menù pop corn stretto in mano, magari nella versione Maxi che è veramente gigantesca, una serata “encefalogramma piatto” da trascorrere  ammirando come Bruce Willis invecchia gloriosamente adeguando le parti da attore al suo viso modificato, che ricorda sempre certi burattini coi capelli di stoppa e il volto di creta, ma  sempre solcato dal suo mitico sorriso obliquo e astuto che riesce a coinvolgere e ad accarezzare spettatori e spettatrici anche interpretando la figura enigmatica, quasi un “deus ex machina” che regge i fili della trama e si chiama Mr. Goodkat. Il nome potrebbe sembrare ironico (e tante cose in questo film costeggiano con audacia esagerata il fossato che separa il ridicolo dal colpo di genio) ma non lo è  e non vuole esserlo. Il personaggio interpretato da Willis incarna la figura più scellerata, inquietante  e priva di scrupoli, ma dotata di una sua perversa capacità di coinvolgere e di far si che lo sventurato accaldato spettatore- masticatore di pop corn logorato dalle recenti ferie si metta a  parteggiare per lui, e per chi sta con lui, cosa non facile da comprendere visto l’intrico della vicenda. Che poi si svela. E nulla è come sembra all’inizio. Nulla combacia per metà film e di scatto tutto torna. In maniera stupefacente. Con una spiegazione quasi plausibile per ogni evento cruento (tranne la sopravvivenza di Lucy Liu che interpreta un’ improbabile anatomopatologa sexy come una caffettiera) Uscendo un po’ spaesati per un istante, per un nanosecondo o poco più, il tempo di salire in silenzio la scalinata e di arrivare alla porta , ti domandi se il film è un colpo di genio o un pasticcio pazzesco, poi arrivi alla risposta  e lo sai di preciso (per me è la seconda opzione  ma si tratta di un’opinione personale, che non saprei su cosa basare e anche questa inconsistenza alla fine è disturbante, ma perché, Morgan Freeman, perché l’hai fatto?). Ti domandi con dispiacere come mai degli attori di tale livello abbiano accettato una produzione che, mi perdonino quelli che amano il genere e gradiranno Slevin, è indiscutibilmente di serie B, ma anche i grandi attori devono concedersi film-marchetta che consentano di sopravvivere secondo gli standard miliardari a cui sono abituati.. A chi l’ha diretto( non a me) il compito di nobilitare questo film estivo e scacciapensieri. Il regista ce l’ha messa tutta e  si è un po’ allargato parlando del suo lavoro e citando addirittura Shakespeare durante un’intervista, quasi a fare un ardito e coraggioso paragone: “E poi perché in fondo tutti noi vorremmo un po’ essere gangster: entrare in una stanza dove tutti ci temono e minacciare gli altri di fare quello che si vuole. E’ un desiderio umano: voler essere ascoltati e rispettati. Comunque fin dai tempi di Shakespeare i personaggi “larger than life” sono i migliori. I principali protagonisti dei drammi shakespeariani in fondo sono dei gangster.” (da un’intervista a Chiara Ugolini che potete leggere per intero qui http://www.capital.it/trovacinema/detail_articolo.jsp?idContent=310458). Rientrando dalla meravigliosa multisala con l’architettura “industriale”, stratificata e ipnotica, ho ripassato mentalmente le locandine che ho ammirato nella sezione” Attesa e sala giochi” già pregustando le prossime incursioni. Questo significa radicare la cultura al territorio e lavorare con l’immaginario costruendo i desideri, o no?
(Qui una selezione di quello che hanno scrittosi Slevin i critici più noti, http://www.capital.it/trovacinema/scheda_critica.jsp?idContent=306068  Io  mi trovo perfettamente d’accordo con Roberto Nipoti e con il critico de Il Giornale, ma probabilmente Tullio Kezich che sa il fatto suo non è da sottovalutare)

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