Quando incontrai per la prima volta il Didjeridoo ancora non sapevo ascoltare la sua voce.
La seconda volta poi, fu pressappoco come la prima.
Ci vollero ben tre volte per comprendere che mi parlava senza emettere alcun suono…
Ecco, in tre righe così è stato il mio primo incontro con questo meraviglioso strumento.
Occupandomi professionalmente di giocoleria, la mia mente era già abituata a non pensare al concetto di “impossibile” in termini di “facile o difficile”: in pochi anni avevo visto il mio corpo apprendere esercizi di abilità e destrezza che non avrei mai creduto, così, quando comprai il mio primo Didjeridoo, pensai che avrebbe meritato un tipo di attenzione particolare per impararlo a suonare. Ed in effetti, il mondo che si inizia ad esplorare quando si entra in contatto con il Didjeridoo (e quindi con la cultura degli aborigeni australiani) è ricco di continue sorprese.
La pratica dello strumento, in poco tempo ma ha portato ad intuire che il Didjeridoo non è solo ciò che sembra, ovvero uno strumento/bastone, o nel migliore dei casi un “pezzo di legno bucato”, ma anzi, è uno strumento che merita di un rispetto dato almeno dall’anzianità che lo caratterizza: sembra infatti essere, al momento, lo strumento più antico del mondo.
Le diverse applicazioni che lo caratterizzano, mi hanno portato ad esplorare la parte più olistica, legata alla consapevolezza che ogni Essere è in continua relazione con il Tutto.
In questo articolo descriverò in breve lo strumento, per poi passare alla descrizione della mia personale esperienza, nell’applicazione del Didjeridoo alla pratica del massaggio sonoro.
· Il Didjeridoo
Lo Yidaki, meglio conosciuto come Didjeridoo, è lo strumento sacro nella cultura degli aborigeni d’Australia.
È uno strumento completamente naturale: si tratta di un ramo secco d’eucalipto scavato nel suo interno dalle termiti, da un’estremità all’altra.
L’uomo si limita a rifinirlo e decorarlo.
La vibrazione delle labbra emessa dal suonatore genera il suono ancestrale del Didjeridoo che, per essere continuo, necessita della respirazione circolare: suonare, mentre allo stesso tempo si inspira ed espira.
Il Didjeridoo è uno strumento mono-tono, nel senso che emette sempre la stessa nota, detta “tonica o fondamentale”.
Attraverso le corde vocali, la nota fondamentale si trasforma in ulteriori note, dette “armonici”.
Ogni variazione del suono è data dall’utilizzo della voce e da minimi spostamenti della lingua e delle labbra, attraverso i quali è possibile riprodurre i suoni della natura: con il Didjeridoo si può cantare l’intero universo…
I primi reperti di questo meraviglioso strumento risalgono all’incirca a duemila anni prima della nascita di Cristo, ma nulla esclude che sia molto più antico, in quanto siamo a conoscenza che la cultura aborigena era già presente in Australia da almeno 40.000 anni.
Questo strumento permette, proprio per la sua naturale composizione, di effettuare sonorità generate da vibrazioni in simbiosi con la natura.
Ovviamente il suono emesso dallo strumento aiuta la mente a concentrarsi in stati meditativi, in quanto la vibrazione emessa, sembra provenire direttamente dalle viscere della terra.
E’ uno strumento riservato agli uomini: la separazione dei ruoli tra uomini e donne nella cultura aborigena è alla base dell’equilibrio sociale che ha permesso agli aborigeni di sviluppare credenze, usi e costumi in completa armonia con i ritmi della natura: d’altronde, ad esempio, non è vero che la procreazione è un dono esclusivamente femminile?
· Il massaggio sonoro
Il massaggio sonoro effettuato con il Didjeridoo, avviene con la bocca dello strumento indirizzata direttamente sul corpo di colui (o colei) che riceve il trattamento e non prevede nessun tipo di contatto: nella cultura aborigena le vibrazioni generate dal suo suono del Didjeridoo sono benefiche per il corpo umano.
Ho avuto modo di sottopormi personalmente a trattamenti di gruppo, attraverso i quali ho iniziato ad esplorare parti remote di me stesso.
I diversi livelli di percezione avvertite durante il trattamento coinvolgono le tre sfere dell’essenza umana: corpo, mente e anima.
Il corpo avverte il calore dell’aria, l’odore del legno, la vibrazione che lo accarezza in modo sottile in ogni angolo. I muscoli e gli organi interni in generale si rilassano, emettono sonorità diverse, trovano il loro naturale equilibrio.
