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Tutto il grillo che conta – Beppe Grillo [#1]

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C’era una volta un clandestino pubblico… [i]

 


 

King Lear: Dost thou call me fool, boy?

Fool: All thy other titles thou hast given away; that thou wast born with.[ii]

 

 

1. Un profeta dal viso scomodo

C’era una volta un libro brossurato, lucido. In copertina, un uomo sulla cinquantina, capelli brizzolati, bocca semiaperta in una smorfia simpatica e insieme accusatoria, ribelle, punta una mano destra indagante, denunciante, ma quasi con tenerezza, e comunque con ilarità, verso il pubblico, a pochi centimetri da quel viso simpatico, se pure intuitivamente scomodo. Un viso laborioso, difficile da imbrogliare. Non mi dite che non l’avete mai visto. E insieme un viso simpatico, che ispira fiducia. Ne è pieno il mondo. Sotto il faccione dell’uomo tra l’arrabbiato e il divertito, un uomo che solo con lo sguardo sembra prenderti per le spalle scuoterti e dirti ehi!, ci sei?, sei sveglio?, che fai tu per te stesso?, c’era una volta una scritta bianca e rossa in rilievo, di quelle che se ci passi sopra col dito la senti proprio venir fuori – come la mano, come lo sguardo dell’uomo – dalla carta traslucida. Una scritta liscissima, appetitosa, il titolo, l’avviso di ciò che troveremo dentro il libro – Tutto il grillo che conta – e un sottotitolo – dodici anni di monologhi, polemiche, censure.

La quarta di copertina del libro che c’era una volta, rossa con scritte in bianco e nero, contiene una ulteriore notifica – tipo se non sei d’accordo non comprare questo libro –, un annuncio che mi rimanda a un libretto che, a sua volta, c’era una volta, e il cui titolo recitava più o meno così, Ruba questo libro. Il testo stampato sulla quarta del libro rosso e nero[iii], sottintendeva il seguente messaggio:

L’opera d’ingegno umano che reggiamo tra le mani è la vita stessa dell’uomo in copertina, le sue idee, l’evoluzione del suo pensiero. Se il simpatico uomo accusante in copertina non ci piace, non potrà piacerci il suo libro. In queste pagine lo sentiremo criminalizzare, spiegare, recriminare, divertire se stesso e noi, rallegrarsi e rallegraci, monologare e quant’altro, su politica, economia, umanità. Ci sentiremo dire che siamo pigri, che stiamo sbagliando del tutto modello di vita, non solo politica estera o di mercato, che non stiamo facendo niente per noi stessi. Per i nostri figli. Che la tecnologia quando sfrutta e inquina e logora e consuma fa male, ma se aiuta – come certi aspetti di internet –, se denuncia in maniera costruttiva fa bene. Sul libro che c’era una volta, c’era scritto che tra le righe di questo volumetto qualcuno ci rivelerà che siamo colpevoli di silenzio-assenso. Nessuno di noi – o quasi – potrà difendersi da tale accusa. Siamo pronti?

 

Il silenzio-assenso è una vergogna di quello che è la grande trappola su cui stiamo cadendo tutti, cioè capovolgere il procedimento giuridico, l’onere della prova, spetta sempre a te. Hanno cominciato mandandoti un libro e se non dicevi nulla era tuo, e stanno finendo con un fegato che te lo prendono se non dici niente ed è tutto così. Ti mettono una tecnologia che è cancerogena e spetta a te dimostrarlo […]. Sta sempre a te dimostrare l’effetto che questi strumenti riverberano su di te. Se non dici niente accetti e se invece dici qualcosa, sta a te dimostrare il contrario.[iv]

 

Ragionateci su, ci dice la quarta, prima di leggere. Considerate se veramente vi va di sapere.

 

Sulla prima bandella, quella collegata alla copertina, i curatori[v] ha redatto una sorta di sommario con nomi e date, tutto a proposito del faccione in copertina. Sulla seconda, ancora qualcosa sul libro. In basso a destra scopriamo che la foto dell’uomo in copertina è firmata Bob Krieger. Quindi, un marchio di proprietà. Una casa editrice, Feltrinelli. E adesso, siete tu e il libro.

