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Mitologia della Creazione nella Letteratura Sacra

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Fin dall’antichità tutte le popolazioni ai quattro angoli del globo hanno tentato di fornire una spiegazione razionale, teorica, religiosa o scientifica alla creazione del mondo conosciuto.

Eppure nonostante le differenze geografiche e culturali, e le differenti collocazioni nell’arco spazio temporale queste leggende, o miti, sulla creazione hanno tutti qualcosa in comune.

D’altra parte la mitologia può essere considerata in assoluto come la prima espressione artistica dell’essere umano, tendente a proiettare il rapporto sovraumano con le divinità locali in espressioni poetiche. Dalla mitologia è poi nata l’epica, che veniva narrata di piazza in piazza dai cantori, e solo successivamente riprodotta e tramandata in forma scritta, dando così origine alle prime manifestazioni della letteratura.

Da notare nei miti di alcune popolazioni indigene variamente collocate sul mappamondo geografico la somiglianza e la ripetitività di alcuni concetti o figure che possono essere facilmente identificate anche in religioni a noi più note e più vicine, secondo quanto riportato nelle Sacre Scritture e nell’Antico Testamento.

Vediamo alcuni esempi.

Nella credenza degli Indios Makiritare originari dell’odierno Venezuela, si narra di un Dio allegro che suonava, cantava e ballava, fumando foglie di tabacco, e sognava di creare l’uomo. E si narra del primo uomo e della prima donna che, chiusi dentro un uovo, sognavano quel che il loro Signore sognava, e immaginavano di nascere, perché lui era più forte del dubbio e del mistero. E allora il Dio ruppe l’uovo ed essi nacquero, da un sogno.
“Rompo quest’uovo e nasce la donna e nasce l’uomo. E insieme vivranno e moriranno. Ma nasceranno nuovamente. Nasceranno e torneranno a morire un’altra volta. E mai cesseranno di nascere, perché la morte è menzogna.”

Nell’antico Yucatan invece (l’odierno Messico) i Maya narravano di una creazione avvenuta in dodici giorni, ognuno dei quali dedicato alla creazione di un determinato elemento. Anche nella Bibbia si parla infatti di una creazione similare, ma in sette giorni. In entrambi i casi l’ultimo giorno è quello dedicato alla creazione dell’uomo, il settimo per la Bibbia, il dodicesimo per la religione Maya.
“Fu il dodicesimo che fece il vento. Soffiò vento e lo chiamò spirito perché non c’era morte dentro di lui. Il tredicesimo giorno bagnò la terra e col fango impastò un corpo come il nostro. Così si ricorda nello Yucatan.”

L’antica popolazione dei Fulan, originaria dell’Africa, invece insiste molto sul ritmo della vita e della morte, idealizzando una grossa goccia di latte (l’alimento sacro per eccellenza) che diede origine alla prima scintilla di vita. La loro divinità, Doondari, creò prima i cinque elementi e poi da essi compose l’uomo. E l’uomo era perfetto. Se non fosse che a un certo punto iniziò ad essere orgoglioso, e allora per piegarlo furono inventate la cecità, il sonno, le preoccupazioni e infine la morte.
“e la morte sconfisse le preoccupazioni. Ma quando la morte divenne troppo orgogliosa, Doondari scese per la terza volta, ed egli venne avendo preso la forma di Gueno [divinità], colui che è eterno, e Gueno sconfisse la morte.”

Sono tutti temi che riguardano molto da vicino anche la religione ebraica, che è alla base della maggior parte dei culti occidentali.

Nella mitologia degli Indios si parla di un sogno, e sempre la visione nella genesi ebraica è il fondamento da cui traggono origine tutte le sacre scritture, dettate o trasmesse direttamente da Dio a uomini santi di buona volontà tramite visioni, apparizioni e sogni.

Per eccellenza nella storia della religione, il sogno, o la visione, o l’allucinazione, sono interpretati come rari casi di identificazione, il momento di maggior contatto tra Dio e l’uomo, come a significare che il rapporto con la Divinità può essere vissuto solo per interposto tramite. Si enfatizza la dimensione ultraterrena, e le apparizioni mistiche conferiscono validità ai testi sacri.

