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Intervista con Riccardo Mazza | Project-TO

15 min read
Project-TO
The White Side, The Black Side
I due lati dell’elettronica dove il mainstream incontra il bitstream.
 
Esce il doppio album di debutto del collettivo torinese, un progetto “autoriale” di musica e visual formato dal noto sperimentatore e studioso del suono Riccardo Mazza (che vanta prestigiose collaborazioni con Battiato, Gaber e Baccini, solo per citarne alcuni), dalla fotografa/videomaker Laura Pol (autrice di numerosi lavori in ambito artistico, culturale e museale) e dal pianista/tastierista Carlo Bagini (già con Statuto, Righeira, Rettore). L’album è previsto per il prossimo autunno sotto Machiavelli Records.
Si intitola The White Side, The Black Side l’album di debutto di Project-TO, collettivo elettronico torinese prodotto da Riccardo Mazza, Laura Pol e Carlo Biagini.
L’album, registrato negli studi di Interactivesound a Torino di proprietà dello stesso Mazza (che è anche autore delle musiche e vanta 15 anni di musica sonora/sperimentale nonché 9 CD presto pubblicati in raccolta antologica), è stato realizzato in funzione del live set, vera e propria esperienza audio-visuale dove si alternano i brani del lato white, in stile elettronica/big beat, con le atmosfere più techno ambient/dark delle tracce black. Un lavoro nel quale si possono riscontrare influenze di antesignani del genere come Chemical Brothers, DeadMau5, Crystal Method, Ancient Methods, Not Waving, Apparat e Andy Stott.
I brani white sono caratterizzati da ritmiche potenti e incessanti, spesso stratificate e combinate con sonorità elettroniche e percussioni/batterie registrate in studio. Il sound è ricco di suoni sintetici con imponente uso di sintetizzatori analogici e digitali. I brani black sono il “negativo fotografico” più bitstream dei brani white, ogni black è un’interpretazione del suo white corrispettivo dove l’arrangiamento più techno/dark ha modificato profondamente le sonorità e la stesura, mantenendo la stessa esatta durata. Percorsi che si intrecciano simbolicamente attraverso voci e suoni che richiamano talvolta simboli universali come nel caso di Sign of the Earth, dove compaiono canti dei monaci tibetani o Look Further, il cui tema è segnato da cori gregoriani o ancora I-Hope, caratterizzato dal discorso di apertura al Parlamento indiano di Indira Gandhi e seguito dal commento “I Hope” di Hillary Clinton; le immagini sono legate al nostro territorio per sottolineare le nostre radici e la nostra cultura.
Il doppio LP è stato infatti prodotto insieme al progetto visivo originale che ne è parte integrante. Sei videostory che rappresentano i sei momenti white, ovvero un viaggio onirico dei due personaggi protagonisti che vivono esperienze diverse e si incontrano solo occasionalmente e di sfuggita e che durante il live set si evolve con le atmosfere visive più dark e astratte a sostegno delle tracce black. Un progetto video in parte ispirato all’album Further dei Chemical Brothers datato 2010, composto da otto brani accompagnati da altrettante, corrispondenti clips
 
Il video di I-Hope ad esempio ha come filo conduttore la strada che attraversa l’Italia dall’estremità della Puglia alla città di Torino, la ripresa originale è stata effettuata interamente in time lapse in 9 ore di viaggio e compressa nel tempo del brano. Oppure Look Further, dove la visione in soggettiva riprende il tuffo da un ponte nel fiume Po che si trasforma in un viaggio onirico sott’acqua (in questo caso la telecamera è stata realmente gettata dal ponte nelle acque del fiume).
 
Band: PROJECT-TO
 
Genere: Elettronica, Big Beat, Techno, Dark/Ambient
Etichetta: A21 Productions
Distribuzione fisica: Machiavelli Records
Distribuzione digitale: Machiavelli Records
 
 
 
Riccardo Mazza ha fondato lo studio Interactive Sound nel 2001 a Torino. Interactive Sound è un laboratorio di ricerca visiva e sonora specializzato nella progettazione artistica di percorsi espositivi e multimediali ad elevato impatto emozionale, che si sviluppa attraverso la creazione di ambienti video interattivi immersivi. La sperimentazione di Riccardo Mazza come artista, musicista e visual designer costituiscono il Know how e il tratto distintivo del linguaggio tecnologico impiegato per realizzare allestimenti intesi come moderni strumenti di comunicazione culturale. I contenuti dei progetti artistici realizzati per musei e aziende vengono valorizzati attraverso l’ uso creativo della tecnologia, facendo coesistere installazioni multimediali e oggetti reali, scenografie e realtà virtuali, all’interno di un progetto organico e coerente. La consulenza curatoriale, attenta alla definizione e allo sviluppo del progetto, rende l’ attività dello studio autonoma e propositiva anche sul piano ideativo, mentre l’ insieme delle tecnologie appositamente realizzate e dei servizi offerti permette di gestire progetti complessi.
 
