PETRA
Luca Aquino & Jordanian National Orchestra
UNESCO Amman Office, TAG-Org e Petra Development and Tourism Region Authority annunciano il lancio dell’album PETRA.
“Registrare un album in Giordania, tra i colori del deserto e i riverberi del sito archeologico di Petra, è un sogno inseguito per anni e finalmente realizzato. Un’esperienza mistica, condivisa con un fantastico organico cosmopolita, proveniente da culture e nazionalità apparentemente lontane che, unite dall’urgenza espressiva della musica, hadato vita a un sound che soffia luce dai minareti, sorvola la mia bella Benevento e punta dritto a New Orleans”. Luca Aquino
Amman – maggio 2016 – PETRA è il nuovo album di Luca Aquino e della Jordanian National Orchestra. Il suo lancio è avvenuto a luglio, durante un concerto speciale che si è tenuto nel parco archeologico di Petra, nell’ambito della campagna globale UNESCO #Unite4Heritage. L’idea di una registrazione nel sito archeologico nasce dalla passione del trombettista e compositore Luca Aquino per l’utilizzo di riverberi acustici naturali all’interno della composizione musicale. Riconosciuto tra i musicsiti jazz di maggiore talento in Europa, Aquino è stato affascinato dal potenziale acustico di “Piccola Petra”, patrimonio mondiale dell’UNESCO, durante le sue tre visite in Giordania. L’iniziativa senza precedenti è frutto della collaborazione tra l’Ufficio UNESCO Amman, Talal Abu-Ghazaleh Organization, Jordanian National Orchestra Association e Petra Development and Tourism Region Authority. Petra è il primo progetto prodotto da Talal Abu-Ghazaleh International Records, una nuovissima etichetta fondata con lo scopo di sviluppare e sostenere l’industria musicale in Giordania. Il trio italiano protagonista di questo progetto è composto da Luca Aquino (tromba e musiche), Carmine Ioanna (fisarmonica), Sergio Casale (flauto e arrangiamenti) insieme ai musicisti dell’ensemble della Jordanian National Orchestra, alla violinista tedesca Anna Maria Matuszczak, al contrabbassista siriano Bassem Al Jaber, al percussionista Brad Broomfield di New Orleans, il violinista armeno Vardan Petrosyan e l’oboista rumeno Larentiu Baciu.
Luca Aquino (Benevento, 1974 ) è un trombettista e compositore di musica jazz.
Ha al suo attivo sette album da leader e numerose registrazioni. È annoverato tra i musicisti jazz italiani più apprezzati sulla scena internazionale. Inizia a suonare la tromba all’età di diciannove anni da autodidatta. Per due anni abbandona la pratica dello strumento per completare gli studi universitari in Economia e Commercio. L’amore per il suono di Miles Davis e Chet Baker lo riconduce allo studio della tromba e lo porta a dedicarsi completamente alla musica.
Il suo percorso artistico trova conferma nel 2007 quando pubblica con Universal Music Group il suo primo album da leader Sopra le Nuvole e un anno dopo, con ospite Roy Hargrove e Maria Pia De Vito, registra Lunaria con cui vince il premio “Top Jazz” promosso dalla rivista specializzata Musica Jazz. Nel 2009, registra Amam nell’antico bagno turco di Skopje (Macedonia) e Tsc in una chiesa in Olanda; nel 2010 arriva Icaro Solo, registrato in una chiesa in Benevento per sole tromba ed elettronica. Dopo aver dato vita al festival Riverberi, intreccia numerose collaborazioni con musicisti e artisti di fama mondiale; degna di nota è quella con l’artista Mimmo Paladino che lo portano allo registrazione di Chiaro, un lavoro in trio con una sezione ritmica norvegese e un ospite d’eccezione: Lucio Dalla. Nel 2012, dopo un importante progetto dal vivo con Jon Hassell, realizzato a Benevento nella chiesa di Sant’Agostino, entra a far parte del quartetto del batterista Manu Katché e insieme a loro registra due album. Nel 2013 insieme al fisarmonicista Carmine Ioanna registra aQustico per la Tuk Music e intraprende un tour mondiale. Il 2015 è l’anno del suo settimo album da band leader: OverDOORS, personale tributo alla sua band preferita, The Doors. Nel Dicembre 2015 realizza in collaborazione con la Jordanian National Orchestra Association la registrazione di un album nel sito archeologico di Petra. I riverberi naturali del sito archeologico generati durante l’esecuzione dei brani sono parte integrante della registrazione. L’ambizioso progetto, a lungo meditato, è stato realizzato grazie al supporto dell’UNESCO Amman Office, del Petra Development and Tourism Authority e della Talal Abu-Ghazaleh Organization (TAG-Org). Un’iniziativa senza precedenti promossa all’interno della campagna mondiale #UNITE4HERITAGE, lanciata dall’UNESCO a difesa del patrimonio artistico e culturale dai crimini di tipo terroristico. Dopo aver diretto il “Pozzuoli Jazz Festival” e il “Bari Jazz”, il 7 aprile del 2016 partecipa all’evento “Manu & Friends” condividendo il palco dell’Olympia di Parigi con Sting, Richard Bona, Noa, Stephan Eicher, Raul Midon e Tore Brunborg. Il 2016 vede anche la realizzazione e commercializzazione dello speciale modello di tromba “aQuino”, realizzato insieme all’artigiano olandese Hub Van Laar.
