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Quando il diritto coglie i cambiamenti sociali

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lezioni dall’America latina

«La única adicción buena es el amor»
(José Mujica, ex presidente dell’Uruguay)
 
La notizia è passata quasi in sordina ma lo scorso 3 giugno a Medellin, in Colombia, tre uomini, Manuel Bermúdez, Alejandro Rodríguez e Víctor Hugo Prada, hanno perfezionato tra di loro un regolare contratto matrimoniale[1] divenendo la prima “terna” legalmente unita al mondo: per essere più precisi e utilizzando i termini dell’atto sottoscritto dalle parti, hanno costituito una “trieja” (neologismo spagnolo per indicare l’unione di tre persone) specificando che «si las parejas son de dos, las triejas son de tres» («se le coppie sono formate da due soggetti, le terne lo sono da tre»).
Lasciando momentaneamente a latere le questioni inerenti la natura giuridica dell’istituto del matrimonio nei differenti ordinamenti e la parificazione delle unioni omosessuali alle etero[2], questo è solo uno degli esempi della capacità dei paesi dell’America latina di reagire ai cambiamenti della società e dotare i propri sistemi legali delle necessarie norme.
 
America latina: casi di riforme d’avanguardia  
Il noto brocardo latino «Ubi societas, ibi ius» («Dove esiste una società, lì vi è un diritto») comporterebbe come conseguenza la plasticità degli impianti normativi statuali per permettere di trasformarsi al passo con i tempi per regolare le cangianti manifestazioni della convivenza civile, cogliendo la sensibilità, positivizzando le consuetudini, normando il quid novi che scienza e tecnica producono.
In questo senso, i giovani paesi dell’America latina, dopo le lotte d’indipendenza dalle monarchie europee agli inizi del XIX secolo, hanno subito manifestato una vivace ricettività delle emergenti richieste sociali.
Si pensi per esempio che il primo paese al mondo ad abolire l’istituto della schiavitù fu Haiti nel 1804, nel medesimo atto con il quale si dichiarava indipendente dalla madre patria francese, e il primo ad abolire la pena capitale dal codice penale fu il Venezuela nel 1863.
Poi, purtroppo, le vicende storiche della regione hanno riesumato o riproposto sotto differenti forme più o meno istituzionalizzate sia il lavoro servile che la pena di morte, ma il primo passo si mosse da queste terre.
Nel XX secolo, la onda progressista continuò in Uruguay dove nel 1907 si approvò la legge sul divorzio implementandola nel 1913 con la possibilità di giungere allo scioglimento del vincolo matrimoniale per la sola volontà della moglie; nel 1915, venne stabilita la giornata lavorativa di otto ore; e nel 1927, si riconobbe il suffragio elettorale femminile.
A Cuba, dal 1965 è stata legalizzata l’interruzione della gravidanza, senza restrizioni sino al terzo mese, con l’intervento di una commissione medico-psicologica oltre.
A partire dagli anni ’70, molti paesi della regione hanno visto l’ascesa alla presidenza delle donne: primato mondiale assoluto all’Argentina con Isabel Perón (1974), a seguire Lidia Gueiler Tejada in Bolivia(1979), per arrivare ai giorni nostri a Cile, Costa Rica, Brasile e nuovamente Argentina con esponenti del “gentil sesso” che hanno guidato le sorti delle loro nazioni.
Ultimo ma non meno rilevante caso, la legge sull’eutanasia assistita in Colombia dove dal 2015, seguendo un preciso protocollo[3], è possibile accedere a questa pratica per malati terminali consenzienti.
 
