Ancora una cosa ti manca: vendi tutto quello che hai
e dallo ai poveri. Così avrai un tesoro nei cieli.
Poi vieni e seguimi.
Vangelo di Luca
Questa suggestiva denominazione indica una particolare modalità di attuazionedella vendita giudiziaria di beni[1],che si realizzain una pubblica gara finalizzata alla scelta del compratore disposto a pagare il prezzo più elevato, dopo un confronto diretto fra potenziali acquirenti.
L’incanto, dal latino medievale inquantum, evoluzione della locuzione latina in quantum (a quanto [si vende]?), viene previsto dalla legge come “naturale” rimedio in tutti i casi in cui si renda necessario trasformare beni sottoposti ad un vincolo giuridico (beni pignorati nell’espropriazione forzata, oppure destinati a garanzia del pagamento di un credito, cioè soggetti a “pegno”, o ancora beni appartenenti a persone minori d’età, interdette o inabilitate[2]), in danaro liquido.
Di norma infatti, se si eccettuano le situazioni in cui il Giudice tutelare può autorizzare il Tutore o il Curatore alla vendita di beni di proprietà di minori, interdetti o inabilitati (alienazione che per assicurare il massimo vantaggio economico all’incapace può assumere la forma dell’incanto), nel nostro ordinamento giuridico l'espropriazione di beni può avvenire solo quando un soggetto, tenuto ad adempiere un'obbligazione a contenuto pecuniario, non l'adempie spontaneamente[3].
Il caso più semplice e immediato, in questo senso, è quello previsto dall’art.1515 del Codice Civile[4], secondo il quale “Se il compratore non adempie l'obbligazione di pagare il prezzo, il venditore può far vendere senza ritardo la cosa per conto e a spese di lui”. L’art. 1515 continua, al II comma, prevedendo che “La vendita è fatta all'incanto a mezzo di una persona autorizzata a tali atti[5] o, in mancanza di essa nel luogo in cui la vendita deve essere eseguita, a mezzo di un ufficiale giudiziario. Il venditore deve dare tempestiva notizia al compratore (inadempiente) del giorno, del luogo e dell'ora in cui la vendita sarà eseguita. Se la cosa ha un prezzo corrente, stabilito per atto della pubblica autorità […], ovvero risultante da listini di borsa o da mercuriali[6], la vendita può essere fatta senza incanto, al prezzo corrente, a mezzo delle persone indicate nel comma precedente o di un commissario nominato dal tribunale. In tal caso il venditore deve dare al compratore pronta notizia della vendita…”. La “vendita in danno del compratore”, quale forma speciale di esecuzione forzata per espropriazione, di cui il venditore può avvalersi quando la cosa è già diventata di proprietà del compratore (ma ancora nella sua disponibilità), può effettuarsi solo se avvenga senza ritardo, cioè non appena si delinei l'inadempimento del compratore all'obbligazione di pagare il prezzo, poiché il ritardo comporterebbe una tacita rinunzia del venditore di avvalersi di tale rimedio. Poiché la rivendita in danno costituisce una ipotesi eccezionale di esecuzione, concessa dalla legge con l'osservanza di particolari formalità, per tutelare più efficacemente l'interesse (all'esecuzione del contratto) del venditore, non è consentito derogare alle prescrizioni dettate dall'art. 1515 c.c. per l'attuazione di questa forma di autotutela. In conseguenza non può aversi l'ipotesi richiamata se la vendita della merce ad un terzo non sia fatta a mezzo delle persone indicate nella norma, a garanzia che il prezzo sia effettivamente quello ricavabile in base al normale mercato[7]. Questa ipotesi di vendita ha carattere facoltativo, nel senso che il venditore può scegliere se far vendere la cosa (nel caso, non frequente, che non sia stata ancora consegnata al compratore), e soddisfarsi con il ricavato della stessa[8], o se ricorrere alle normali azioni contrattuali (risoluzione del contratto e risarcimento danno), per ottenere un titolo (c.d. “esecutivo”) ed attaccare il patrimonio del debitore con l’esecuzione forzata[9].
Quest’ultima, come già accennato in altri articoli[10], si può definire come quella seconda fase del procedimento giudiziario (che presuppone un accertamento giudiziale del diritto a esigere), che porta alla realizzazione concreta di quanto dovuto, attraverso la spogliazione coattiva di uno o più beni, mobili (o immobili), compiuta dal creditore sul debitore. Il procedimento espropriativo si sviluppa in tre momenti fondamentali: pignoramento[11]; vendita (o assegnazione); distribuzione della somma ricavata ai creditori.