Intervista
Davide
Ciao Luca, prima di entrare nello specifico di questo tuo ultimo lavoro, volevo chiederti come è nato il tuo amore per la tromba, qual è stato il tuo approccio autodidattico iniziale e come lo hai perfezionato in seguito? Soprattutto vorrei si dicesse qualcosa sul sostantivo “autodidatta”, comunemente usato con connotazione limitativa, mentre invece ricorderei che ci sono stati grandissimi innovatori, compositori ed esecutori che hanno acquistato competenze da soli, come Borodin (che per altro nella vita fece poi ben altro, cioè lo scienziato, il chimico)… giusto per fare un nome…
Luca
All’età di venti anni mio zio mi regalò una vecchia tromba e cominciai a soffiarci dentro, seguendo le dritte di un barbiere amico di famiglia che, per diletto, suonava questo magico strumento in ottone. Don Alfredo aveva un suono poetico, indimenticabile, un cuore enorme. Era un gentiluomo, molto generoso, con una classe d’altri tempi; mi dava un appuntamento e puntuale, elegante e in punta di piedi saliva a casa dei miei genitori per trascorrere ore insieme ad ascoltare jazz, parlando quasi mai. Amava Chet. Mi diceva sempre di non forzare sulla tromba perché avrebbe vinto lei. Don Alfredo, in realtà, non suonava molto, non poteva più per colpa di un’acuta e inguaribile ernia inguinale. La tromba, nel suo caso, aveva vinto ma non era riuscita a smorzare i suoi sogni, intensi fino alla fine. Non ho mai seguito corsi accademici e per questo motivo mi reputo autodidatta; mi annoiavano e ho studiato sempre ascoltando i dischi che amavo e che comunicavano bellezza. Di notte suonavo con la campana della tromba nell’armadio, in mezzo ai cappotti invernali così non disturbavo i vicini. Qualche anno dopo, durante i seminari di Nuoro e Siena Jazz, Fresu e Tamburini mi aprirono nuovi orizzonti con consigli fondamentali. Marco consolidò la mia imboccatura e Paolo mi consigliò di ascoltare l’album “Power Spot” di Jon Hassell che mi cambiò la vita.
Davide
Tra le tue collaborazioni c’è appunto anche quella con il superbo trombettista Jon Hasssell, uno dei più importanti e singolari innovatori dello strumento. Qual è il tuo più personale ambito di ricerca musicale che attraversa tutti i tuoi lavori e verso quale raggiungimento ideale?
Luca
Jon Hassell è l’artista che mi emoziona di più. Il suono della sua tromba si avvicina molto ai suoni della natura. Ha sempre avuto le idee chiare o meglio, forse mai. Se non è convinto non suona, lascia lunghi silenzi e fa suonare la band ma quando decide di dire la sua, s’innalza al cielo e vola. Abbiamo condiviso lo stesso palco sei anni fa, insieme ad Enrico Rava. I miei miti. I miei lavori sono tutti differenti e non sanno affatto dove arrivare. Non ho una meta ideale, mi lascio influenzare dalle esperienze e coltivo passioni, musicali e non, un po’ come tanti.
Davide
Come procedi nella composizione di una musica che, come nel caso di “Petra” tenga conto dei riverberi acustici naturali, che per altro possono essere diversi da luogo a luogo? Componi in loco o in che modo? Qual è il significato del riverbero tra il pieno del suono e il vuoto del silenzio?