 

 

2. Il clown degli uffici presidenziali galleggianti

 

Ai tempi della lottizzazione c’era spazio per Montanelli, Biagi, San toro, Vespa, Fo, Grillo, Feltri, Ferrara, Lerner, Minoli e tanti altri. In tre anni (2001-2004) il governo Berlusconi ha desertificato la tv e assassinato la libera informazione. Neanche gli indici di ascolto sono graditi, anzi diventano una colpa. […] Storie grottesche, tragicomiche, incredibili e vergognose di un regime mediatico che condanna i cittadini a non sapere e a non pensare.[vi]

 

C’era una volta questo libro e dentro, l’uomo. Ho aperto, spalancato le pagine per prendere aria. Mi ha invaso un buon odore, di nuovo. Il primo capitolo si chiama Beppe Grillo Show. Risale alla fine del 1993, data che segna il ritorno del faccione in copertina sul piccolo schermo dopo un periodo di lungo silenzio. Di lungo rimprovero. Qui viene raccontato come il comico rivoluzionario abbia dovuto “scontare” la prolungata condanna della censura. Adoperano proprio il termine scontare, e lo virgolettano, perché colpisca di più e non risulti polemico. Non perché il vocabolo in questione sia in qualche modo un’iperbole. Tale nomenclatura mi ha fatto tornare in mente altri nomi, altri comici, altre censure. Anzi direi cesure. Al sud si dice “quel tizio mi ha tagliato le gambe”, per dire mi ha distrutto la carriera, il futuro. Oppure si dice “ti spezzo le gambe”, per significare ti faccio male, fisico o morale. O ancora “ti sparo alle gambe”. Ti “gambizzo“. Non è più allegoria, a questo punto. Quando te lo dicono, poi sparano davvero. Se non scappi, sparano. E poi se ne vanno. Scappano loro. Nessuno li prende, di solito. Di certo, ormai, tu non li prendi più.

Mi sembra che abbiano tentato di “tagliare”, di “spezzare”, di “gambizzare” l’uomo di cui sopra. Ma mi sembra anche che non ci siano riusciti.

Cosa c’è dentro questo libro, dal punto di vista, come dire, contenutistico? Lo sanno tutti.

 

[…] il libro propone una carrellata di monologhi e lunghi segmenti, a partire dallo spettacolo al Teatro delle Vittorie del novembre 1993, che segna il ritorno di Grillo in Rai dopo il lungo periodo di censura totale, fino a Beppegrillo.it, svoltosi al Palaeur di Roma nell’aprile 2005. Da Tangentopoli allo scandalo Parmalat, dalla crisi energetica al terrorismo, dalla pubblicità alle televisioni, dall’economia alla politica l’ironia di Beppe Grillo abbraccia l’Italia e il mondo e non risparmia nulla e nessuno. […]

 

[Nel volume sono presenti anche] undici dei principali articoli pubblicati da Grillo sulla stampa italiana dal 1993 al 2006.

 

Va da sé che i monologhi teatrali variano secondo la “piazza”, la reazione del pubblico e gli interventi progressivi dell’autore. La scelta delle versioni che compaiono in questo libro è stata condotta secondo un criterio non filologico.[vii]

 

Non filologico, leggo, non linguistico. È vero. Però questo libro fa bene. Si legge con piacere. Tutto d’un fiato. Fa riflettere. Forma. Colpisce e diverte. Appassiona. Seduce. Come l’altra letteratura. Come la buona letteratura. È questo che conta. Tutto il Grillo che conta.

 