Questo schema generale prevede una rilevante eccezione in relazione ai beni mobili sottoposti a “pegno” (art.2874 Codice Civile). Come noto il “pegno” di beni mobili costituisce un “diritto reale di garanzia”, costituito su una cosa mobile del debitore (o di un terzo), con la funzione di garantire la soddisfazione di un credito, nell'ipotesi in cui il debitore non adempia spontaneamente. Infatti, con il pegno la cosa mobile rimane vincolata al soddisfacimento del creditore “pignoratizio” che, in caso di inadempimento del debitore, si soddisferà sul bene a preferenza degli altri creditori, anche se la cosa sia passata in proprietà a terzi. La costituzione del pegno avviene mediante un contratto reale che si perfeziona con la “consegna della cosa”[12]. Ebbene l’art.2796 del Codice Civile dispone che il creditore, in caso di mancato pagamento e per il conseguimento di quanto gli è dovuto, può far vendere la cosa ricevuta in pegno immediatamente[13]; la forma speciale di vendita di cui si tratta (esecuzione forzata pignoratizia), è prevista al fine di un rafforzamento della garanzia, ed anche di una più rapida soddisfazione del credito, posto che, secondo opinione consolidata, non occorrerebbe per essa titolo esecutivo, a differenza della vendita comune nell'esecuzione forzata ordinaria. Inoltre, tale speciale forma di vendita supera la necessità dell'intervento di un organo statale (il Giudice), necessario nella vendita forzata ordinaria, essendo la procedura affidata all'Ufficiale Giudiziario, che agisce su iniziativa del creditore o direttamente a quest'ultimo, quando le parti abbiano raggiunto un accordo in tal senso.
Anche in materia di beni “deteriorabili” sottoposti a sequestro (giudiziario o conservativo[14]), si ritrova, nella disciplina del Codice di Procedura, un’ipotesi di vendita (forzata) disposta dal Giudice: l’art.685 C.P.C. prevede che “In caso di pericolo di deterioramento[15] delle cose che formano oggetto del sequestro, il giudice, con lo stesso provvedimento di concessione o con altro successivo, può ordinarne la vendita nei modi stabiliti per le cose pignorate.
Il prezzo ricavato dalla vendita rimane sequestrato in luogo delle cose vendute.”. La norma tende a tutelare la posizione del creditore permettendo la continuità degli effetti del sequestro, anche nell'ipotesi in cui venga meno il bene che originariamente ne costituiva l'oggetto (si pensi al sequestro di generi alimentari).
La procedura di vendita all’incanto viene precisamente disciplinata Codice di Procedura Civile, in via generale per l’ipotesi più frequente di vendita forzata, quella dei beni pignorati[16]. Il primo atto di impulso successivo al pignoramento è l’istanza che il creditore ha l’onere di rivolgere al Giudice dell’esecuzione entro 90 giorni e non prima di 10 giorni dall’effettuazione del pignoramento (art.529, I comma, c.p.c.)[17]. Oggetto dell’istanza è la vendita dei beni pignorati, o , più esattamente la determinazione delle modalità di tempo e luogo di tale vendita. E’ chiaro che se il pignoramento ha colpito denaro liquido, non c’è bisogno di vendita ed il creditore procedente può chiedere senz’altro la soddisfazione del suo credito con laconsegna della somma. A seguito dell’istanza di vendita (o di assegnazione[18]), il Giudice dell’esecuzione provvede innanzi tutto a fissare un’udienza per l’audizione delle parti (art.530, I comma c.p.c.)[19]. In tale udienza non sono permesse trattazioni in contraddittorio per la soluzione di contestazioni giuridiche, ma è semplicemente l’occasione che permette alle parti di fare osservazioni e di proporre, a pena di decadenza, le opposizioni agli atti esecutivi, se non sono già decadute dal diritto di proporle; nel caso della c. d. piccola espropriazione mobiliare (che può aversi quando si procede per un credito che non superi i ventimila euro), questa udienza non si tiene e il Giudice provvede immediatamente con proprio decreto per l’assegnazione o la vendita (art. 525 c.p.c. II comma).
