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Cime Tempestose – Emily Brontë

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IL ROMANZO DEI CAMERIERI

 

Il vizio ottico del cameriere è quello di rendere ogni azione umana meschina, di ridurla a movimenti di basso profilo, di negare l’esistenza delle aquile.[…] Learning to fly non è facile perché è necessario guardare il fondo della valle e tuffarsi ugualmente, lasciarsi risucchiare dalla spirale dell’esaltazione e della paura. […] Il sapere di servizio diffida di queste voci perché non le sente mai direttamente […] Quel sapere difende con ostinazione il proprio, si muove solo tra le sue mura oltre le quali non c’è niente se non il terreno infido delle sabbie mobili e la furia scura delle tempeste […][1].

 

Mi si consenta questa interpretazione ardita di un classico classicissimo della letteratura anglosassone, entrato nel comune patrimonio culturale mondiale al punto da essere citato finanche da Banana Yoshimoto nel suo migliore romanzo: “Amrita”

 

Romanzo dei camerieri, dicevo.

Sì, perché in realtà a tenere le fila dell’azione, a controllare in qualche modo tutti i protagonisti, che agiscono nell’ambito di un unico scenario (la brughiera dello Yorkshire), che ne bipartisce ubicazioni di luoghi di residenza e modus vivendi, sono proprio due camerieri: il vecchio bigotto Joseph, e la saggia Ellen Dean, detta Nelly. Che poi è altresì il principale io narrante di questo fosco ed afffascinante romanzo- scandalo. Scandaloso perché fa a pezzi, con furia debitamente iconoclasta, il puritanesimo perbenista ed ipocrita della base sociale vittoriana: capitalista, classista, maschilista e patriarcale.

Infatti, i rappresentanti “canonici” del pater familias della gentry[2] ivi tratteggiati, ne incarnano vizi ed ipocrisie, non già rettitudini e virtù.

Ecco infatti dapprima il vecchio Hareton Earnshaw, patriarca compassionevole quando toglie dalla strada il Trovatello Heathcliff, ma mai includendolo legalmente nel novero della sua legittima figliolanza; poi il legittimo primogenito Hindley, frustrato, violento, vendicativo ed inetto, tutto dedito ad un amore pregno di dipendenza verso la frivola giovane moglie prematuramente morta, e poi attaccatosi all’altra addiction tanto tipica della sua classe sociale: il gioco d’azzardo. Dal Reietto Heathcliff luciferinamente trasformata in strumento di vendetta, tremenda vendetta, totale vendetta.

 

Tinte fosche, amori foschi, matrimoni incestuosi fra cugini: ecco la Bruttura, l’Aberrazione; ma anche una sorta di learning to fly, in effetti, nei meandri più inconfessati della psciche, e ben prima di Freud.

Fascino del proibito e dell’inferno, a cui si oppongono, con la loro vista da camerieri, Joseph e Nelly. Il primo sputando astio bigotto e sentenze invidiose più che moraleggianti; la seconda andando anche oltre: non così bigotta come Joseph, ma ergendosi a moderatrice, spesso arbitra, sovente delatrice, tra i vari personaggi. Presuntuosa quanto perfida, sotto una maschera di bonomia cordiale, aderge il proprio “sapere di servizio” ad unica legittima visione del mondo e del suo racconto.

Una fantesca bigotta e puritana; la fantaccina custode del puritanesimo vittoriano: una specie di Cromwell in gonnella, se vogliamo.

Ma, in quanto donna, dunque senza potere politico, non in grado di ordinare regicidi. In grado, però, di contribuire in maniera molto pregnante al disfacimento dei due Amanti Disgraziati: Catherine Earnshaw prima; ed Heathcliff-e-basta, dopo. Nell’un caso delatrice, nell’altro compiaciuta spettatrice che non muove un dito.

E di compiacersi come se avesse pilotato lei stessa l’happy end della saga/faida: la Restaurazione dell’Ordine costituito: il ritorno, rispettivamente agli Earnshaw ed ai Linton, unitisi in matrimonio, della Proprietà usurpata loro dal Reietto; e dei connessi diritti sovrani: L’unione di quei due sarà il coronamento di tutti i miei desideri: il giorno del loro matrimonio non invidierò nessuno, e in tutta l’Inghilterra non ci sarà donna più felice di me (pag. 377)

 

Indagare, come fa la tormentata Emily Brontë (per di più costretta a firmarsi con debito pseudonimo maschile: a tal punto arrivava l’ultramaschilismo sociale dell’epoca!), a chi appartengano i cadaveri nascosti nell’armadio piccoloborghese (si tratti di gentry, yeomanry[3] o noblesse qui oblige non importa, in tal caso) di un intero sottosistema sociale, vuol anche dire evidenziarne le ridondanze, i pensieri ripetitivi.

E cosa meglio della ripetizione dei nomi (Catherine madre/Catherine figlia; Hareton nonno/Hareton nipote) e delle caratterialità intergenerazionali, variamente intrecciatesi ma sempre riconducibili ad un’unica matrice, esalta il lezzo claustrofobico dell’ossessione per il Mantenimento?

Della Proprietà, innanzitutto… Tramite i feudali diritti di primogenitura, ancora ben vivi nella struttura del diritto civile vigente nella mercantilistica e colonialista età vittoriana.

 

Ed ancor vividi in altre e più basse latitudini; in altri e più recenti dì.

Come ben esemplificato in questo passo tratto da un altro romanzo- denuncia. Un romanzo- scandalo d’oggi:

Qui i nomi si ripetevano: Michela- Michela; Giuseppe- Giuseppina; Grazia- Graziana; Luce- Luce. Le strade non si asfaltavano nemmeno quando strettamente necessario. Il nipote di Elio si chiamava come il Don suo nonno ed il padre di Elio […] con testamento olografo lascerà a lui la terra. «Perché ci vanno dopo che crepo io, dal notaio.» Qualcuno cerca di viversi tramite i figli, o i nipoti, lasciando loro la proprietà[4].

 

 

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE.

Emily Brontë (Thornton, Yorkshire, 1818/ Haworth, Yorkshire, 1848), una tra i maggiori romanzieri inglesi, e mondiali.

 

Emily Brontë “Cime tempestose”, Gruppo Editoriale L’Espresso s.p.a., Roma, 2004.

Introduzione alla presente edizione: Viola Papetti

Traduzione di: Paola Brunasco

Il testo è altresì corredato di una cronologia della vita e delle opere dell’autrice, di un elenco delle principali traduzioni italiane e di una nota della traduttrice.

Prima edizione: Wuthering Heights, 1847



[1] Da: Franco Cassano “Partita doppia. Appunti per una felicità terrestre”. Società editrice “Il Mulino”, Bologna, 1993; pagg. 31- 35

[2]Alta borghesia

[3] Classe dei piccoli proprietari terrieri, che prestavano servizio militare in fanteria

[4] Da: Monica Cito “Venere, io t’amerò”, Giulio Perrone editore, Roma, 2005; pag. 135

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