 
Davide
Ciao Riccardo. “Project-To”… Per iniziare vorrei chiederti perché nel suo nome il progetto mette in rilievo ed enfatizza il morfema TO, quindi Torino?
 
Riccardo
Scegliere di caratterizzare il proprio nome con Torino significa identificarsi con la città, non solo perché è il nostro background, ma soprattutto perché il nostro è un progetto sperimentale e Torino,  è storicamente un luogo fondamentale per la sperimentazione, dalle scoperte scientifiche, alla fotografia, il cinema, la televisione e l’arte contemporanea.
 
Davide
Qual è l’idea fondante il Project-To al di là di The White Side-The Black Side all’interno di una  sempre più complessa e veloce evoluzione della scena e della ricerca musicale elettronica, sempre più frammentata, individualizzata (penso al crescente e continuo sviluppo di strumenti e software nuovi, opera di autori o team appositi di programmatori che soli ne fanno e ne sanno l’uso, come la Maschine di Jeremy Ellis per esempio)?
 
Riccardo
Ricordo bene negli anni 90’ quando la rivoluzione digitale ebbe inizio. Fu proprio nel campo dell’audio che cominciò, alcuni anni dopo toccò alla fotografia e poi più recentemente al video. All’epoca la percezione era quella dell’innovazione tecnologica pura, forse eravamo tutti influenzati da quei fantastici telefilm di fantascienza che personalmente adoravo come U.F.O. o Spazio 1999, eravamo tutti pazzi! Andavamo alle fiere in cerca dell’ultima novità tecnologica come se si trattasse della scoperta del teletrasporto, per poterci stupire ed esaltare. Ricordo ancora il mio caro amico Michele Paciulli geniale dimostratore Korg quando al SIM di Milano illustrò per la prima volta la Korg Dss-1, penso fosse il 1987, fu il primo campionatore commerciale. Lui era davvero coinvolgente una sorta di mago, appariva tra il fumo e le luci e ci regalava uno spettacolo degno di Broadway! Aveva campionato una vocina con tutte e 21 le lettere dell’alfabeto per poi suonarle in modo incredibile con la tastiera.  A noi sembrava l’Inno alla Gioia nel finale della 9 di Beethoven!! Ancora oggi quando ci ripenso rimango impressionato, mai avevamo udito qualcosa di simile prima. Ricordo che c’erano discussioni a non finire sui nuovi prodotti e quali fossero i migliori, c’erano addirittura delle vere e proprie fazioni tra chi usava un software e chi ne usava un altro! Le novità erano assolutamente irresistibili ed io come tanti altri abbiamo vissuto indebitandoci per anni con le rate mensili presso il nostro negozio di strumenti di fiducia (ricordi i Blues Brothers nel negozio di Ray Charles??). L’idea in realtà per chi lavorava nel settore dell’audio professionale, era quello di migliorare sempre più la qualità del suono e di ampliarne le possibilità timbriche ed espressive per avvicinarsi alla perfezione sonora, ma come sappiamo con l’avvento di internet e dello streaming mp3 le cose andarono diversamente.
L’implosione del mercato discografico da una parte e le crescente offerta di strumenti e software sempre più accessibili dall’altra ha generato una scena underground senza regole e di fatto spalancato le porte all’Autarchia.
Questa secondo me è la cenere da cui oggi sta rinascendo l’Araba Fenice e penso stia avvenendo proprio tramite l’elettronica, che per natura agendo al di fuori delle regole nella sua infinita frammentazione, non è più possibile identificarla come un genere, ma è diventata una cultura, un modo di vivere la musica. L’elettronica diventa la colonna sonora che accompagna ormai buona parte dei momenti della nostra vita (pensiamo a tutti i suoni elettronici che quotidianamente sentiamo, dalle suonerie del telefono agli alert dei computer, alle voci dei navigatori) è diventato un linguaggio e come tutti i linguaggi rappresenta l’espressione di un pensiero. L’opera artistica secondo me deve andare oltre, è un’onda estetica molto sottile ed è forse ciò che più per natura si avvicina all’anima. Questo è ciò che conta per me, ed è ciò che tengo sempre a mente quando lavoro. Mi emoziona? Mi fa muovere? Trasmette energia? Sensazioni che devono partire dal brano indipendentemente da come e con che mezzi è stato prodotto.
Jeremy Ellis ad esempio secondo me ha una forte analogia con Paganini. È un acrobata, un esecutore incredibile, questo è il suo stile ed è ciò che probabilmente piace e diverte il pubblico che lo segue.  Io ad esempio uso moltissimo Maschine, ma in modo completamente diverso, per me è la base per la composizione a pattern da cui sviluppo poi tutta la produzione. Questo forse è il bello oggi della tecnologia, può essere usata in modo completamente diverso a seconda dello stile.
Ecco mi scuso per la risposta forse un po’ prolissa, ma la domanda era davvero impegnativa…
 
