KULT Underground

una della più "antiche" e-zine italiane – attiva dal 1994

Computer, creatività e neuroscienze

4 min read

Qualche benpensante continua a storcere il naso di fronte all’ipotesi che gli studi umanistici e la creatività si possano giovare dell’informatica. In realtà fin dagli esordi del virtuale si è operata tra gli studiosi della letteratura una vera e propria rivoluzione tanto da poter affermare che l’ambito della ricerca si è completamente trasformato, sotto l’influsso delle nuove tecnologie che hanno apportato facilitazioni e vantaggi.

La pubblicazione di biblioteche virtuali, vocabolari storici, banche dati dedicate, le possibilità d’indagine, comparazione e catalogazione, offerte alla lessicografia, alla filologia e, in una sola parola, alla rilettura e rielaborazione dei testi antichi, hanno creato una generazione di esperti e una nuova scienza: l’umanesimo informatico. Molte università pertanto cominciano a pretendere che i laureati in lettere siano in grado di gestire i dati e di accedere alla messe di opportunità e documentazione offerta dalla rete.

Sebbene il gap tra chi si serve o meno dei nuovi sussidi sia legato all’età, è giusto rilevare che troppi fra i laureati in materie umanistiche nutrono avversità per i computer e molti non provano nemmeno ad usarli, privandosi di quell’opportunità miracolosa che è internet.

Per la verità il dibattito sul rapporto scienze umane-computer-estro creativo trova la sua massima esplicazione nel campo dell’educazione. Da anni, alcuni cosiddetti esperti, per fortuna diventati minoranza, vanno preannunciando la crescita di una massa di bimbi stupidi, senza fantasia e senza capacità di risposte innovative, emotivamente anestetizzati, mentre le indagini internazionali continuano a riferire che il quoziente intellettivo dei bambini aumenta in maniera esponenziale nei Paesi in cui è più capillare la diffusione del computer per svago o come sussidio didattico.

I livelli più alti nella risposta ai test d’intelligenza viene raggiunto da decenni dai bambini giapponesi e ormai dobbiamo dire orientali, vista l’espansione delle macchine in quell’area, e tuttavia si contano ancora categorie diffidenti, soprattutto persone avanti in età, che provano sussulti di fronte al computer, come li avrebbero, immagino, per qualsiasi altra novità. È probabile che l’innovazione in generale sia percepita da taluni soggetti come una minaccia ed essi quindi non fanno che denunciare col rifiuto le proprie paure inconsce e la propria inadeguatezza ad accogliere la trasformazione dei tempi.

Se pure il computer fosse una sciagura per i bimbi, occorre far risaltare un’altra verità: tutte le tecnologie di qualche rilevanza finiscono alla fine con l’imporsi, come in passato è accaduto, per esempio, con la televisione e quindi è bene fronteggiarle con spirito critico ma senza catastrofismi, appropriandosi dei nuovi linguaggi in modo da utilizzarli per i nostri fini.

Molti dunque accettano il mezzo come una iattura, convinti che mortifichi la parte nobile dell’essere umano, ma il problema è mal posto, nel senso che è il computer al momento a non possedere capacità creativa perché non si è ancora capaci di configurare i voli della mente in un algoritmo matematico, utilizzabile da una macchina seppure sofisticata.

La creatività rimane perciò esclusiva dell’essere umano e l’interazione con strumenti non può che migliorarla, se beninteso l’individuo possiede talento per l’esercizio della fantasia, che può prendere spunti anche da un oggetto di plastica e silicio.

E. Goldberg, uno dei maggiori neurologi mondiali, direttore dell’istituto di neuropsicologia alla N.Y. university, ha elaborato il concetto del cervello dinamico a tutte le età, ossia una funzione migliorabile con esercizi specifici come avviene con i muscoli del corpo. Addirittura il neurologo parla di cognitive fitness, appunto di un allenamento per potenziare in maniera specifica i rapporti tra neuroni e sinapsi.

In questo senso un computer è utile sia come sistema per esercitare le peculiarità cognitive e i legami cerebrali, sia nei casi di vero e proprio deficit, per la sua intrinseca capacità di immagazzinare un numero illimitato di esercizi utilizzabili in età avanzata o in età scolare.

Come un bastone aiutò, con l’esercitare la facoltà prensile dell’ominide, lo sviluppo del cervello, il computer allo stesso modo non è un mezzo neutro, ma svolge la stessa opera di sostegno e sviluppo di attività cerebrali, come l’attenzione, la memoria visiva, la velocità della risposta, lo spirito della ricerca, ecc.

Anche i tanti artisti e dilettanti, dal grafico allo scrittore, davanti ai pixel del proprio monitor, migliorano il livello della prestazione. La possibilità di accedere durante la scrittura al correttore ortografico, al vocabolario dei sinonimi e dei contrari, alla rettifica immediata di una frase ha dato un’accelerazione allo stile, tanto che i più sensibili a questo tipo di valutazioni sono in grado di distinguere una scrittura tradizionale da una computerizzata che corre a perdifiato.

La produttività cresce in maniera continua. Il flusso creativo non si interrompe per vari motivi: i tasti basta solo sfiorarli e la distanza tra le idee e il loro concretizzarsi in inchiostro virtuale è quasi contemporaneo. Le correzioni eventuali non deturpano la pagina ma la lasciano nitida e leggibile come prima.

L’assetto del pensiero, subito tramutato nella sua rappresentazione, di sicuro sollecita e velocizza aree del cervello che una risonanza magnetica potrebbe illuminare, creando una sorta di circolo virtuoso tra lo stimolo e la sua elaborazione cerebrale.

Giova poi valutare, in una società con alto numero di persone anziane, quanto sia semplice scrivere al computer piuttosto che con una penna, che richiede uno sforzo e una padronanza della mano e della vista che possono con l’età diventare incerte e, in effetti, si sono concretizzati sporadici tentativi per alfabetizzare i nonni, iniziative di cui peraltro da qualche tempo non si parla più.

Le argomentazioni espresse sembrano banali e ovvie a coloro che hanno indissolubilmente legato la propria vita professionale e non all’uso del computer, ma probabilmente si dovrà attendere la prossima generazione per far tacere la diffidenza ancora molto diffusa e sperare che le nuove tecnologie si adattino ad un uso generalizzato, in tutti i settori della società.

Commenta

Nel caso ti siano sfuggiti