Cosa c’è ancora in questo libro, oltre quanto detto – e oltre una sorta di prefazione storica a ogni capitolo, molto interessante a mio avviso, che contestualizza e precede ogni monologo teatrale (e che mi sembra tra l’altro una utilissima trovata, ottima anche per ricordare, almeno a me, un po’di storia del nostro Paese) –; cosa nasconde questo volumetto dal punto di vista, come dire, semantico, letterario, umano, politico, sociologico, da un punto di vista sensoriale, emotivo-emozionale? La storia umana dell’uomo in copertina, il signor Beppe Grillo in persona, un signore. Una sorta di messia del nostro millennio. Un profeta della verità. Un oracolo sudato, un po’ grasso e di certo invecchiato, come dice lui stesso in uno dei suoi Discorsi all’Umanità, quello del 2000, andato in onda qualche tempo dopo quello del vero Presidente, il 31 dicembre su Tele+, protagonista un Grillo vestito di tutto punto, bardato da Presidente, che ci parla, con tanto di bandiera italiana ed europea erti come mastini al suo fianco, da un set che ricalca in tutto per e per tutto un ufficio presidenziale. Nel corso del monologo, la scena viene completamente inondata d’acqua, prendendo però di sorpresa il pubblico, che se ne accorge solo quando “è ormai troppo tardi”. Durante gli ultimi minuti, infatti, ogni cosa – i mobili, le sedie, le bandiere, la scrivania, persino lo stesso, impavido, imperturbabile Grillo (che nel momento in cui il discorso viene trasmesso è in salvo a Milano, al Palavobis, a festeggiare l’arrivo del terzo millennio) –, finisce per fluttuare e galleggiare e annaspare, mentre il mondo va alla deriva insieme a noi. Questa scena in particolare, chissà perché, mi ricorda un passo di It, celebre romanzo di S. King, nel quale il clown con denti da vampiro – che sia Grillo? –, prima di uccidere il fratello minore del protagonista, lo attira verso un tombino nel quale ha nascosto il suo palloncino colorato mentre recita, a proposito della sorte degli altri bambini scomparsi, Galleggiano, Ben, galleggiano tutti, e adesso, galleggerai anche tu...

 

 

Il profeta bombarolo

 

«Coi miei spettacoli io cerco di stimolare la gente ad avere senso critico, perché c’è davvero il rischio che venga a mancare la capacità di intendere e di volere… Sono un carbonaro, un solitario, sono un clandestino pubblico… Cortei, manifestazioni, girotondi, moscacieca, palla avvelenata non servono, il pericolo è la rassegnazione: quando uno si rassegna si dimentica del perché si è rassegnato. Dicono che la maggioranza degli italiani è contenta: non è vero, è solo rassegnata.»[viii]

 

Il gentiluomo del libro, tale signor Beppe Grillo, è una sorta di profeta senza tempo cerebrale. Nonostante sia un po’ invecchiato nel fisico – così lo stesso Grillo –, placidamente invecchiato, direi io, naturalmente vissuto, il suo sguardo rimane arzillo e furbo, a un tempo minaccioso e ilare. Come un tempo. Gli occhi che “il Savonarola del Terzo Millennio”[ix] ci scaglia contro oggi, abbracciandoci con forza, sono gli stessi, penetranti, occhi– non in senso sessuale – che lo aiutarono a passare il suo primo provino, nel lontano ’77. Un profeta, dicevo, un salvatore che si diverte a inondare di sudore il suo pubblico, un vate che, invasato e divertito, arrabbiato e allegro, mai auto-compiaciuto, predica i suoi sermoni sulla giustizia e contro lo strapotere dei pochi infuriandosi tra la gente, nei teatri come in piazza, dentro i tendoni come dentro gli scioperi, su internet, tra di noi; insieme agli operai della Fiat in protesta, per esempio, ai quali dice, cito a memoria (per cui potrei sbagliare parole, ma non messaggio), Signori, gli strumenti per fare una macchina a idrogeno, una macchina che non usi petrolio, che non danneggi l’ambiente, ce li abbiamo. Se voi la montate, se voi la auto-producete – e si può, l’ha già fatto un signore in Svizzera, inoltre ne esistono modelli italiani risalenti agli anni Trenta (agli anni Trenta, vi dico, io li ho visti, me li hanno fatti visitare, custoditi nei musei della Fiat!) –, io ci metto la mia faccia, come sponsor, per farvela vendere.

Allora Grillo non è dovunque solo per predicare. È in ogni luogo per fare. Grillo attacca, distrugge, dilania, ma non fa solo questo. Dopo la distruzione, dopo la deflagrazione dall’interno – tipo il mostro ecologico di Punta Perotti che rovina su stesso, irrimediabilmente al suolo –, il comico genovese costruisce, ogni volta, un’opzione diversa, un modo differente e molto più – bello, felice, fertile? – di raccontare, di vivere attivamente il mondo. Come quando, a proposito delle industrie che producono, per esempio, contemporaneamente armi e cibo, Grillo propone che tale evenienza sia indicata, per legge,sul manufatto in questione, accanto alla composizione chimica –cioè la “componente di cancro legale che ti puoi prendere” – e oltre all’indicazione di quello che un cibo non contiene:

 

Ma ti sembra normale che sulle cose che compriamo ci mettono quello che non contiene? “Non contiene polifosfati.” Ma che cazzo mi frega di quello che non c’è? Ma non c’è nemmeno mia nonna tritata, suppongo. […] noi paghiamo un’industria del “non contiene”. Invece ci dovrebbe essere la legge, la politica – perché quando cominci a comprare, sei un soggetto politico, voti, è lì che voti… Via la composizione chimica. Chi se ne frega. Ci mettiamo su ogni prodotto la composizione del prezzo.

