luci e ombre del nuovo mercato comune
«Gli organismi che controllano i mercati praticano il terrorismo internazionale con tale gelida professionalità da far arrossire il più esperto dei bombaroli»
(Eduardo Galeano)
Il 28 giugno scorso l’Unione Europea e il Mercosur hanno concluso a Bruxelles uno storico accordo di libero scambio[1] che darà vita ad un mercato comune di oltre 780 milioni di persone.
L’attuale commercio bilaterale ammonta a 88 miliardi di euro all’anno per le merci e 34 miliardi di euro per i servizi. L’UE esporta nel Mercosur merci per un valore di 45 miliardi di euro all’anno e ne importa per quasi lo stesso valore (43 miliardi di euro). In termini di servizi, le esportazioni europee sono più del doppio delle importazioni: 23 miliardi di euro contro 11 miliardi.
Una volta entrato a regime l’accordo, comunque, saranno le imprese europee a godere dei maggiori benefici con un risparmio fiscale di almeno 4 miliardi di euro all’anno in dazi doganali, a parità di volumi trattati.
Da più parti si avanzano dubbi sull’efficacia di uno strumento atteso per vent’anni, che ne prevede altri 10/15 per la piena operatività e che de facto cristallizza una disparità tra le parti difficile da accettare nel lungo periodo.
I rapporti tra Mercosur e Unione Europea
Il Mercosur o Mercado Común del Sur[2] è il mercato comune costituito dal 26 marzo 1991 con il Trattato di Asunción: ad oggi ne fanno parte Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e Venezuela (quest’ultimo sospeso per scorrettezze sul mercato regionale nel 2017), mentre Bolivia, Cile, Colombia, Ecuador, Guayana, Perù e Suriname vi figurano come stati associati.
I paesi dei due blocchi contavano su profonde relazioni storiche rafforzate nel 1995 dalla firma dell’accordo quadro interregionale sulla cooperazione ritenuto pioniere giacché apriva tra di loro due importanti unioni doganali regionali.
L’obiettivo era quello di cementare i legami politici, economici, culturali e scientifici per poi giungere a liberalizzare gli scambi tra le due zone, in conformità con le norme dell’OMC.
Tra le tre sezioni del negoziato (politica, di cooperazione e commerciale), il capitolo agricolo è stato fin dall’inizio il più conflittuale.
Nella primavera del 2000, il Mercosur e l’UE hanno iniziato a negoziare la creazione della zona di libero scambio ma sono stati necessari quasi vent’anni per giungere all’approvazione dell’attuale testo.
I paesi dell’UE nel loro insieme rappresentano il primo partner commerciale per i membri del Mercosur e si giustifica dunque l’attenzione data al presente accordo anche se i suoi contenuti non sono ancora noti e i tempi di entrata in vigore appaiono lunghi.
L’accordo di libero scambio
Il testo definitivo dell’accordo di libero scambio non è stato ancora reso pubblico, ma la Commissione europea[3] ha diffuso un documento contenente i suoi principi guida che, insieme ai documenti preparatori delle varie fasi di negoziazione, permettono di offrire un quadro abbastanza preciso del mercato che si verrà a creare tra Sud America ed Europa.
Certo è che il Mercosur nel corso dei prossimi 10/15 anni abolirà la maggior parte dei dazi di ingresso sulle merci provenienti dall’UE permettendo alle imprese europee un risparmio di almeno 4 miliardi di euro annui con un indubbio impatto sulla competitività globale.
Verranno eliminati i dazi sul 91% dei prodotti industriali importati nel Mercosur, quali per esempio: autoveicoli (ora tassati al 35%), componenti automobilistici (tra il 14% e il 18%), macchinari (14-20%), prodotti farmaceutici (14%), tessuti e calzature (35%), maglieria (26%).
Anche il settore agroalimentare beneficerà della riduzione delle attuali tariffe doganali di ingresso nel Mercosur su cioccolatini e dolciumi (20%), vini (27%), alcolici (dal 20% al 35%) e bevande analcoliche (dal 20% al 35%).
L’accordo fornirà inoltre un accesso tax free e senza quote di contingentamento ai prodotti lattiero-caseari dell’UE (attualmente gravati da dazi del 28%), in particolare ai formaggi.
Per quanto riguarda le esportazioni dal Mercosur verso i mercati europei, l’accordo eliminerà i dazi europei sul 92% dei beni.
Inoltre, si ridurranno progressivamente sino ad annullarli i dazi alle esportazioni del Mercosur di materie prime quali pelle e pellicce (fondamentali per l’industria europea) e dei prodotti a base di soia.
Oltre alle politiche doganali, le parti riconoscono che la tutela della proprietà intellettuale è fondamentale per promuovere innovazione e creatività, nonché per garantire che le rispettive industrie rimangano competitive.
L’accordo include quindi solide disposizioni sulla proprietà intellettuale, diritti d’autore, brevetti, marchi, disegni industriali.
I paesi del Mercosur si impegnano ad applicare garanzie legali per la protezione di ben 357 prodotti europei con indicazione geografica (IG) fatti spesso oggetto di contraffazione. Tra questi il Tiroler Speck (Austria), il Fromage de Herve (Belgio), la Münchener Bier (Germania), il Prosciutto di Parma (Italia), la Polska Wódka (Polonia), il Queijo S. Jorge (Portogallo), il vino Tokaji (Ungheria), e molti altri.
