Perché la recensione di un libro – nella sezione cinema?
Beh – i motivi sono almeno due. Il primo è che questo non è un libro di narrativa – ma un saggio sulla produzione di cortometraggi. Il secondo, e forse più importante, è che questo saggio è costruito (oltre che sulla teoria generale della cosa) sulla specifica realizzazione di UN cortometraggio (“L’ultima volta che lo vidi“) – che è presente, per intero e con extra – sul DVD allegato a questo bel libro di Apogeo Editore. Un corto che da il ritmo a tutto l’insieme diventando, passo passo, la ragione di scelte o valutazioni, e che, come nella migliore tradizione di un certo tipo di manuali pratici d’uso, permette quel “learn by samples” che di sicuro stampa meglio nella memoria le tante cose da considerare, quando ci si avvicina a questo tipo di esperienza.
L’autore di questo testo (288 pagine per 14 capitoli – arricchiti di immagini e note) è Enrico Miglino – giornalista, scrittore, sceneggiatore eccetera eccetera – già noto su KULT Underground e su KULT Virtual Press per i suoi articoli, i suoi racconti e le sue poesie, e conosciuto nel settore in cui ha deciso di cimentarsi per varie realizzazioni con le quali ha partecipato a concorsi (o eventi) spesso nazionali. Che sappia di cosa sta parlando lo si capisce subito – e che abbia esperienza nel redigere manuali (spesso anche di informatica) lo si vede dall’organizzazione del lavoro che miscela sapientemente storia, teoria e pratica in capitoli ben confezionati e concepiti anche per la lettura fuori sequenza. Partendo dalle basi e affrontando, con uno stile accattivante e una prosa chiara e alla portata di tutti, anche quegli aspetti più tecnici (elaborazione audio, post produzione e altro) che, in un corto digitale sono la differenza tra un prodotto solo “interessante” e uno che rimane impresso a chi guarda. Raccontando delle problematiche pratiche che ogni passaggio può avere e fornendo consigli e suggerimenti che tendono a massimizzare la resa, minimizzando, quando possibile, la spesa o la necessità di apparecchiature costose. Perché il target primo di questo testo è l’amatore – chi cioè sta valutando SE avvicinarsi a questa avvincente esperienza e che di conseguenza manca, oltre che di conoscenze, anche della disponibilità economica che una piccola produzione “professionale” potrebbe invece avere.
L’autore ci spiega (e ci mostra) che, con la giusta dose di passione e pazienza – e una attenta progettazione del tutto, non servono necessariamente attori professionisti per realizzare qualcosa che si scosti di molto dal filmino delle vacanze. Il messaggio è che la tecnica, e l’idea, possono fare una grossa differenza. L’idea, chiaro, deve averla il lettore, ma la tecnica, beh, quella si può imparare – con una relativa facilità.
Un ottimo punto di partenza per chi (e si parla ormai di tantissime persone) sta valutando cosa fare con la telecamera digitale che ha comprato (o che gli hanno regalato) e una buona lettura anche solo per il curioso – senza velleità artistiche – che vuole scoprire i passaggi che stanno dietro alla realizzazione di un piccolo film.
“L’ultima volta che lo vidi” – il cortometraggio esempio del libro – meriterebbe poi (anzi, meriterà) un discorso più ampio a parte – perché al di là del valore artistico (e del suo carico di contenuti tecnici e/o della capacità dei tanti attori che hanno preso parte alla cosa) si propone di veicolare un messaggio sociale e politico più ampio. Ma per questo aspetto vi rimando al sito di Annamaria Audino: http://www.annamariaaudino.it/lasttime/