 

Allo stesso modo, Grillo non ha paura di attaccare nessuno e, con la stessa potenza, con la stessa verve di sempre, spara a zero su politici, capi governativi, giornalisti, economisti, sacrosanti organi ecclesiastici eccetera.

 

La chiesa ormai agisce come la Ford, come la General Motors, è organizzata così. La chiesa ha perso questo contatto evangelico con la gente, mantenendolo solamente attraverso gli “eretici” della chiesa che sono i frati comboniani, Alex Zanotelli, i Beati i costruttori di Pace, quelli del Commercio Equo Solidale. Ormai ci sono gruppi base, sparsi, che fanno quello che dovrebbe fare la chiesa. E la chiesa si sta muovendo in tutte le direzioni, dall’informatica alla televisione, alla radio,… perché l’unica forma di consacrazione del potere è attraverso un Media, se non ce l’hai non hai nessun potere. [x]

 

 

3. Prima della favola.

Ecco cosa c’è dentro il libro che c’era una volta. E siccome anch’io, nel mio piccolo, sono una cantastorie, oggi vi voglio raccontare proprio la storia di questo profeta riccioluto. E’ una storia bella. Una di quelle che non si sentono tutti i giorni. Una favola, più che una storia vera e propria, perché il finale è felice. I cattivi, purtroppo, non sono proprio tutti sconfitti, ma i buoni, senz’ombra di dubbio, alla fine vincono.

 

All’inizio, avevo intenzione di terminare la mia favola all’incirca nel novembre ’93, a Roma, nel Teatro delle Vittorie, quando cioè il libro che stringo tra le mani ha inizio. Poi però mi sono resa conto che magari sarebbe stato bello anche fare un salto nel ’98, per esempio, in quel di Assago, dentro l’Apocalisse Morbida. Era un momento importante, quello, per me e per l’eroe della mia storia.

Mi premeva, inoltre, innanzitutto, raccontarvi le avventure antecedenti l’infanzia del libro con la copertina rossa e nera (nessun riferimento di sorta: per me il colore è solo e sempre una questione di rifrazione della luce, mai di politica, o di altro), in cui il signore genovese era incorso – e sono tante! – in modo tale che il quadro storico fosse il più completo possibile, e prima di leggere sapessimo chi e come andavamo ad incontrare. Poi, però, è successa una magia. Mentre raccontavo la storia che viene prima di questo libro, il Grillo di oggi si è con-fuso con quello di ieri, e le parole, combinandosi, si sono mescolate le une con le altre. Le fauci del volumetto si sono spalancate autonomamente su di me, le pagine scorrevano avanti e indietro come pazze. Sembrava opera del diavolo (o dell’eroe della favola?). Poi, in un’improvvisa voglia di libertà, i fogli sono volati fuori dalla finestra, insieme a tutti gli altri documenti che avevo meticolosamente raccolto e catalogato per decifrare al meglio il messaggio intrinseco di Beppe Grillo. Sono andata in giardino a raccoglierli. I documenti c’erano tutti. Ma le date, le cifre, la cronologia di Grillo, da un certo punto in poi, aveva perso di aderenza con la realtà. Tutto si era mescolato con tutto. Rimaneva solo il messaggio, le parole, le azioni.

