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Matador

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L’inizio è da urlo. Diego Montes (un ex torero) è sulla sua poltrona. Gambe divaricate, televisione al centro. Sul video immagini agghiaccianti di donne uccise (tutte morti violente: soffocamento, impiccagione, ferite). Diego si sbatte vigorosamente l’uccello, arriva infine ad un orgasmo stratosferico.

Poi vediamo Diego, maestro di tauromachia, nella sua scuola mentre insegna come uccidere un toro ai suoi allievi. Almodovar, parallelamente alle parole del maestro, ci mostra una sequenza in cui una donna uccide un uomo come se fosse un toro. Mentre l’uomo sta venendo la donna lo pugnala (con uno spillone) dietro la nuca. Quello viene e poi se ne va (all’altro mondo).

Già in queste prime due sequenze c’è tutto il film.

La passione, quella che alimenta il cinema di Almodovar (ma che nel corso degli anni ha trovato una sua magnifica fluidità) è incontrollata, è motore dell’azione, è istinto sessuale implacabile, è melodramma autentico ed eccessivo, è ricerca di quell’attimo di perfezione in cui vita e morte trovano nel piacere un irripetibile punto di contatto.

Passione, poi, per il cinema. Per il melodramma (come genere) che Almodovar ama così tanto. Due omaggi su tutti. La foto di Ava Gardner e la proiezione di Duello al sole di King Vidor (tra l’altro uno dei film che sconvolsero Martin Scorsese quando era ancora bambino).

La sceneggiatura non possiede ancora l’omogeneità degli ultimi lavori del regista spagnolo, alcuni passi sono artificiosi (le visioni di Angel nel finale), alcune parti volutamente sopra le righe, il melodramma (come dicevamo) si confonde con il giallo e la commedia, un  insieme postmoderno lasciato però senza freni. Almodovar è ancora un regista “eccessivo”, cerca in ogni modo di colpire lo spettatore, che sia un pugno allo stomaco o alla morale, l’importante è non farlo rimanere freddo e insensibile.

Pedro appare in una sfilata di moda, aurea omosessuale e gran vitalità, battuta memorabile a due modelle che si bucano in un angolo – Le pere, per favore, andatevele a fare in bagno.

Ma detto con una leggerezza d’animo che ti fa capire quanto per quest’uomo sia la Vita la cosa più importante, in qualsiasi sua manifestazione.

La corrida, il toreare, la morte e il pericolo diventano componenti del rapporto sessuale (prima di tutto) che si viene a creare tra Diego e Maria Cardenal (l’avvocatessa che ha deciso di difendere Angel, un ragazzo che si era accusato dei crimini commessi da Diego, ma anche la donna che all’inizio avevamo visto commettere l’omicidio con lo spillone.) I due si scoprono come elementi inscindibili della loro follia erotica, raggiungere l’orgasmo e alla stesso tempo morire.

Diego arriva da un’incornata ricevuta in una corrida, ormai la sua libido è stata trasformata, si eccita solo con le donne morte. Per questo ha già ucciso e per questo si masturba vedendo film violenti.

Maria da parte sua è diventata una feticista di gran classe. Colleziona oggetti appartenuti a Diego, nella sua casa ha costruito un piccolo museo con le cose del torero.

Tra i due l’attrazione è irresistibile.

L’eclissi, diventa metafora di tutto questo. Dice Angel ad un certo punto – Quando due astri si sovrappongono, la loro luce sembra estinguersi, ma nella loro breve convergenza acquistano una nuova luminosità, nera e ardente.

L’eclissi quindi non è annullamento delle passioni ma il suo raddoppiamento. Nella scena finale si raggiunge il culmine, si raggiunge quell’orgasmo dei sensi aspettato per tanto tempo.

Maria e Diego sono sdraiati sul mantello di lui, quello da torero. Intorno hanno rose, poi sono nudi, bel primo piano del sesso di lei, Diego inizia a risalire con la sua lingua il corpo della donna. Pedro ci dà un assaggio di un erotismo reale, gran gioco di lingua di Diego sui capezzoli puntati di Maria. Poi i due iniziano a fare sul serio. E poi eccolo il momento meraviglioso di questo film, i due sono vicini all’orgasmo e nel momento in cui Diego viene dentro Maria, lei lo uccide con uno spillone e mentre Diego muore vede Maria spararsi in bocca.

Arrivo tempestivo della polizia con Angel (nel frattempo si era capito che era innocente). Il commissario vede i due cadaveri e sussurra – Non ho mai visto due persone così felici.

Amore e Morte hanno trovato la loro sublimazione. Almodovar è maestro indiscusso in questo, perché la sua vitalità è autentica, sanguigna, strabordante. Un film da guardare stando al gioco, lasciandosi deliziare dalle assurdità del regista spagnolo e allo stesso tempo rimanendone rapiti.

Il sesso in Almodovar è quanto di più bello esista, perché non ha paura di niente e trova nella passione (e nel cinema) la degna sublimazione di se stesso.

Quella di una vita che diventa morte, stretta in un abbraccio che ha il sapore dell’eternità.

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