Davide
Io ho sempre associato al nero più il caos, il rumore o addirittura il silenzio. Come hai inteso da un punto di vista più acustico i due colori (o non colori) più o meno capienti, assorbenti o riflettenti agli antipodi l’uno dall’altro?
 
Riccardo
Il black è in fondo il lato oscuro che ognuno di noi ha, l’idea è quella di trovare una strada che possa collegare in qualche modo la visione più chiara dell’album The White Side, che nasce insieme alla video story concepita e diretta da Lura Pol, ad un mood più techno e dark che è appunto la caratteristica dei Black. The White Side come dicevamo nasce come un progetto Live Audio e Visual, la musica e i video vengono eseguiti in live set in tempo reale in modo sempre differente, dopodiché ho realizzato delle versioni tecno completamente diverse degli stessi brani da utilizzare come passaggio in DJ set tra un brano white e il successivo. Volevamo creare una sorta di onda emozionale che ci permettesse di rendere lo spettacolo più dinamico e coinvolgente, passando dal chiaro allo scuro per poi tornare al chiaro. Laura Pol ha iniziato a realizzare una serie di video molto interessanti mescolando geometrie variabili in pixel come linee, punti, reticolati mescolate in blendig durante il VJ set con riprese da lei effettuate di paesaggi e ambienti lavorati poi come il negativo di una fotografia (e da qui il nome Black). Io poi dai semplici pattern eseguiti in cue che erano all’inizio, ne ho fatto una completa produzione in  studio e così ci siamo ritrovati un album doppio.
 
Davide
Le nuovissime potenzialità e disponibilità, apparentemente illimitate dell’elettronica, hanno a mio avviso un punto critico importante: se un tempo bastavano la novità dei suoni a fare da contenuto, oggi l’elettronica rischia di porsi come mera effettistica e i suoi strumenti di risultare come una vuota gadgetteria. Da docente presso la Scuola di Alto Perfezionamento Musicale, come insegni il pensiero, come inviti anzitutto all’idea dietro l’espressione attraverso i mezzi tecnologici?
 
Riccardo
Sono completamente d’accordo, ma è proprio questa la sfida. Ci ritroviamo un po’ come i primi coloni americani, in una terra sterminata con molte e forse troppe possibilità. Però come dicevo esiste sempre una discriminante in tutte le arti, che è l’estetica. Non è il suono, il brano o il video in sé che la genera, ma è l’artista che quando riesce a dare vita alla sua opera mettendoci lo spirito la rende poesia. Anche il noise più estremo può avere una sua onda estetica emozionale, mentre un brano orchestrale mestamente arrangiato potrebbe risultare asettico. È una questione di prospettiva.
Io consiglio sempre ai miei studenti di trovare una propria strada, di mettersi in gioco, di essere creativi e uscire dagli schemi. Certo prima di poter cambiare le regole occorre conoscerle, ma poi non bisogna rimanerci intrappolati.
Oggi da una parte abbiamo i Talent che sfruttano e rovinano i ragazzi di fatto rendendoli degli interpreti e non permettendo all’autorialità di emergere. Dall’altra esiste un underground che comincia ad avere un seguito davvero importante anche in termini di pubblico e questo genera un’economia potenziale. Vado spesso agli eventi e cerco di seguire per quanto possibile i festival di musica elettronica dove sempre più comincio a vedere persone di tutte le età. Alla prima serata del Varvara Festival qui a Torino a tema noise industrial (serata davvero estrema) c’erano famiglie con ragazzi e genitori. Questo è un buon segnale, probabilmente queste persone non sanno bene quello che vanno a vedere, ma sono incuriosite e una volta lì vivono la cultura elettronica. Ai miei allievi non posso far altro che dare i mezzi, spiegare tutto ciò che posso in termini tecnici, posso illustrare i miei metodi di lavoro, i miei trucchi del mestiere, ma all’ultima lezione dico sempre : “Ragazzi questo è il mio modo di operare, ma spero vivamente che ne possiate trovare uno vostro possibilmente migliore”.
 