Luca
Un luogo dotato di riverebro naturale, durante una registrazione o durante un concerto dal vivo, può rilevarsi un’arma a doppio taglio. A me piace suonare senza impianti grossi e invasivi e, soprattutto, senza monitor o spie che alterano le frequenze e ne danneggiano la qualità. Purtroppo non sempre è possibile. Preferisco ascoltare il suono della mia tromba interagire con l’ambiente in maniera diretta, prendendone spunti e scendendo a compromesso con i suoi limiti. Qualche mese fa ho suonato al festival jazz di Fano, col mio progetto in solo tromba, in una chiesa meravigliosa con un riverbero lunghissimo che, sull’altare, diventava un delay sensibile. Un ping pong. Ecco, lì, per esempio, era quasi impossibile suonare ritmicamente e l’ambiente, il luogo hanno deciso che io suonassi largo e melodico. Si dialoga invece con luoghi nei quali alcune note o tonalità risultano addirittura poco gradevoli. Altra emozione è interagire con i suoni estranei, vicini al luogo che ti ospita. Una volta, mentre registravo un album nella chiesa di Sant’Agostino della mia città Benevento, nella loop-station rientrò il trapano del vicino che attaccava un quadro. Ne uscì un bellissimo brano, “Trapano Duet”. E poi un altro aspetto che mi spinge a proporre concerti in chiese, bagni turchi, grotte, cortili e altro è la bellezza degli ambienti naturali. Con Petra i livelli di percezione sono stati alti.
Davide
Com’è stata effettuata la registrazione in un ambiente naturale ed esattamente in che tipo di ambiente naturale (o più d’uno, cioè in punti diversi di Petra)?
Luca
L’album “Petra” è stato registrato interamente nel sito di Little Petra. Sotto la chiesa madre avevamo girato un video con il videomaker Giampaolo De Siena e le foto con Nadir……
Davide
Qual è stata, fin dal primo momento, la prima e più importante forza ispiratrice di Petra e della Giordania?
Luca
La prima volta che ho suonato in Giordania risale al 2011, invitato dall’associazione Dante Alighieri per un piccolo tour. Dormimmo nel deserto di Wadi Rum, ospitati nelle tende di una locale comunità beduina per poi visitare il sito archeologico di Petra e il mar Morto. Un’esperienza indimenticabile. Petra è un sito fiabesco, incantevole, magico e inafferrabile. Patrimonio dell’Unesco e considerato uno delle sette meraviglie del mondo moderno. Un momumento unico, con le sue facciate intagliate nella roccia. Quando arrivi al Tesoro del Faraone, dopo un sentiero ricavato in una lunga e profonda fessura di imponenti rocce, manca il fiato tant’è la maestosità del monumento e la forte connessione della mano dell’uomo con la natura. I colori creano un inebriante gioco di cromature. Rosa, viola, rosso, giallo, nero sfumato; ti ritrovi con l’immaginazione a Pantelleria, subito dopo a Pompei e poi tra fiordi norvegesi. Sono poi ritornato ad Amman un anno fa e, dopo aver condiviso con la Jordanian National Orchestra il mio sogno di registrare un album nel sito archeologico di Petra, è nata la decisione di sposare la causa promossa dalla campagna dell’Unesco #UNITE4HERITAGE.
Davide
I ricavati dell’album sono destinati al sito di Petra e all’associazione no-profit che sostiene l’orchestra giordana. Perché questa necessità? Di cosa si occupa inoltre il movimento #Unite4Heritage e di che tipo di attenzione internazionale hanno bisogno in questo momento Petra e la Giordania?
Luca
#Unite4Heritage è un’iniziativa di sensibilizzazione internazionale, promossa da Unesco, per la salvaguardia del patrimonio culturale dai crimini di tipo terroristico. Fondamentale, per la registrazione a Petra è stata la collaborazione con parner quali Unesco, il Petra Development e l’etichetta discografica giordana TAGI di Talal-Abu Ghazaleh. L’intero ricavato dielle vendite di un anno verrà devoluto al Petra Tourism Authority perché il progetto è lontano da qualsiasi meccanismo imprenditoriale o commerciale.
Davide
I musicisti con cui suoni in questo progetto sono provenienti da molti differenti paesi e da differenti culture. Cosa significa per te una condivisione universale per la musica o un dialogo attraverso differenti musiche?