Nell’ipotesi ordinaria, dice la legge che in mancanza di opposizioni (o se su di esse si è raggiunto l’accordo tra le parti), il Giudice dell’esecuzione dispone con ordinanza la vendita, che può essere a mezzo di commissionario oppure all’incanto[20]. Se il Giudice sceglie la prima soluzione (caso più frequente considerata la quantità delle procedure esecutive), dopo avere sentito, se necessario, uno stimatore dotato di specifica preparazione tecnica e commerciale in relazione alla peculiarità del bene stesso, fissa il prezzo minimo di partenza e l'importo globale fino al raggiungimento del quale la vendita deve essere eseguita[21].
Quando il Giudice dispone la vendita all’incanto, stabilisce, nel suo provvedimento, il giorno, l'ora e il luogo in cui deve eseguirsi, e ne affida l'esecuzione al Cancelliere o all'Ufficiale Giudiziario o a un Istituto all'uopo autorizzato[22]. Nello stesso provvedimento il Giudice dell'esecuzione può disporre che, oltre alla pubblicità prevista dal primo comma dell'articolo 490 c.p.c., sia data anche una pubblicità straordinaria a norma del comma terzo dello stesso articolo. Il primo comma infatti afferma: “Quando la legge dispone che di un atto esecutivo sia data pubblica notizia, un avviso contenente tutti i dati, che possono interessare il pubblico, deve essereaffisso per tre giorni continui nell'albo dell'ufficio giudiziario davanti al quale si svolge il procedimento esecutivo”. Così il III comma: “Il giudice dispone inoltre che l'avviso sia inserito almeno quarantacinque giorni prima del termine per la presentazione delle offerte o della data dell'incanto, una o più volte sui quotidiani di informazione locali aventi maggiore diffusione nella zona interessata o, quando opportuno, sui quotidiani di informazione nazionali e, quando occorre, che sia divulgato con le forme della pubblicità commerciale. La divulgazione degli avvisi con altri mezzi diversi dai quotidiani di informazione deve intendersi complementare e non alternativa[23]”. Lo scopo della norma in esame è quello di dare la possibilità al pubblico di venire a conoscenza dell'imminente compimento di un atto che riveste interesse generale, come appunto l'ordinanza di vendita all'incanto. La pubblicità, a cui la norma si riferisce, può essere dunque ordinaria (I comma), o straordinaria (III comma): quella prevista dalla legge è ordinaria e obbligatoria. Diversamente, quella disposta dal Giudice dell'esecuzione, qualora ne ravvisi l'utilità, è straordinaria.
Ai sensi dell’art.535 c.p.c., II comma, con l’ordinanza (o decreto) di vendita il Giudice, sentito quando occorre uno stimatore[24], fissa il prezzo di apertura dell'incanto o autorizza, se le circostanze lo consigliano, la vendita al migliore offerente senza determinare il prezzo minimo[25]. Gli art.536 e 537 indicano poi le modalità di trasporto dei beni nel luogo stabilito per l'incanto e dell’atto di vendita all’incanto: “Le cose da vendere si offrono singolarmente oppure a lotti secondo la convenienza, per il prezzo base di cui all'articolo 535. L'aggiudicazione al maggiore offerente segue quando, dopo una duplice pubblica enunciazione del prezzo raggiunto, non è fatta una maggiore offerta.” . Dunque le offerte vanno presentate personalmente (o tramite un mandatario munito necessariamente di procura scritta). Secondo parte della dottrina, le parole «maggior offerente» sono espressione della necessaria presenza di almeno due persone affinché la vendita all'incanto possa aver luogo. Nel caso in cui venga proposta un'offerta successiva, questa opera come “condizione risolutiva” liberando l'offerente precedente, anche qualora l'ultima offerta venga poi dichiarata nulla[26]. Dell'incanto si redige Processo Verbale, che si deposita immediatamente nella cancelleria (art.537 III comma c.p.c.)[27]. Rilevante è anche la disposizione dell’art. 538 c.p.c. secondo la quale nel caso in cui i beni messi all'incanto restino invenduti si dovrà procedere ad un nuovo incanto ad un prezzo base inferiore di un quinto, senza la necessità di celebrare una nuova udienza di comparizione delle parti. Ancora lo stesso iter dovrà essere seguito nel caso in cui anche al secondo incanto i beni restino invenduti. Se pure gli incanti successivi si dovessero rivelare infruttuosi, il Giudice dell'esecuzione potrà fissarne uno in cui sarà ammessa qualsiasi offerta.