Materie sensibili: cannabis di stato, aborto, matrimoni egualitari
Temi molto sensibili e fonte di violenti confronti in tutto il mondo sono sicuramente quelli legati alla liberalizzazione e controllo della vendita e consumo di droghe leggere a scopi terapeutici e personali (la cosiddetta “cannabis di stato”), alla depenalizzazione e regolazione dell’interruzione di gravidanza e alla possibilità per persone dello stesso sesso di formare una famiglia (accesso al matrimonio con conseguenti diritti e doveri reciproci, adozione).
Indubbiamente negli ultimi vent’anni, con la fine della stagione delle dittature militari e l’avvento dello stato di diritto, molti governi progressisti latinoamericani hanno tradotto in leggi i cambiamenti che la società globale sta vivendo.
I cambiamenti sono generalizzati anche se non tutti i paesi della regione procedono al medesimo ritmo e il loro esempio può fornire un utile ventaglio di possibilità anche ai legislatori europei, nazionali e di Bruxelles.
Iniziando dall’Uruguay, la prima normativa sulle unioni civili omosessuali risale al 2008, l’anno seguente si aprirono le adozioni e nel 2013 vennero equiparate ai matrimoni.
L’autentico primato della piccola repubblica sudamericana è rappresentato da essere il primo paese al mondo ad aver legalizzato la coltivazione di marihuana per uso personale e la vendita tramite farmacie autorizzate[4] di un prodotto garantito dallo stato. Il governo di Montevideo considera questa riforma parte di una strategia innovativa per affrontare il problema del narcotraffico dopo cinquant’anni di autentica guerra: l’obiettivo è sottrarre mercato ai trafficanti per eliminare violenza e criminalità canalizzando più risorse al sistema di salute pubblica.
La prima settimana ha registrato un tutto esaurito degli stock a disposizione delle farmacie abilitate alla distribuzione al pubblico, ma per un bilancio dell’impatto della misura bisognerà attendere almeno i prossimi sei mesi.
In tema di aborto, invece, solo dal 2012 è stato eliminato dalle fattispecie penalmente rilevanti e, dunque, passibile di condanna privativa della libertà personale (carcere per la donna e per il personale medico)
L’Argentina, nel 2010, è stata la prima nazione della regione a riconoscere i matrimoni egualitari e l’adozione di bambini da parte di coppie omosessuali. Il consumo di droghe leggere e la detenzione di modiche quantità per uso personale non sono considerati reati mentre non è permesso coltivare alcun prodotto. Buenos Aires è in prima linea nella lotta ai cartelli narcos ma purtroppo alcune provincie sono tuttora regno incontrastato di queste organizzazioni criminali.
Formalmente, l’aborto non è punibile in caso di pericolo di vita della madre o di violenza ma il sistema federale di amministrazione della giustizia fa sì che la prassi delle aule dei tribunali offra un quadro molto più riduzionista all’applicazione della legge con storie di sofferenza e grande disagio femminile.
In Messico, i matrimoni omosessuali sono regolati in diversi stati e l’adozione è consentita in virtù di una sentenza della Corte Suprema del 2015. Anche in questo paese l’ordinamento federale permette a ciascuno stato di legiferare su questi temi.
L’interruzione della gravidanza è legale in caso di subita violenza ma risulta difficile accedervi fuori dalla Capitale federale.
Il consumo di marihuana è consentito solo per finalità terapeutiche.
Molti paesi della regione (Bolivia, Brasile, Ecuador, Panama, Paraguay, Perù, Venezuela), a prescindere dall’orientamento politico dei loro governi, sono accomunati da una legislazione abbastanza restrittiva sull’aborto, tradizionalmente considerato reato, ed ora depenalizzato nei casi di reale pericolo di vita della donna e gravidanza in seguito a violenza. Il problema reale risulta comunque dare effettività alla previsione normativa in contesti dove non vi sia un capillare sistema di salute pubblica universalmente accessibile.
Più permissive le previsioni normative in Colombia, dove si consente l’interruzione anche per gravi malformazioni del feto, e a Cuba, già vista sopra, che in casi eccezionali e con l’approvazione di un comitato medico-psicologico estende la possibilità di intervento oltre il terzo mese di gravidanza.
Uno dei paesi più conservatori del subcontinente permane il Cile il cui Congresso sta ora esaminando un progetto di legge sulla depenalizzazione dell’aborto terapeutico e per violenza.
Qui le unioni tra persone dello stesso sesso hanno un carattere civile distinto dal matrimonio dal 2015 e il consumo di droghe leggere non è considerato reato limitatamente all’ambito privato.
Stessa cosa in Ecuador: riconoscimento delle unioni civili e depenalizzazione del consumo di marihuana.
Il Brasile ha incluso nel 2013 la cannabis nell’elenco delle piante medicinali per uso personale e lo stesso anno ha riconosciuto i matrimoni omosessuali.
In Colombia, invece, paese dei più famosi cartelli narcos del mondo, la legge consente il consumo in “minime quantità” e la possibilità di coltivare sino a 20 piante di canapa.
Dal 2015 anche le coppie omosessuali sono ammesse all’adozione e l’anno seguente si è varato il matrimonio paritario.
Per concludere questa rapida carrellata del subcontinente latinoamericano, Perù e Venezuela consentono l’uso personale di marihuana.
 
