Italic – Pequod, 2013
Pag. 180 – Euro 16,00
Pag. 180 – Euro 16,00
Giovanni Schiavone è nato nel 1983 e ha dedicato quindici anni della sua vita (1998 – 2013) alla stesura de Il dio osceno, unico romanzo pubblicato nella sua breve carriera. Dobbiamo dire che si vedono tutti. Grande cura formale riservata al linguaggio, trama ben strutturata, personaggi complessi, che vivono e respirano, uomini e donne, non fumetti monodimensionali, creature capaci di affascinare e coinvolgere. Sarebbe riduttivo confinare Il dio osceno negli angusti scenari della narrativa di genere, anche se l’autore utilizza tutti gli schemi del fantasy e del fantastico per rendere accattivante il messaggio filosofico. Il dio osceno è letteratura, nel senso più ampio del termine, non mera narrativa d’intrattenimento, quindi è sconsigliato ai consumatori di Volo, Camilleri, Faletti, Veronesi, Nesi, Nove, Nori… l’elenco sarebbe lunghissimo, quasi interminabile. In breve la trama. Siamo nel 2027, il protagonista – il giornalista Jean Blaise – vive a Gebal, una città stato immaginaria, dove è il capo della stampa mondiale. Un giorno incontra lo scienziato Giona Quetzal, che proviene dal bellicoso pianeta Marte, colonia terrestre, e gli rivela una terribile notizia. I potenti dei due pianeti vogliono sterminare l’umanità diffondendo un virus orribile: il male oscuro, che comincia a mietere vittime partendo da Torino. Non tutto è così semplice e lineare come sembra, il finale imprevedibile fa capire al lettore che qualcosa di molto più grande e oscuro minaccia le popolazioni terrestri. Una sorta di rivelazione divina cambierà la vita di Jean Blaise e lo spingerà a prendere decisioni senza ritorno.
Il dio osceno è commistione di generi, ma soprattutto è romanzo filosofico – morale sul senso della vita e sul ruolo dell’uomo all’interno del complesso gioco del divenire. Parti oniriche si alternano a pura azione, descrizioni fantastiche lasciano il posto a un crudo realismo, pensieri di taglio evangelico, persino spirituale, si danno il cambio con dialoghi filosofici. Un solo appunto: sarebbe stato meglio spostare la narrazione più avanti nel tempo, perché il 2027 è ormai alle porte, e certi cambiamenti profetizzati dall’autore sembrano molto improbabili. Sottigliezze, comunque, perché quel che resta al termine della lettura è la sensazione di non aver perduto il proprio tempo, come spesso accade con tanta narrativa italiana contemporanea. Bravo Schiavone e bene la Pequod, piccolo editore che non delude.