Per quanto riguarda il pagamento da parte dell’acquirente/aggiudicatario, esso non è più richiesto obbligatoriamente in contanti dopo una modifica dell’art. 540 c.p.c. intervenuta nel 2009/10[28]. Sono ammessi ovviamente altri mezzi di pagamento che assicurino non solo la “tracciabilità” della transazione (tanto cara alle nostre autorità tributarie), ma anche la tendenziale immediatezza del pagamento (es. Assegno Circolare). Infatti la norma precisa che “Se il prezzo non è pagato, si procede immediatamente a nuovo incanto, a spese e sotto la responsabilità dell'aggiudicatario inadempiente”, e da questo II comma, si ricava chiaramente che nella vendita (forzata) all'incanto, l'effetto traslativo si verifica solo al momento del versamento del prezzo[29]. La somma ricavata dalla vendita è immediatamente consegnata al cancelliere per essere depositata con le forme dei depositi giudiziari[30].
Si è molto discusso e si discute circa la natura giuridica della vendita forzata, che differisce nettamente dal comune contratto di compravendita, per il dato fondamentale che essa avviene prescindendo totalmente dalla volontà di colui che sarebbe il venditore. D’altra parte, l’acquirente non acquista di certo a titolo originario, ma a titolo derivativo; egli è veramente un acquirente; solo che colui che vende non è il proprietario, ma è lo Stato e, per esso, l’organo giurisdizionale; e non certo in rappresentanza del debitore, ma in sua vece. Secondo l’autorevole opinione del Chiovenda, lo Stato, fonte di tutti i poteri, sottrae al debitore, non il bene, ma il potere di alienarlo. Infatti, il denaro ricavato dalla vendita appartiene ancora al debitore, il quale riceve in restituzione l’eventuale residuo.
Quando uno zero s’imbatte in un uno, forma il dieci.
Così l’uno ha, ogni tanto, l’occasione di aumentare.
Ma che varrà mai lo zero che s’incontra con un altro zero?
M. Barani
[1]Il bene, in diritto, è qualsiasi “entità”(materiale, immateriale, mobile o immobile), “passibile di valutazione economica”. In questa sede ci si occuperà in particolare dei beni mobili, oggetti dalla natura più varia come motoveicoli, autovetture, motocicli, furgoni, camion, autoarticolati, rimorchi, imbarcazioni, motori, autocarri, attrezzature, utensili, arredi casa, arredi ufficio, scaffalature, computer, impianti di produzione, strutture in legno e metallo, pannelli solari, frigoriferi, forni per pizza, oggetti d'arte, quadri, gioielli, abbigliamento, materie prime, semi lavorati, prodotti finiti, titoli di particolare natura come le Autorizzazioni Amministrative per la produzione di determinate sostanze (es. le “quote latte” dell’Unione Europea, autorizzazioni amministrative al commercio ecc.).
[2] Art.733 Codice di Procedura Civile – LIBRO QUARTO – DEI PROCEDIMENTI SPECIALI – Titolo II – Dei procedimenti in materia di famiglia (Artt. 706-742 bis) – Capo IV – Disposizioni relative ai minori, agli interdetti
Se, nell'autorizzare la vendita di beni di minori, interdetti o inabilitati, il tribunale stabilisce che essa deve farsi ai pubblici incanti, designa per procedervi un ufficiale giudiziario del tribunale del luogo in cui si trovano i beni mobili, oppure un cancelliere dello stesso tribunale o un notaio del luogo in cui si trovano i beni immobili. L'ufficiale designato per la vendita procede all'incanto con l'osservanza delle norme degli articoli 534 e seguenti, in quanto applicabili, e premesse le forme di pubblicità ordinate dal tribunale.
[3] Caso diverso è quello dell’espropriazione per “pubblica utilità”, forma di limitazione del diritto di proprietà per motivi di pubblico interesse, in presenza del quale il diritto soggettivo sulla cosa propria “affievolisce”, tanto che il soggetto espropriato viene privato del bene di cui è proprietario e da questo “affievolimento” sorge il diritto a un indennizzo. Il fondamento giuridico di questo tipo di espropriazione è nell'art. 42 della Costituzione, che, da un lato, riconosce e garantisce la proprietà privata, dall’altro stabilisce che essa può essere “nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi di interesse generale” (III comma).
[4] Codice Civile – LIBRO QUARTO – DELLE OBBLIGAZIONI – Titolo III – Dei singoli contratti (Artt. 1470-1986) – Capo I – Della vendita – Sezione II – Della vendita di cose mobili
[5] Le disposizioni di attuazione del Codice autorizzano anche gli Agenti di Cambio per la vendita dei titoli di credito quotati in borsa, e i Mediatori di merci per la vendita di merci e derrate solitamente scambiati nelle borse merci delle Camere di Commercio locali.