Adesso, devo ammetterlo, non so più cosa viene prima, e cosa dopo. Inizialmente, mi sono disperata. Poi però ho pensato che tale anomalo episodio poteva essersi verificato di proposito, non come frutto di un lampo di sfortuna o di una casualità. Ho riflettuto a lungo. E ho deciso. Forse, e dico solo forse, poteva trattarsi proprio di una magia coi fiocchi. Il signore con la faccia affabilmente scomoda e la mano destra ironicamente minacciosa – come di chi prometta, al massimo, una sonora sculacciata, come di chi ci rimproveri per “il nostro bene” – formare, probabilmente mi stava contattando in questo modo. Del resto, si trattava o non si trattava di un profeta bombarolo? Secondo me, con questa specie di magia, il signore della fotografia di Krieger mi diceva stai attenta, non è solo una questione di date e luoghi, e nemmeno di cosa è stampato meno nelle pagine: in questo mio libro c’è tutta la mia vita. Di conseguenza, non c’è né un prima né un dopo. Racconta di me, di quello che dico, di come lo dico, e avrai raccontato per filo e per segno tutto il libro. Allora, gentile pubblico in sala, in diretta dal libro che ora ho in mano, ecco a voi la storia di quel signore che sognava di viaggiare su automobili alimentate a energia solare. E che alla fine ci riuscì.

 

 

4. La favola. c’era una volta un uomo che teneva comizi dappertutto e che per questo dimenticava di tenere al guinzaglio i propri figli

 

Una voce fuoricampo introduce un filmato, specificando che si tratta di immagini che non saranno mai trasmesse dalla televisione italiana. Alcune persone denunciano come la General Electric sia una delle industrie maggiormente responsabili dell’inquinamento del pianeta. La sua produzione di armi nucleari e la quantità di rifiuti tossici prodotti hanno causato cancro e leucemie tra i suoi dipendenti. Il filmato termina sull’immagine di Paolo Fresco, ex vicepresidente General Electric e neopresidente Fiat.

 

Il 2 aprile 1998, al Filaforum di Assago (Milano), mentre io avevo quasi diciannove anni, un omino di mezzo secolo – anzi non un omino, né un omone, un uomo, ecco –, capelli ricci brizzolati (tempo un minuto, e li vedrete grondare di sudore), ventre prominente, incedere agguerrito, viso paffuto, occhi sfolgoranti, barba semi-incolta, faceva il suo ingresso sulla scena. Vestito da frate, capo coperto con pochi riccioli a far capolino dal cappuccio, insieme agli occhi umidi, l’uomo indossava un saio di iuta. Camminava appoggiandosi al bastone. La pancia voluminosa completava il quadretto medioevale, sembrando indispensabile alla credibilità della trasformazione. L’uomo incappucciato era l’eroe della nostra storia, tale signor Beppe Grillo da Savignone. Lo spettacolo cui stavamo per assistere, invece, si chiamava Apocalisse Morbida, in riferimento a un nuovo evo oscuro e decadente. Il tragicomico giullare genovese, il “sovversivo della comicità italiana”, incedeva silenzioso, a grandi passi, sulla scena.

Chi è, quest’uomo? Ve lo dipingo con due pennellate rapide. Secondo sua moglie, la signora Grillo: E’ un uomo impossibile, non si può mai andare a far la spesa con lui, non vuole comprare mai niente. E poi, non gli si possono neanche affidare i nostri i sei figli, nemmeno uno, dico io, non tutti e sei. Ovunque vada, Giuseppe si mette a tenere comizi. Io mi preoccupo. Chi li guarda, i bambini, mentre mio marito parla?

Indirettamente, Grillo risponde all’affettuosa (?) accusa di sua moglie in un’intervista realizzata da Roberto Carvelli, scrittore, saggista e critico letterario.

 

La fai mai la spesa?

Sì, io vivo in campagna quindi c’è ancora un rapporto col negozietto che ci dà tutto. Poi mia moglie va a qualche supermercato o ad un hard-discount che però non è tanto fornito.

E che fai? eviti le grandi marche?

[…] All’inizio sì, ci ho provato a fare il boicottaggio: avevo costretto anche mia moglie che stava diventando matta perché ormai con le multinazionali i marchi non s’identificano più. Io c’ho messo una vita per non fargli comprare i pelati Cirio oppure la Nestlè, ma [poi] ti trovi l’acqua San Pellegrino che se la sono comprata senza dirti niente. Da qualsiasi parte tu li finanzi. […] Io ho fatto tradurre […] il libro di un tedesco, Hans Grimm, “L’imbroglio nella zuppa” (editore Andromeda), che finalmente fa nomi e cognomi […] Tu pensa che la più grande azienda alimentare del mondo è la Philip Morris, chi produce cibo […] sono ormai le grandi case farmaceutiche. La Shell ha il 90 % per cento di brevetti sui semi, l’Union quella di Bhopal ha il brevetto su quasi l’80% dei legumi, cioè dei serial killer hanno il brevetto sugli alimenti delle prossime generazioni. [xi]

