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Quando si pensa con i piedi e un cane ti taglia la strada

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Luisito Bianchi
L’Ancora del Mediterraneo
Narrativa romanzo
Collana Le Gomene
Pagg. 173
ISBN 9788883252655
Prezzo € 14,00
 
Doreàn, ovvero gratuitamente
 
Ci sono libri che apparentemente sembrano piccole storie, ma che, qualora letti con la dovuta attenzione, rivelano qualità insospettabili, messaggi che vanno ben oltre l’esile trama che funge solo da supporto per raggiungere l’obiettivo.
È questo il caso di Quando si pensa con i piedi e un cane ti taglia la strada, un volumetto in cui Luisito Bianchi, l’autore del celebre La messa dell’uomo disarmato, ancora una volta ritorna sul tema a lui caro, su quella gratuità a cui si è uniformato nel corso di tutta la vita, perché se si vuole cambiare il mondo, questo cambiamento deve prima avvenire in noi stessi.
Ripeto che la vicenda è esile nell’incontro con un cane non affamato che si affeziona da subito a Luisito, gli dona incondizionatamente il proprio amore ricevendone altrettanto. E poiché anche questi simpatici animali devono avere un nome, per lui viene scelto Doreàn, un avverbio greco che tradotto significa gratuitamente. Senza un tornaconto immediato la bestiola offre il suo amore, chiedendo solo in cambio, a gratis, altrettanto. Se Dio ci ha dato questa terra, i suoi frutti, vivere per appropriarsene a danno degli altri, rinchiuderci nel nostro egoismo che misura tutto in termini monetari, anche i contatti con i nostri simili, è venir mento ai principi cristiani, nonostante ci si possa professare credenti.
E Don Luisito Bianchi ha improntato tutta la sua vita a questo principio della gratuità, rifiutando lo stipendio da insegnante di religione, lavorando come prete operaio in un’industria chimica, vivendo in ristrettezze in un mondo che non riesce a comprendere altro che i valori monetari. In questo modo è stato un prete scomodo, critico nei confronti di una Chiesa che ha sempre professato la sua sete di potenza, proteso a condividere l’esistenza delle classi più disagiate, testimonianza sì di una fede, ma soprattutto di una coerenza mai venuta meno. Ho potuto verificare ciò più volte nel corso dei non infrequenti colloqui telefonici che abbiamo avuto e l’unica cosa di cui mi pento è di aver rimandato, più volte, un nostro incontro a Viboldone nell’illusione che per questo c’era ancora quel tempo che poi non c’è stato. Anche la nostra corrispondenza epistolare rivela un uomo dalla straordinaria grandiosa umiltà, la stessa che possiamo trovare in un altro illustre personaggio del secolo scorso, cioè Gandhi.
Nel suo libro Don Luisito, nel ripercorrere una vita, ritorna tambureggiante sul tema della gratuità senza esaltare il suo percorso, tanto che  quella coerenza, decisa a tutto al punto da renderlo inviso a non pochi comandanti della Chiesa, appare per lui un fatto del tutto normale, come normale è mangiare, dormire e respirare, e in queste pagine si respira un’aria buona, leggera, da alta montagna, quasi che lui, pur sempre fra noi, fosse immerso in quella profonda serenità propria solo di chi è consapevole di procedere sulla strada giusta. 
Da leggere senz’altro.
 
Luisito Bianchi è nato a Vescovato nel 1927 ed è morto nel 2012. Sacerdote dal 1950, é stato insegnante e traduttore ma anche operaio, benzinaio e inserviente d’ospedale. Negli ultimi anni di vita ha svolto la funzione di cappellano presso il monastero di Viboldone (Milano). Ha pubblicato:Salariati (1968), Gratuità tra cronaca e storia (1982), Dittico vescovatino (2001), Simon mago (2002), La messa dell’uomo disarmato (2003), Dialogo sulla gratuità (2004) e Monologo partigiano (20049, Come un atomo sulla bilancia (2005), I miei amici – Diari (2008), Quando si pensa con i piedi e un cane ti taglia la strada (2010), Le quattro stagioni di un vecchio lunario (2010), Il seminarista (2013).
Hanno detto di lui: «Un punto di riferimento per chi ama la letteratura, per i critici e per i lettori che hanno trovato nei libri di questo autore un seme di verità, una parola vera e necessaria» (Avvenire); «Un autore di densissimo spessore umano e spirituale» (La Stampa); «Don Luisito Bianchi è sempre stato ed è un prete “scomodo”, di quelli pronti a mettersi in gioco» (L’Unità).

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