Davide
I tempi di assimilazione umana e di invenzione delle novità tecnologiche non vanno alla stessa velocità. Cosa pensi di questo gap rispetto ai decenni di diffusione e approfondimento delle invenzioni del passato (Moog e Hammond vengono tuttora ricercati, esplorati, usati)? Personalmente non penso che l’AlphaSphere o la Roli Seabord avranno tempo di radicarsi e universalizzarsi allo stesso modo, rimanendo solo una curiosità di un tempo. A maggior ragione i programmi che danno vita a installazioni ben precise.
 
Riccardo
Ho l’impressione che ancora una volta sia una questione di linguaggio. Moog e Hammond sono strumenti completi alla stregua di un pianoforte o di un violino e soltanto tramite uno strumento   di questo tipo diventa possibile per l’artista potersi esprimere appieno, anche dal punto di vista della composizione. In seconda analisi c’è la curva di apprendimento, il Seabord può in una certa misura definirsi uno strumento perché la sua base è la tastiera del pianoforte e conseguentemente esiste già un installato molto vasto che potenzialmente può utilizzarlo. Il problema vero è che ci vuole una tecnica davvero particolare ed eccelsa per poterlo suonare con soddisfazione e questo secondo me è un handicap per un musicista che dovrà decidere se investirci così tanto tempo. Ma ci sono analogie nel passato come il Chapman Stick, ad esempio, oppure ancora prima il Trautonium, dove l’unico  musicista che è riuscito a suonarlo fu Oskar Sala.
AlphaShere invece nasce con una filosofia molto diversa e di base si tratta di un sofisticato controller MIDI, un grande e potente mouse… Non eredita una tecnica esecutiva propria, né possiede caratteristica sonora alcuna, va configurato in funzione del programma con cui lo si utilizza e da cui dipende. Questo è il limite che vedo e tenendo conto del prezzo piuttosto elevato anch’io penso che non sarà uno strumento che troveremo sui libri di storia della musica. Forse un Maschine o un 16 pad controller potrebbe avere più possibilità nel diventare una nuova forma di espressione, il “finger drumming” è già un termine acquisito a tutti gli effetti.
 
Davide
Dall’Electronium di Raymond Scott a Iamus, cosa pensi delle macchine che compongono musica? Quale prevedi possa essere lo sviluppo futuro (e in un futuro sempre più lontano) delle competenze e abilità musicali, a cominciare dalla semiografia musicale in rapporto all’elettronica e ai lavori di ricerca, spesso intraducibili attraverso la notazione classica o solo attraverso una semiografia specifica per ogni singolo progetto destinata a perdersi con gli artefici stessi (non so quanti siano in grado per esempio di rileggere oggi una partitura come quella del Rara Requiem di Bussotti)?
 
Riccardo
È una tematica molto complessa, un po’ come l’intelligenza artificiale. Penso il problema stia nei termini di riuscire a  concettualizzare il pensiero compositivo anche non formale con la scrittura che è invece è formale. Linguaggi come C-Sound o Supercollider di fatto permettono di scrivere un’idea liberamente in modo formale e di generarla allo stesso tempo. Questa in effetti può essere una via, anche se nella pratica ci vuole poi sempre il mezzo generante, che sia un computer o un’installazione completa. Un problema analogo sta avvenendo anche nell’ambito dell’arte contemporanea, soprattutto quella concettuale, dove alcune opere non riescono a conservarsi (pensiamo ad esempio alle grandi opere di Christo e Jeanne Claude). È forse la caratteristica del nostro tempo di cui l’evoluzione tecnologica fa parte e forse dobbiamo imparare a conviverci.
 
