Rai nasce a Lodi, nel cuore della Pianura Padana, dove la nebbia, le nutrie e interminabili distese di campi offrono uno spettacolo molto simile a quello delle Pampas Argentine. In bianco e nero però e decisamente fuori fuoco.
Con le sue prime band suona musica folk e popolare, che lo porta ad esibirsi in svariate occasioni in tutto il nord Italia. Poi nella sua vita irrompe il rock e Rai scopre una nuova forma di espressione fatta di chitarre elettriche distorte e parole graffiate, figlie di un dissidio interiore difficilmente sanabile a quell’età. Sono gli anni in cui il grunge di Seattle muove gli ultimi colpi di coda. Inizia così la sua avventura come cantante/chitarrista nei Sindrome Moebius e poi nei Julius. In entrambi i casi la formula è quella del power trio introverso, in rotta con il mondo intero, ma tutto sommato vittima di un romanticismo cosmico.
Nel frattempo studia come Tecnico del Suono e inizia a lavorare in alcuni tra i più prestigiosi live club di Torino e Milano. Il fuoco post-adolescenziale cede il passo ad un’attitudine molto più vicina alle correnti intimiste shoegaze, ad atmosfere più soffuse e dilatate e alla psichedelia fatta di lunghi riverberi e delay. Inizia quindi la sua avventura come polistrumentista (chitarra elettrica, flauto traverso, ukulele e seconda voce) insieme a Letlo Vin, che culmina con l’album “Songs For Takeda” e un centinaio di concerti in tutta Italia.
Decide quindi di dar vita ad un piccolo studio di produzione musicale: il Micro Silent Studio. È qui che inizia a sperimentare servendosi dell’elettronica: synth ingombranti su basi ritmiche serrate e la ricerca continua di un proprio carattere, di un linguaggio più pop(olare), senza però rinunciare allo spessore dei contenuti. Il risultato sono 6 brani che andranno a comporre l’ep “Aveva Ragione Cobain”, in uscita per New Model Label il 23 Marzo 2018. Canzoni che parlano prevalentemente del rapporto con le proprie emozioni, in un’epoca storica in cui instaurare una relazione stabile con se stessi non è sempre così semplice, se non si usa l’ironia. L’ep è stato registrato e prodotto da RAI e masterizzato presso gli Alpha Dept Studios da Andrea Suriani.
Intervista
Davide
“RAI” perché ti chiami Raimondi, ma anche come le Radio Audizioni Italiane. E il monoscopio della RAI è rappresentato nella stampa della label del cd. Un altro monoscopio è quello della copertina. Sul retro la grafica ricorda quella del televideo. Perché tutti questi precisi richiami al mondo della televisione nazionale?
RAI
Esatto. Rai è il nome con cui mi hanno sempre chiamato gli amici. Tuttavia, mentre nascevano i primi brani di questo EP, pensavo che avrei dovuto presentarmi con un nome diverso…Un nome che per me fosse stato significativo, ma che nello stesso tempo avesse lasciato una sorta di alone di mistero attorno alla mia reale identità. Avevo pensato a The One Who Knocks, traendo spunto da una serie tv (Breaking Bad) che in qualche modo mi aveva trasmesso e lasciato molto.
Poi, una volta terminato il disco, ho riflettuto sul fatto che in fondo non avrebbe avuto molto senso nascondermi dietro a un nick, quando quello che avevo fatto fino a quel momento era stato mettermi a nudo, canzone dopo canzone. Volevo arrivare in modo diretto, proprio come la mia musica, a chi fosse stato disposto ad ascoltarmi. Così ho pensato di propormi con il nome che già molto tempo prima le persone che mi erano più vicine avevano scelto per me. Semplicemente Rai.
La paranoia di chiamarmi come la Radio Televisione Italiana però non si è fatta attendere. E dopo un primo momento di dubbio, ho pensato che con questa omonimia avrei invece potuto giocarci, creando un interessante contrasto tra ciò che Rai poteva rappresentare nell’immaginario comune e il progetto musicale che io avrei proposto, appartenente ad un mondo totalmente differente. Da qui l’idea del monoscopio e della test card per la grafica del cd: niente di più pop, d’altronde. E simboli cult di una generazione (la mia) che ha vissuto sulla propria pelle il passaggio dall’era analogica a quella digitale, con tutte le implicazioni socio/culturali del caso.
Davide
In cosa aveva ragione Cobain?
RAI
Non voglio togliere la sorpresa a chi ancora non ha ascoltato il disco…La risposta sta nella traccia numero 5 (Aveva Ragione Cobain, appunto), che poi è anche quella che dà il titolo all’EP.
Davide
Nella tua biografia sono evidenziati alcuni passaggi importanti dal folk degli inizi al grunge e allo shoegaze fino a questo tuo debutto elettropop. Insomma, dall’acustico all’elettrico e dall’elettrico all’elettronica. Cosa mancava ad ogni passaggio rispetto al periodo precedente e cosa vi hai trovato fino a questo approdo?
