Neri Pozza (Milano, 2014)
pag. 240, euro 17.00
Che cazzo può succedere sotto una città! Diverse città hanno avuto, realmente, vite e vita vera sotto la superficie che vediamo; messe fra parentesi le necropoli, in buona sostanza, ci sono esempi concreti di città esistite sotto la pelle di quel che vediamo: ma, appunto, dobbiamo rivolgere la testa indietro secoli e secoli – se vogliamo ritrovare certe immagini: tranne quando entriamo, per esempio, e nel correre dell’attualità, nelle fogne ungheresi… Oppure, di certo, nell’immaginifico (visionario) e realistico “Il venditore di pianeti” (edito prima dalla storica Malatempora di Quattrocchi nel 2006 e poi da Marco Tropea due anni dopo) del folle Marco Sommariva. Ma avevate mai pensato cosa può bollire al di sotto del livello d’una metropoli chiamata Napoli? E se proprio lì, fervesse un sogno di riscatto? Addirittura lì s’inseguisse una causa letteraria? “Nascosti nel sottosuolo della città, e pronti a farsi saltare in aria per far conoscere al mondo la tragica causa di Tamil Eelam, la loro patria perduta, dopo la resa definitiva delle Tigri e l’uccisione del loro capo Velupillai Prabhakaran da parte delle forze governative dello Sri Lanka, i tamil di Napoli in vent’anni di lavoro hanno creato un mondo altro, quasi un doppio della città, e hanno formato una società segreta, l’Accademia dei sotterranei, che va producendo opere letterarie napo-tamil”. Questa impareggiabile fantasia si sviluppa nel racconto di “dieci dei loro scrittori”. In dieci capitoli: “quanti sono gli avatára (le reincarnazioni) di Vishnu, i cui altarini campeggiano nei bassi dei tamil di Materdei, della Sanità, dei Quartieri Spagnoli e del Pallonetto di Santa Lucia”. Contaminando il capoluogo campano, tanto da accogliere niente poco di meno che “madonne con proboscidi e code di elefante, patroni nati dalla fusione di Buddha e San Gennaro, e una disperata attività letteraria espressa sulle pagine di una rivista underground che s’intitola Cannarutizia…”. Si ricordi, adesso, che Napoli ha un’università dal nome “L’Orientale”. Un romanzo che ha meravigliato moltissimo. Un romanzo che stupisce fin dalle prime pagine. Alessio Arena questa volta sceglie di raccontare una Napoli disperata sopra e fervente sotto. Fino all’evento annunciato, in un certo senso. Quanto comunque imprevisto. Un’opera letteraria apparentemente molto semplice da leggere. Che ti fa perdere nei suoi meandri. Epperò, com’è noto, trama facile non è necessariamente sinonimo di libro da svago. Questo romanzo d’Alessio Arena, per nostra fortuna, intanto ci fa soffermare davvero su mondi vicini e distanti allo stesso tempo. Arena porta al paradosso un concetto, delle esperienze. Fino a catapultarci in visioni parallele alla nostra realtà.