“All’Inizio Era Il Verbo. E Il Verbo si Fece Carne”, recita la Bibbia. Come non identificare questo passo con la creazione degli indios, dove l’uomo e la donna vengono concepiti da un Dio che cantava (e che sognava)? Come non pensare al vento della mitologia Maya che diventa spirito? E ai greci che parlavano dell’alito della vita, sempre connesso alla parola, al vento e al soffio della creazione?

Ecco che il dono della parola insieme all’anima, sono le uniche connotazioni che differenziano l’essere umano da tutti gli altri esseri del creato. L’uomo è assimilato alla divinità perché può parlare, e potendo parlare, è anche dotato di comprensione. Parla, comunica, capisce, è in grado di discernere il bene dal male.

Un altro elemento ricorrente nelle varie religioni antiche è l’insistenza sul tema del lavoro, il raccolto, l’assemblaggio, la costruzione, il riposo. Il Dio Indios, canta, suona e balla, come al termine di una mietitura, la Divinità Maya si incarica di decidere, come nella Bibbia, che esiste il tempo per il lavoro e quello per il riposo, il Doondari africano costruisce, modella, e poi assembla l’uomo. Se ne deduce che in qualche maniera le religioni dovevano essere usate anche per disciplinare un certo tipo di costrutto sociale.

Attraverso il mito si tentava di gettare le basi di un vivere comune, improntato a un determinato codice comportamentale composto di regole, accordi, e reciproce obbligazioni. In alcune leggende poi il lavoro della creazione viene assimilato al travaglio della nascita, e la perpretazione della nascita finisce per essere inteso, su larga scala, come lo sforzo produttivo per la prosecuzione della specie e la salvezza dell’ordinamento sociale.

Per questo si insiste tanto nelle mitologie sull’aspetto della ciclicità rituale nel tentativo di assicurarsi la continuazione delle modalità sociali recentemente acquisite e non ancora stabilmente collaudate. Come per tutte le attività fondamentali dell’uomo, l’alternarsi dei cicli e delle stagioni ha un effetto stabilizzante, da qui l’ossessivo interesse di molte popolazioni per le osservazioni astronomiche e per lo studio del calendario.

Ed ecco che allora gli Indios ci parlano di una sequenza infinita del ciclo della nascita e della morte, il Dio che sogna di creare e gli esseri che devono essere ancora creati che sognano il Dio che sogna di crearli. I Maya che narrano di un soffio di vento chiamato spirito perché non sarebbe morto mai e che con esso venne fatto l’uomo. I Fulan che parlano di un ciclo continuo della vita e della morte, con la morte generata dalla divinità come condanna, e quella stessa divinità che si reincarna (come Cristo) e torna sulla terra per sconfiggere la morte, in un ciclo apparentemente infinito.

Ma la ripetizione ciclica degli anni e delle stagioni conduce all’eternità, e l’eternità come la commemorazione, come la memoria e il ricordo, sono sempre stati il miraggio di tutte le civiltà conosciute. Di qui il tentativo spasmodico di lasciare dietro di sé opere architettoniche che fossero memorabili ed eterne. Le Piramidi, Gli Obelischi, I Mausolei, I Megaliti sono lì a ricordarci che antiche società civilizzate hanno occupato la nostra terra prima di noi. E dunque lo scopo è stato raggiunto.

Quindi anche se la morte non è ancora stata sconfitta, a tutt’oggi per noi, come per i nostri predecessori, quello che importa davvero è essere ricordati dopo la nostra scomparsa, con “pensieri, parole, opere, e omissioni”.

A dimostrazione del fatto che la Letteratura e la Mitologia, come le Piramidi, sono anch’esse costruzioni imperiture edificate dall’uomo per lasciare una traccia eterna del suo passaggio, benché non siano fatte né di pietra né di mattoni.

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