 

Per completare la prima imbastitura della personalità del nostro eroe, è utile sapere che Grillo, prendendosi affabilmente gioco del suo pubblico, ama sottolineare in pressoché tutti i suoi spettacoli che la sua maniacale attenzione “a come viene speso il suo denaro” dipende esclusivamente dai natali genovesi. Non crediate che io stia qui a correre, sudare, indagare, cercare, verificare, dalla mattina alla sera, trecentosessantacinque giorni all’anno, solo per le vostre belle facce, o perché io sia un paladino della giustizia – sbraita Grillo masticando il palco e la platea con falcate da cavallo –, o perché io sia un santo o un martire o un prode guerrigliero! Se sto qui a pormi tante domande sull’economia – e non sono un economo, lo giuro, anche se mi sono diplomato in ragioneria – e la giustizia – e non sono un giudice, e si vede –, è solo perché sono avaro, spilorcio, pitocco, taccagno sino all’osso. Se non lo fossi, non sarei un genovese purosangue. E io ci tengo, a preservare le mie orgini. Ecco perché mi vedete incazzarmi tanto, tutto il tempo.

 

Questo è Grillo, il paladino della giustizia pura e limpida. Quella inviolabile, che non si lascia confinare in alcun luogo politico, sistema produttivo o legge di mercato. Quella che non si fa nei Tribunali o nei Palazzi. La giustizia immediata e libera, da lui sottratta con veemenza ai despoti, immediatamente ghermita e mai più riconsegnata, brandita abbracciata e spartita con il pubblico.

 

Mio figlio tutte le mattine da un anno si alza e mi guarda come dire: “C’ho già quarantadue milioni di debiti, c’ho anche il buco dell’ozono, chi cazzo lo paga il buco dell’ozono?”

 

Grillo, il comico col cognome da animale. Il tizio che da piccola mi pareva un pazzoide e uno sboccato. Meglio Drive In, con Fidanken: da grande dovevo “farmi suora”.

(continua)



[i] Nota per la comprensione del testo. Laddove non è indicato diversamente, le citazioni sono tutte evinte da Beppe Grillo, Tutto il Grillo che conta – dodici anni,…

[ii] Williams Shakespeare, King Lear [1.4.146-8]

[iii] il colore del libro non presenta alcuna allusione politica, né la mia scelta di chiamarlo in questo modo.

[iv] intervista di Francesco Comina apparsa su “Mosaico di pace” (settembre 1997)

[v] cura redazionale: Fausto Vitaliano; consulenza editoriale: Marco Morosini; cur.: Lorenzo Ruggiero

[vi] presentazione di Peter Gomez e Marco travaglio, RegimeBiagi, Santoro, Massimo Fini, Freccero, Luttazzi, Sabina Guzzanti, Paolo Rossi, tg, gr e giornali: storie di censure e bugie nell’Italia di Berlusconi. Postfazione di Beppe Grillo, Bur

[vii] da www.bol.it e www.internetbookshop.it, con i quali mi scuso per la fusione tra i brani citati, operazione che si è rivelata funzionale alla comprensione del testo, altrimenti ripetitivo e troppo lungo.

[viii] Beppe Grillo, 2002

[ix] Beppe Grillo, il Savonarola del Terzo Millennio, a cura di Lorenzo Baldo e Monica Centofante, intervista apparsa su “Nonsiamosoli”

[x] Beppe Grillo, il Savonarola del Terzo Millennio, a cura di Lorenzo Baldo e Monica Centofante, intervista apparsa su “Nonsiamosoli”

[xi] intervista di Roberto Carvelli apparsa su “Bella”


AUTORE: Beppe Grillo
TITOLO: tutto il grillo che conta – dodici anni di monologhi, polemiche, censure
CURA REDAZIONALE: Fausto Vitaliano
CONSULENZA EDITORIALE: Marco Morosini
CUR.: Lorenzo Ruggiero
CASA EDITRICE: Feltrinelli Editore, Milano,
DATA PRIMA PUBBLICAZIONE: aprile 2006
COLLANA: “Varia”
PAGINE: 280 pp.
VESTE GRAFICA: Brossura, con bandelle
IN COPERTINA: foto di Bob Krieger

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