[6] Listino dei prezzi medi delle mercie delle derratedi un determinato mercatoin undato giorno, redatto dalleCamere di Commercio, avente una funzione dicertificazione dei prezzi stessi.
[7] Corte Suprema di Cassazione, Sentenza n. 437/1973.
[8] Questa possibilità di far vendere la cosa senza dover chiedere l'intervento del Giudice permette di definire la vendita in danno come uno strumento cd. di autotutela.
[9] Cfr. “TEE” di A. Monari, in KultUnderground, rubrica Diritto, n.177-Ottobre 2009, e “Ingiunzione di pagamento (europea)” di A. Monari, in KultUnderground, rubrica Diritto, n.205-Agosto 2012.
[10] Cfr. “Quando arriva l’Ufficiale Giudiziario…” di A. Monari, in KultUnderground, rubrica Diritto, n.133-Agosto 2006.
[11] E’ l'atto formale con cui ha inizio l'espropriazione forzata su istanza del creditore. La sua funzione è quella di vincolare i beni del debitore da assoggettare all'esecuzione, sottraendoli alla sua disponibilità rendendo inefficaci, nei confronti del creditore procedente, gli atti di disposizione (di per sé perfettamente validi, come alienazioni o cessioni) compiuti dal debitore relativamente ai beni pignorati (c.d. inefficacia relativa) in epoca successiva al pignoramento. I beni mobili vengono descritti materialmente dall’Ufficiale Giudiziario in apposito verbale, che contiene anche la valutazione del valore monetario di ciascun bene, potenzialmente destinato alla vendita in caso di mancato pagamento protrattosi per ulteriori 10 giorni.
[12] Quindi, per la costituzione del pegno è necessario lo spossessamento del debitore. Inoltre, l'accordo deve risultare da atto scritto, avente data certa, contenente l'indicazione del bene dato in pegno e del credito garantito ed il suo ammontare.
[13] Art.2797 C.C.: Prima di procedere alla vendita il creditore, a mezzo di ufficiale giudiziario, deve intimare al debitore di pagare il debito e gli accessori, avvertendolo che, in mancanza, si procederà alla vendita…
Se entro cinque giorni dall'intimazione non è proposta opposizione, o se questa è rigettata, il creditore può far vendere la cosa al pubblico incanto, o, se la cosa ha un prezzo di mercato, anche a prezzo corrente, a mezzo di persona autorizzata a tali atti…
[14] E’ lo strumento con cui una parte chiede la tutela provvisoria ed immediata di un suo diritto, attraverso il blocco/vincolo di beni mobili (o immobili). Il codice di rito disciplina due tipi di sequestro, quello giudiziario (art.670 c.p.c.), e quello conservativo (art.671 c.p.c.).
Il sequestrogiudiziario può avere ad oggetto beni, mobili o immobili (c.d. sequestro di beni) ovvero documenti, libri, registri o comunque cose che possono servire nel giudizio come mezzi di prova o di informazione (c.d. sequestro di prove). Nel primo caso il giudice può autorizzarlo quando sia controversa la proprietà od il possesso del bene ed è opportuno (c.d. periculum in mora) provvedere alla custodia od alla gestione temporanea dello stesso. Nel secondo caso, invece, il sequestro può essere disposto allorquando sia controverso il diritto alla esibizione od alla comunicazione dei suddetti documenti, ed è opportuno (c.d. periculum in mora) provvedere alla loro custodia temporanea.
Il sequestro conservativo, invece, è autorizzato sui beni mobili e immobili del debitore o sulle somme o cose a lui dovute nei limiti in cui la legge ne permette il pignoramento, ad istanza del creditore che abbia fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito. Esso tende, in sostanza, ad assicurare la garanzia generica, di cui all'art. 2740 c.c. (per cui il debitore risponde delle proprie obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri), sui beni del debitore stesso contro il pericolo di sottrazioni e alterazioni; in un certo senso, può parlarsi di anticipazione del pignoramento, tanto è vero che nel momento in cui il creditore sequestrante ottiene la sentenza di condanna esecutiva, il sequestro si trasforma in pignoramento [art. 686 I comma, c.p.c.].
[15] Per deterioramento si deve intendere l'impossibilità di conservazione materiale delle cose.
[16] Cfr. “Corso di Diritto Processuale Civile” III parte, Crisanto Mandrioli, 8° edizione, Giappichielli editore-Torino 1991.