Luca
Un progetto eterogeneo, ampio e ambizioso, condiviso con musicisti e operatori di diverse nazionalità. Uno staff tecnico giordano, inglese e italiano, con musicisti provenienti dalla Siria, Romania, Armenia, Stati Uniti d’America, Germania, Polonia e Italia. Un melting pot di idee, esperienze, umori, stili musicali, arti e culture; un messaggio forte e senza veli. La musica è condivisione di idee e favorisce le relazioni tra i popoli, è un linguaggio universale e va usato come messaggio di pace.
Davide
Dopo il silenzio, quello che più si avvicina a esprimere l’inesprimibile è la musica, disse Aldous Huxley. Cos’è per te l’espressione umana attraverso il linguaggio musicale, il suono?
Luca
Col suono puoi dialogare col vento, con gli uccelli.. Oddio sembro San Francesco! A parte gli scherzi, specialmente nel jazz difficilmente puoi mascherare uno stato d’animo. Se sei triste suoni blues ma il giorno dopo puoi trasformarti in Sid Vicious o Ozzy Osbourne. È difficile mascherare quello che sei sul palco, anche se sei in silenzio.
Davide
Qual è lo stato della musica in Italia? Domandava Lidia Lombardi a Roberto De Simone su Il Tempo e De Simone rispondeva: «Catastrofico. Nei conservatori la formazione è aberrante. Ai miei tempi gli insegnanti individuavano gli elementi più promettenti dedicandosi a loro anche fuori orario. Oggi pare timbrino il cartellino… Hanno perso di vista la missione del musicista». Non parliamo poi del mercato discografico (se ancora si può parlare di mercato a fronte di tanta disponibilità di musica mp3 gratuita) e dei mezzi di comunicazione. L’unica soluzione, anche per un musicista, è andare all’estero o percorrere la strada di progetti internazionali? E qual è dunque lo stato della musica in Italia secondo te?
Luca
Non posso parlare dei Conservatori e degli istituti dove insegnano musica perché non li ho mai frequentati. Tanti miei colleghi insegnano e, secondo me, lo fanno bene. Per quanto riguarda i concerti di qualità dal vivo, sicuramente in Italia è difficile proporre i propri progetti per due motivi, anzi tre. Innanzitutto ci sono tantissimi musicisti bravi e la concorrenza è spietata. C’è da esserne fieri, siamo forti quasi quanto i norvegesi. I festival e i club che resistono purtroppo sono pochi, molti dei quali ancora si affidano a Enti, funzionari e bandi pubblici ai quali, se vinti, seguono iter burocratici infiniti e farraginosi dove, tra organizzatori e manager, gli unici che ne guadagnano sono gli avvocati. All’estero, nei Paesi scandinavi ma anche in Francia o Germania o nell’est non accade mai. Poi l’ultimo motivo per il quale la musica di qualità stenta a sopravvivere è la scelta artistica di direttori artistici che, obbligati ad accontentare il pubblico pagante, che spesso rappresente l’unica entrata certa, propongono progetti di massa per nulla avveneristici. Ci sono però tanti festival e direttori artistici che, con maetria e un po’ di follia, invitano musicisti coraggiosi che rendono fattiva la loro attività di ricerca con urgenza espressiva e impavida lealtà.
Davide
Qual è la tua personale misura della qualità nella musica?
Luca
Mi devo commuovere, a costo di annoiarmi. Cioè, spesso non è semplice commuoversi, altre volte sì. Capita che ascolti una melodi e, di pancia, parte il brivido. Altre volte no. Esiste musica molto difficile e poco accessibile ma bisogna rischiare anche di sbadigliare per poi comprenderla e ricevere emozioni.
Davide
Cosa seguirà?
Luca
Sto lavorando su un ”AQUINO Bici Tour”. Partirò da Benevento in bicicletta e arriverò ad Oslo, incontrando tanti amici musicisiti e suonando con loro ovunque. Un itinerario di tremila chilometri, costellato di musica e arte, che si snoda attraverso i comuni italiani della via Francigena, prevedendo una tappa per ogni Comune del cammino, da percorrere in bicicletta anche insieme con altri musicisti, artisti, sportivi, amanti della natura o chiunque voglia unirsi all’iniziativa, con strumentazione tecnica ed équipe d’ordinanza per le riprese video al seguito.
Davide
Grazie e à suivre…