Nuove opportunità si aprono anche nel settore degli appalti pubblici dal momento che le imprese europee potranno partecipare a condizioni di parità con le imprese dei paesi del Mercosur alle gare delle autorità nazionali. Anche i fornitori del Mercosur avranno accesso al mercato degli appalti delle istituzioni dell’UE e delle amministrazioni centrali di ogni Stato membro.
L’accordo contiene pure norme generali sul commercio elettronico che mirano a eliminare gli ostacoli ingiustificati, a garantire la certezza del diritto per le imprese e a creare un ambiente online sicuro per i consumatori in cui i dati siano adeguatamente protetti.
Altro capitolo importante è quello relativo alla libera circolazione di lavoratori professionali, manager e specialisti che le imprese dislocano nei paesi aderenti.
Un’attenzione particolare è riservata alle piccole e medie imprese (PMI) che rappresentano la maggioranza degli operatori economici tanto nel Mercosur quanto nell’UE: per loro sarà creato un portale specifico e istituito un “coordinatore delle PMI” da ogni parte per coordinare le modalità di cooperazione.
Rilevante è la sensibilità manifestata verso la protezione dell’ambiente e le condizioni di lavoro: sono previste apposite disposizioni per la piena attuazione dell’accordo di Parigi[4] sui cambiamenti climatici e la conservazione delle foreste, il rispetto dei diritti dei lavoratori e la promozione di una piena responsabilità sociale d’impresa, aspetti imprescindibili per uno sviluppo sostenibile.
Per la completa realizzazione del mercato unico, grande impatto avrà la parte dell’accordo relativa alle misure sanitarie e fitosanitarie per la sicurezza dei prodotti destinati all’alimentazione umana e animale. L’UE manterrà le sue strette norme e i paesi del Mercosur accettano di adeguarsi progressivamente a questi standard rafforzando la cooperazione tra le competenti autorità. Viene ribadito il “principio di precauzione”, per il quale le autorità nazionali hanno il diritto di agire per proteggere la salute umana, animale o vegetale, o l’ambiente, contro un rischio percepito anche qualora l’analisi scientifica fosse inconcludente.
Ultimo punto ma ugualmente rilevante, è la previsione di un meccanismo equo, efficace ed efficiente per la risoluzione di eventuali controversie dovessero insorgere in relazione all’interpretazione e all’applicazione delle sue disposizioni. Detto strumento garantirà che le parti rispettino pienamente gli obblighi previsti, in modo che le imprese, i lavoratori e i consumatori possano godere dei rispettivi benefici.
Luci e ombre di un accordo nato vecchio
Se questi sono i contenuti dell’accordo, non poche sono le luci e le ombre che da esso si diramano intorno.
In primo luogo, paiono eccessivi i vent’anni impiegati per giungere a firmarlo e gli ulteriori 10/15 ancora necessari affinché tutte le sue disposizioni entrino pienamente in vigore: tempi biblici a fronte di un colosso cinese che dal 2010 ad oggi ha già rinnovato e rinforzato due volte i propri accordi commerciali con i 55 stati dell’Unione Africana (UA)[5] e i 18 della CELAC[6], la Comunità di Stati dell’America Latina e dei Caraibi, senza eccessivi sforzi né inutile pubblicità.
Secondariamente, seppur dobbiamo riconoscere che l’accordo economico è solo una parte di un più ampio partenariato strategico Mercosur-UE che prevede pure un pilastro di dialogo politico e un altro di cooperazione su questioni locali, regionali e globali, non possiamo nascondere l’evidente disequilibrio delle condizioni imposte al futuro mercato comune che agevoleranno maggiormente gli operatori europei, confermando un modello di partenariato impari ormai anacronistico.
In terzo luogo, in questi tempi caratterizzati dal roboante protezionismo promosso dagli Stati Uniti e dall’incerto futuro dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC o WTO)[7], questo accordo rappresenta comunque una prova di fiducia per la gestione multilaterale della comunità internazionale. Solo la necessaria approvazione all’unanimità da parte degli stati membri delle due organizzazioni per il varo definitivo dello strumento attenua l’entusiasmo e induce torvi retropensieri.
Di positivo c’è che l’accordo rappresenta un chiaro impegno da parte di entrambe le regioni a favore del commercio internazionale basato su regole certe e condivise, offrirà alle imprese (europee in particolare) un netto vantaggio in un mercato dall’enorme potenziale economico e aiuterà (speriamo) a consolidare le importanti riforme e la modernizzazione in corso nei paesi del Mercosur.
Restiamo in attesa dei prossimi sviluppi.
[1] Cfr. il testo dei principi guida dell’accordo pubblicato dalla Commissione europea, in http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2019/june/tradoc_157964.pdf.
[2] Cfr. sito istituzionale del Mercosur, in https://www.mercosur.int.
[3] Cfr. sito dedicato, http://ec.europa.eu/trade/policy/in-focus/eu-mercosur-association-agreement.
[4] Cfr. Caocci D., L’Accordo di Parigi contro il riscaldamento globale, novità e debolezze, in KultUnderground, n.246, gennaio 2016, in https://www.kultunderground.org/art/18241.
[5] Cfr. sito istituzionale dell’Unione Africana, https://au.int.
[6] Cfr. sito istituzionale della CELAC, http://celacinternational.org.
[7] Cfr. sito istituzionale dell’OMC, https://www.wto.org.