RAI
La mia maturazione personale, insieme a un continuo desiderio di esplorazione (e forse anche a un’inquietudine mai totalmente sopita) hanno sicuramente contribuito a tracciare questo mio percorso musicale. Col tempo ho imparato a osservare le cose da diversi punti di vista e spesso la musica è stato il mio strumento per decodificarle.
L’approdo all’elettropop non è detto che sia un punto di arrivo, quanto piuttosto la prospettiva da cui mi guardo intorno in questa fase della mia vita.
Davide
Cos’era la rabbia di prima, quale nuova emozione/strategia cerebrale predomina oggi in te per reagire alla vita con la musica e per affrontare le incertezze del mestiere musicale?
RAI
La rabbia di prima era il fuoco post adolescenziale, che aveva trovato nel grunge una valvola di sfogo perfetta. Rabbia forse figlia di una sensazione d’impotenza, generata da certe situazioni che la vita ci impone e che spesso non è possibile cambiare… Poi, per non soccombere all’estremo dispendio di energie psicofisiche che la rabbia richiede, ho imparato l’ironia. Amara, a volte. E in questo disco ce n’è parecchia.
Per quanto riguarda invece le incertezze del mestiere musicale sinceramente non mi spaventano più di tanto. Lavoro nel campo della musica da oltre dieci anni come tecnico del suono freelance e di sicurezze non ne ho mai avute. Diciamo che ci sono abituato e non penso che il lavoro del musicista sia molto diverso, da questo punto di vista. Si cerca sempre di fare del proprio meglio, sperando che i frutti vengano poi apprezzati.
Davide
Cosa intendi per “sperimentare” senza tuttavia rinunciare a un linguaggio più pop(olare)?
RAI
Diciamo che l’eccessiva staticità alla lunga mi annoia. Per questo mi piace reinventarmi ogni tanto, anche sotto l’aspetto artistico. Penso sia un buon esercizio per mettersi sempre in discussione.
La stessa cosa vale per i testi delle mie canzoni. In passato ho forse abusato di un linguaggio a volte troppo criptico, che non permetteva una totale comprensione di ciò che volevo comunicare. Ho quindi trovato la soluzione nell’immediatezza del pop e nella sua forma più semplice e diretta, pur trattando argomenti non sempre facili.
Davide
Leggo che hai lavorato in prestigiosi club a Milano e a Torino. Quali delle due scene notturne ritieni più interessante e stimolante?
RAI
A Torino ho vissuto poco più di un anno, ma un po’ ci ho lasciato il cuore. Sarà che mi ero appena laureato e ho vissuto quel periodo con un certo senso di leggerezza e libertà, ma la ricordo come una città ricca di stimoli e di fermento per quanto riguarda la scena musicale e dei concerti. Inoltre, ho avuto la fortuna di fare il mio stage presso l’Hiroshima Mon Amour (locale storico di Torino) proprio durante la stagione in cui si festeggiava il ventennale dalla sua fondazione, per cui era stata prevista una programmazione live particolarmente ricca e di qualità.
Anche Milano è una realtà interessante che non manca di stimoli, nonostante io abbia un po’ l’impressione che siano spesso relegati solo in alcuni ambienti, che col tempo sono diventati vere e proprie oasi culturali all’interno della città. Ecco, forse Milano è più settoriale di Torino, anche per quanto riguarda la musica.
Davide
Se non fosse esistita la musica, dicono gli scienziati dell’Università di Oxford guidati da Jeremi Montagu, non sarebbe esistita la società stessa. O non la stessa società che oggi conosciamo. La musica unisce da sempre le persone. “La musica porta a legami stretti, come ad esempio il legame tra madre e figlio o tra membri dello stesso gruppo. Permette anche di trasformare un lavoro ripetitivo da noioso a sopportabile e aiuta tutti a muoversi insieme, aumentando la forza del lavoro. Ed è possibile che la musica sia stata fondamentale nel creare legami come la famiglia se non addirittura la società stessa. Se non ci fosse stata la musica gli individui, forse, sarebbero stati molto meno socievoli e molto più solitari”. A cosa serve la musica secondo RAI?
RAI
Condivido abbastanza questo punto di vista. Io stesso sono una persona piuttosto introversa e la musica è sempre stata il mio ponte di comunicazione col mondo esterno. In certi momenti mi è capitato addirittura di sentirmi compreso più da una canzone, che dalle persone con cui mi relazionavo. La musica può emozionare o far riflettere…Ma è quando diventa empatia che secondo me si realizza nella sua essenza più profonda.
Davide
Cosa seguirà?
RAI
Nel breve periodo tanti concerti, spero. In questo momento sto preparando il live…E non è un’operazione molto semplice! Sto lavorando sui pezzi perché tutto sia perfetto e pensando a qualche “effetto scenico” per realizzare un vero e proprio spettacolo musicale.
Nel lungo periodo (ma forse nemmeno troppo), ho già in mente alcune bozze per qualche nuovo brano. Se tutto va bene è in arrivo anche un videoclip, tratto dal mio primo singolo!
Tante novità, insomma…Su cui è possibile rimanere aggiornati mettendo un “like” alla mia pagina facebook: www.facebook.com/essererai
Davide
Grazie e à suivre…