Davide
Quali parametri personali ti dài per valutare la bravura di un esecutore nell’ambito di un’elettronica sempre più autosonante (anche gli ultimi Kraftwerk ormai stanno dietro quattro computer portatili)?
 
Riccardo
Questa domanda me la sono posta moltissime volte, visto anche l’uso massiccio che faccio io stesso della tecnologia e alla fine sono giunto alla seguente conclusione: un computer o un sistema elettronico ha sempre un input e un output. L’artista immette qualcosa nell’input e ne esce qualcosa dall’output, ora se nell’input inseriamo della verdura andata a male l’output difficilmente profumerà di rose… rendo l’idea? In pratica ancora una volta se l’idea e la forza creativa ci sono il computer potrà trasformarle o interpretarle, ne uscirà qualcosa di vivo e di emozionante, altrimenti saranno suoni vuoti auto-refenziali. Insomma i contenuti secondo me sono ancora una volta la discriminante vera.
 
Davide
Tornando a Project-TO, avrà un seguito? In che modo lo hai inteso come collettivo?
 
Riccardo
Project-TO è un progetto audio e visual pensato proprio per il live. È un progetto pilota che nasce come collettivo sperimentale. Ad oggi siamo in 3, ci sono io che gestisco il live-set, Laura Pol che VJing tutta la parte visual e Carlo Bagini che arriva dal pianoforte classico e dal jazz che si inserisce con interventi suonati, è un punto di partenza che spero di ampliare inserendo in futuro elementi diversi sia musicali che provenienti da altre arti come la danza, il teatro o la poesia. Il live è il nostro  laboratorio, dove la struttura modulare-cellulare sia dell’audio che del video ci permette di dilatare i tempi per dare spazio alla sperimentazione. I Black soprattutto sono strutturati proprio per poter costruire il suono a strati, lasciando spazio anche per futuri interventi acustici o vocali. Mi piacerebbe prossimamente provare a coinvolgere qualche giovane strumentista del conservatorio e proporre interventi mirati all’interno del live, oppure un poeta che legga dei versi mentre ne modifichiamo la timbrica vocale in tempo reale. E poi c’è il live video ancora da integrare, con cui diventerá possibile interagire anche con altre arti visive coinvolgendo attori o danzatori. Abbiamo aperto una nuova label che abbiamo chiamato A21 Productions, e stiamo ultimando i nuovi studi di registrazione con annessa una sala video fotografica, insomma le idee sono tante e devo dire che ci divertiamo un mondo!!
 
Davide 
Hai 9 cd che verranno presto pubblicati in antologica. Ce ne dài un’anteprima?
 
Riccardo
È stata una fatica, ma dovevo farlo prima o poi. Si tratta di una raccolta di tutta la musica sperimentale che ho composto negli ultimi 15 anni che si intitola Riccardo Mazza Experimental Works 2000-2015. Sono 9 CD che ho diviso per tipologie e a cui ho dato dei nomi rappresentativi, come ad esempio “Concreto” che comprende brani basati su registrazioni ambientali che ho fatto in giro per il mondo quando ho realizzato la libreria sonora in surround Renaissance, oppure “Algoritmi” dove ho raccolto quei lavori sperimentali generati in modo algoritmico tramite linguaggi come Supercollider, Max o Arduino, oppure “Tracce Sonore” dove si trovano buona parte delle ambientazioni sonore fatte per i musei e le installazioni di carattere culturale. Ho dovuto rivedere e rifare tutti i mix dal materiale originale in quanto quasi tutto era stato in origine mixato in surround. Poi non ho resistito e ho rivisto, ove possibile, anche gli arrangiamenti integrando a volte alcuni elementi sonori, per rendere più coerente tutto il lavoro. Sono un po’ affaticato, ma molto soddisfatto e  non vedo l’ora di vedere fisicamente il cofanetto con i 9 CD. Le copertine sono un lavoro fotografico originale di Laura Pol, realizzato da uno scatto originale in Polaroid. Insomma siamo tornati al comandante Striker nella serie UFO…
 
Davide
Grazie e à suivre…
 
Riccardo
Grazie a te per le domande davvero interessanti.

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