…della candida Erendira e della sua nonna snaturata
…che in seguito allo sfacelo che si avventa su di loro, dà in pasto alle erotiche fauci degli uomini il corpo vergine della candida Eréndira.
Le due se ne vanno per i deserti a spargere i semi e le gioie dell’amore errante, nei tendaggi di un postribolo, addobbato alla circense, che reca scritto “ Erèndira ti aspetta” , “Non è vita senza Eréndira” , “Vai e torna. Eréndira è meglio “.
Eréndira la prostituta da baraccone. Ora che hanno perduto ogni cosa, e serve loro del denaro, la snaturata ritiene che la maniera migliore per andare avanti a sostentarsi sia svendere a colpi di pesos, cento, duecentocinquanta, la virtù ancora acerba della nipote. Peraltro, l’incendio che ha sconquassato ogni cosa fu causato da lei, da Eréndira, con la sua sbadataggine dolce che quella notte assunse le forme di un candelabro dannato, o forse fu una questione di destino, perchè proprio quella notte soffiava il vento della sua disgrazia, vento che le ululava addosso da quando era nata.
Il destino è il DNA onnipotente che scorre nel sangue di questi sette racconti, un destino viscerale, inusitato, e passionale, fa salpare le vite dei personaggi, vite votate talvolta a un’inesistenza torrida, come quella di Ulises, assalito dal tremito dell’amore suo e di Eréndira compirà il sacrificio estremo, uccidendo la vecchia snaturata, ma Eréndira, aggiogata alla malìa conturbante che la snaturata esercita su di lei, e alle carezze rapaci degli uomini, quando si ritrova libera dalle sue catene, nasce per la prima volta e corre via, oltre gli infiniti tramonti, corre via per vivere e per amare nessun altro che non sia se stessa; il vento della sua disgrazia le impedì di amare persino l’unico essere che le si prostrò innanzi, a lei schiava e puttana da una vita, come di fronte a una regina, e come una dea la venerò.
Il destino di Màrquez è un destino del tutto sconvolgente, capace di stravolgere le umane leggi del mondo, neanche si trattasse di cogliere viole, e scavalcarle con quel tocco che ottiene la dicitura di “ real maravilloso”, il realismo magico, al cui cospetto, sulle prime, restare attoniti è impossibile, è impossibile percepirsi esterefatti, nutrire il sentore che qualcosa sfugga dai suoi contorni limitanti di fronte a Tobias e al signor Herbert che navigando a corpo nudo nel mare e ben più oltre i suoi fondali “passarono davanti a un villaggio sommerso, con uomini e donne a cavallo, che giravano intorno al chiosco della musica. Era una giornata splendida e c’erano fiori dai colori vivaci sulle terrazze”, o di fronte allo spettaccolo di un signore molto vecchio con certe alienormi “ali da pipstrello siderale”, moribondo, disperso, e disperato che trova rifugio nelpollaio di Pelayo ed Elisenda, e ancor prima nel loro buon cuore, attraversa le paludi della discriminazione che gli è dovuta dalla sua condizione pseudoumana, divenendo un fenomeno da zoo, additato dalla calca dei cuoriosi, finchè in ultimo, con goffi tentativi, con alate indegne, arrabattandosi come gli viene, tenta il volo, e quando prende quota e il volo gli viene, se ne va librandosi nel chissà dove; rendersi conto, leggendo, che qui respira l’assurdo incarnato nelle fattezze di ciò a cui diamo il nome di normalità, capacitarsi che questo non potrebbe mai accadere, è impossibile, poichè leggendo si va dimentichi della realtà e delle sue regole di filo spinato, dei confini netti e trancianti in cui vivono e pulsano le cose, ed è grazie al trasporto suscitato dall’esacerbata naturalezza della scrittura di Màrquez che questa magia avviene, stordendoci con i suoi suoni esotici, con le sfumature roventi della terra caraibica, disperdendoci nelle desertiche lande, oltre i mari diàfani.
Una narrazione ondulata, fatta di venditori di miracoli e dei viaggi di navi fantasma, percorre lo scheletro dei racconti in un nodo unico, il suo intersecarsi e ingarbugliarsi e di nuovo, disciogliersi, ne va a costituire la compatta unità interna, così, uomini o donne incontrati sessanta pagine prima ricompaiono in un lampo, apparizioni fugaci, sessanta pagine dopo.
In un altro romanzo, Dell’amore e altri demoni , Màrquez marchia a fuoco le labbra di Abrenuncio con le seguenti parole: “ Più la scrittura è trasparente e più la poesia è visibile “.
Non c’è bisogno di aggiungere altro.