Ritardi e omissioni: equità sociale, parità di genere, difesa dell’ambiente   
Nonostante le aperture culturali che l’adozione di simili provvedimenti dimostra, i paesi dell’America latina sono ancora e sempre il terreno di scontro preferito tra le avanguardie progressiste e le frange più conservatrici.
Una delle ferite più profonde è la diseguaglianza sociale: secondo il rapporto Panorama Social de América Latina 2016 presentato lo scorso maggio dalla Cepal[5], la Commissione Economica delle Nazioni Unite per l’America latina e i Caraibi, nella regione appena il 10% della popolazione detiene oltre il 70% delle ricchezze e più di 130 milioni di persone vivono in condizioni di povertà estrema con meno di 2 dollari al giorno.
Misure adeguate per tentare di affrontare seriamente questa situazione si scontrano con governi privi di capacità progettuale, sistemi politici corrotti, populismo e clientelismo diffusi che alle strategie di lungo periodo preferiscono tattiche di breve in vista delle ravvicinate scadenze elettorali. Dunque, non interventi strutturali per creare autonomia e sviluppo ma assegni sociali per mantenere controllo e dipendenza.
Le donne sono quelle che più soffrono di tutto ciò e, nonostante i grandi progressi registrati, la diffusa cultura machista le relega a bordi della vita sociale: a partire dal 1991, quasi tutti i parlamenti della regione hanno introdotto quote di genere ma nel mondo del lavoro continuano a ricevere mediamente tra il 30 e il 50% in meno dei colleghi uomini e purtroppo i femminicidi sono solo i casi più estremi di una violenza di genere che per 9 casi su 10 rimane confinata tra le mura domestiche.
Peggiore e spesso senza nemmeno l’onore della cronaca sono le violazioni perpetrate contro i membri della comunità LGBT (lesbiche, gay, bi- e transessuali): se da un lato il riconoscimento diffuso dei diritti a formare una famiglia ha permesso a molti di formalizzare milioni di coppie e socializzare il proprio status, dall’altro il peso del miope conservatorismo e dell’ignoranza colpevole produce quotidianamente episodi di rigetto e aggressione.
Nel solo Brasile, sono stati denunciati ben 343 omicidi di omosessuali nel 2016.
Altro fondamentale settore in cui la regione segna un pesante ritardo è quello della politica a difesa dell’ambiente: la presenza del polmone naturale più importante del pianeta (la foresta amazzonica) non sembra influire granché sulla sensibilità diffusa e sebbene le dichiarazioni dei leader dei paesi latinoamericani convergano tutte verso un rafforzato impegno per raggiungere insieme gli obiettivi dell’Accordo di Parigi contro il riscaldamento globale[6], gli ingenti interessi dell’agribusiness nella regione continuano a costituire un freno all’adozione di radicali e definitivi provvedimenti green friendly.
Alcuni dati per intendere le reali dimensioni: negli ultimi 50 anni, è duplicata l’emissione di biossido di carbonio mentre la capacità di riciclare i rifiuti solidi urbani è ferma al 15% contro un 35% degli Stati Uniti e un 65% di alcuni paesi europei.
In questo contesto, aumentano gli investimenti per progetti di sfruttamento intensivo delle risorse forestali, minerarie e marine, le grandi metropoli continuano a crescere e le normative pertinenti stentano a imporre limiti che potrebbero essere sgraditi alle grandi corporation multinazionali.
Non si può avere tutto, ma di certo l’America latina sta dimostrando una singolare capacità di rispondere alle sollecitudini di cambiamento: serve maggior coraggio da parte di tutte le componenti della società (governi, cittadini, corpi intermedi) e un impegno diffuso e continuativo per superare i materiali interessi di parte (di breve periodo) per perseguire un reale bene comune (sostenibile, strutturale e di lungo periodo).
I paesi della regione ne sono capaci, e i popoli latinoamericani lo meritano!
 

[1] Cfr. Rivera Marín, D. (2017, 11 de junio). Los tres maridos. Semana, n.1832. Disponibile da http://www.semana.com/nacion/articulo/medellin-pareja-de-tres-formaliza-su-union-trieja-ante-notario/528324   

[2] Per un approfondimento sull’argomento, cfr. Monari, A. (2014, 23 giugno). Matrimonio e Omosessualità. KultUnderground, n.227. Disponibile da http://www.kultunderground.org/art/17964  

[3] Cfr. il testo del Protocollo sul sito web del Ministero della Salute colombiano in https://www.minsalud.gov.co

[4] Cfr. per maggiori dettagli il sito web dell’IRCCA, Istituto di Regolazione e Controllo della Cannabis del Governo colombiano, http://www.ircca.gub.uy

[5] Cfr. il testo del rapporto sul sito web della Cepal in http://www.cepal.org

[6] Per un approfondimento sull’argomento, cfr. Caocci, D. (2016, 17 gennaio). L’Accordo di Parigi contro il riscaldamento globale: novità e debolezze. KultUnderground, n.246. Disponibile da http://www.kultunderground.org/art/18241

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