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Kobane Calling – Zerocalcare

3 min read
Bao Publishing – Pag. 280
 
Ho letto tutto di Zerocalcare, credo di essere preparatissimo sulla sua poetica e sul suo stile, magari prima di morire ci scrivo un libro. In una precedente recensione affermavo che i suoi fumetti sono letteratura, molto più letteratura di tanta carta straccia travestita da libro e diffusa a suon di fanfare dal gigante Monnezzoli. Kobane Calling non solo conferma la mia impressione ma supera ogni più rosea aspettativa, portando la verve scanzonata e surreale del fumettista romano (di Rebibbia, lui ci tiene, ma aretino di nascita) a contatto con l’impegno politico, senza mai scivolare nel lavoro a progetto, senza voler dimostrare a ogni costo una tesi. Non era facile parlare  di Kobane, Turchia, Siria, Irag, Isis, Rojava e il regno dell’utopia, problemi dei curdi e guerra globale, tra terroristi veri e presunti, resistenza e diffidenza, luoghi comuni e realtà, senza scadere nel pippone politico (per usare il suo gergo) fine a se stesso. Zerocalcare scrive un diario di viaggio a fumetti, un reportage sincero dalla parte dei curdi, compie un’operazione alla Joe Sacco (Palestina), ma meno ideologica e per niente saccente. Lo fa con il suo stile disincantato, tra dialoghi con l’armadillo immaginario e il mammut dei peggiori incubi, con le rappresentazioni tratte dal mondo dei cartoni e del cinema, da Barbapapà a Peppa Pig, passando per Ken il guerriero, il mondo fantastico di Guerre Stellari e il fantasy della Compagnia dell’anello. Zerocalcare avvisa i suoi lettori: “Troverete un racconto il più possibile onesto di quello che ho vissuto durante il viaggio e nei giorni immediatamente precedenti, sia dal punto di vista emotivo che da quello della cronaca, comprese le contraddizioni e i dubbi del caso.” Il fumettista non ha nessuna intenzione di dispensare certezze che non possiede, ribadisce più volte che ha scritto un fumetto e non un trattato di sociologia, tanto meno sta partecipando a un talk show televisivo dove ogni idiota grida la sua verità. Perfette le sue parole: “Un tentativo di tenere un equilibrio tra il pippone didascalico e la cazzata spicciola. In certi punti spero di non aver fatto nessuno dei due, in altri probabilmente li ho fatti entrambi, però oh se nascevo imparato non stavo qua.” Kobane Calling a tratti è opera di pura poesia, anche se Zerocalcare scherza e smitizza la sua vocazione lirica, che viene fuori con prepotenza, davanti allo spettacolo della polvere di stelle sul cielo notturno dei territori martoriati dalla guerra, di fronte agli occhi di una ragazzina che si è rifugiata sulle montagne per sfuggire a un padre padrone e agli orrori della persecuzione turca. Un libro da leggere assolutamente. Un’opera importante per la letteratura italiana contemporanea. Un’alternativa al niente che ci circonda.

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