La mente è come se venisse ipnotizzata: attraverso l’udito la vibrazione entra in modo prominente nelle orecchie; l’ossessività dello stesso suono portato avanti per decine di minuti favorisce una sorta di “vuoto mentale”.
In generale, praticando il massaggio sonoro sia a uomini che a donne, ho notato che la regressione dei pensieri è la caratteristica comune a questo genere di sedute.
L’anima è necessariamente condizionata dagli eventi che contemporaneamente influiscono sul nostro corpo durante una seduta. Ho modo di affermare che, le persone sottoposte all’esperienza, hanno un’attività onirica, nei giorni successivi al trattamento, decisamente superiore alla quotidianità, ma per analizzare più approfonditamente questo ambito, sarebbe necessario parlare di alcuni aspetti della cultura aborigena direttamente collegati al Sogno.
Consiglio il massaggio sonoro a uomini e donne di qualunque età, a disabili e bambini (ai quali in diverse occasioni ho notato che non è necessario arrivare al massaggio ma è sufficiente l’ascolto), a donne in stato d’attesa.
La non presenza di contatti diretti, garantisce l’armonioso bilanciamento delle energie vitali secondo il naturale metabolismo dell’organismo.
Ovviamente l’esperienza non è una cosa da affrontare con leggerezza. Ho conosciuto persone che hanno slegato grandi nodi con loro stessi durante una seduta o attraverso una seduta, ma in generale ho sempre preferito praticare il massaggio a chi già faceva un certo tipo di lavoro con se stesso (meditazione, automassaggio, yoga e pratiche simili).
· Giornate dedicate al massaggio sonoro
Nelle giornate dedicate al massaggio sonoro, normalmente ci si applica sia nelle diverse attività legate alla respirazione, alla coordinazione e al rilassamento muscolare, sia nella conoscenza, per ciò che ci è permesso, della cultura aborigena dalla quale proviene il Didjeridoo.
Queste attività ovviamente preparano all’ascolto del suono ancestrale dello strumento, predisponendo il nostro corpo ad accogliere le vibrazioni che verranno emesse.
L’importanza della consapevolezza di ciò che è incluso durante una seduta di massaggio sonoro, è fondamentale per comprendere le infinite caratteristiche proprie di ogni individuo.
Diverse energie entrano in gioco nel momento in cui si sa più chiaramente cosa si sta’ facendo ed è per questo che parte della giornata è dedicata ad una sorta di “addestramento al massaggio”.
Abbandonare il proprio corpo, lasciando che la mente si nutra del suono viscerale del Didjeridoo non è cosa facile e necessita di una adeguata preparazione.
L’esperienza tende ad unificare mente anima e corpo e, nonostante preferisco consigliarla, almeno per il momento, soltanto a chi già intraprende un profondo percorso di ricerca interiore, ho constatato che dissipa effetti benefici anche a chi non conosce o non è abituato a momenti di intensa riflessione sulla propria Natura.
· Chi è Stefano Maria Crocelli
Essendo la natura del Didjeridoo propria della cultura aborigena, Stefano Maria Crocelli inizia la pratica dello strumento attraverso la conoscenza della cultura indigena australiana.
Provenendo dallo studio del pianoforte, lo strumento con il maggior numero di note, sposta l’oggetto di ricerca agli antipodi della cultura musicale occidentale, in quanto il Didjeridoo è uno strumento mono-tono, nel senso che emette sempre la stessa nota, detta tonica.
I numerosi viaggi intrapresi a contatto con le popolazioni locali nel Magreb, negli Stati Uniti e in Africa equatoriale sono stati un fondamentale percorso di ricerca nell’ambito dello studio etno-musicale.
Laureato in Scienze Sociali della Comunicazione Interculturale presso l’Università di Perugia, si occupa professionalmente di giocoleria continuando ogni modo la sperimentazione musicale, non solo con il Didjeridoo, ma anche attraverso il canto armonico e il marranzano di Sicilia, meglio conosciuto come scacciapensieri.
Nelle vesti di giocoliere, intraprende gli esercizi di abilità e destrezza alla ricerca dell’indispensabile equilibrio necessario per la loro esecuzione, affidandosi agli insegnamenti della cultura orientale e, più specificatamente, al Tai Chi Chuan.
Attualmente è impegnato in progetti di cooperazione e sviluppo in Uganda, Tanzania e Kenya.
Vive a Terni, nella verde e mistica Umbria, ponendo, alla base della propria quotidianità, il favorevole contatto con la natura.
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