[17] L'istanza di vendita o di assegnazione può assumere la forma del ricorso scritto, nel quale deve essere specificato chiaramente il provvedimento che si richiede oppure può essere anche espressa oralmente in udienza.
[18] La legge permette che al termine della procedura esecutiva il creditore possa optare anche per l’assegnazione, che consiste nell'attribuzione diretta del bene pignorato al creditore, al fine di soddisfare il suo credito. In tal modo, il bene viene trasferito al creditore, per un valore che non può essere inferiore alle spese di esecuzione e ai crediti aventi diritto di prelazione anteriori al credito dell'offerente (privilegiati rispetto al credito di colui che chiede l’assegnazione, es. qualora intervenga nella procedura un lavoratore, già dipendente del debitore, che richieda il pagamento di retribuzioni passate e non pagate).
[19] Nel diritto processuale civile il Giudice dell’esecuzione è l'organo competente di fronte al quale si svolge il processo esecutivo, ovvero quel procedimento che garantisce l'attuazione di un diritto già accertato.
[20] Il commissionario è l’ausiliario del giudice che riceve l'incarico di acquistare o vendere determinati beni. Per legge si tratta di un soggetto qualificato, come un mediatore iscritto negli appositi albi, un agente di borsa o un istituto specializzato in queste operazioni. Il sistema italiano prevede l’esistenza di un I.V.G. (Istituto Vendite Giudiziarie), istituito presso ogni Tribunale locale.
[21] Art.532 c.p.c. “Se il valore delle cose risulta dal listino di borsa o di mercato, la vendita non può essere fatta a prezzo inferiore al minimo indicato”.
[22].Articolo 534 Codice di Procedura Civile “Vendita all'incanto”
Codice di Procedura Civile – LIBRO TERZO – DEL PROCESSO DI ESECUZIONE – Titolo II – Dell'espropriazione forzata (Artt. 483-604) – Capo II – Dell'espropriazione mobiliare presso il debitore – Sezione III – Dell'assegnazione e della vendita
[23] Art.490 c.p.c. IV comma:“Sono equiparati ai quotidiani, i giornali di informazione locale, multisettimanali o settimanali editi da soggetti iscritti al Registro operatori della comunicazione (ROC) e aventi caratteristiche editoriali analoghe a quelle dei quotidiani che garantiscono la maggior diffusione nella zona interessata. Nell'avviso e' omessa l'indicazione del debitore”.
[24] Lo stimatore è un ausiliario del Giudice dell'esecuzione dotato di specifica preparazione tecnica e commerciale, assimilato ad un consulente tecnico. Deve infatti prestare giuramento ai sensi dell'art. 161 disp. att., il suo è un ufficio obbligatorio, può essere ricusato e sarà responsabile del suo operato, ma diversamente dal consulente tecnico non può essere assistito da consulenti di parte. Ai sensi dell’art.535, I comma c.p.c. “Se il valore delle cose risulta da listino di borsa o di mercato, il prezzo base è determinato dal minimo del giorno precedente alla vendita.”
[25] Art.539 c.p.c. Vendita o assegnazione degli oggetti d’oro e d’argento.
“Gli oggetti d'oro e d'argento non possono in nessun caso essere venduti per un prezzo inferiore al valore intrinseco
Se restano invenduti, sono assegnati per tale valore ai creditori”.
[26] Se la vendita non può compiersi nel giorno stabilito, è continuata nel primo giorno seguente non festivo. Art.537 c.p.c. II comma.
[27] Il Processo Verbale si definisce genericamente come la documentazione scritta di un'attività procedimentale o di determinati fatti e comportamenti, dei quali costituisce prova di esistenza. Se la redazione del Processo Verbale è affidata ad un pubblico ufficiale (come il Cancelliere o l'Ufficiale Giudiziario), questi gli attribuisce pubblica fede, ossia il verbale fa piena prova fino a querela di falso.
In particolare, il Verbale di udienza registra gli atti processuali, i meri atti materiali, il deposito di documenti o di ulteriori scritti difensivi offerti dalle parti, compresa tutta l'attività istruttoria.
[28] Decreto Legge 29.12.2009 n. 193, convertito nella Legge 22.02.2010 n. 24.
[29] Invero, per procedere a nuovo incanto non è necessario che la vendita precedente sia formalmente risolta, non ritenendosi ancora trasferita la proprietà del bene. Inoltre, è bene precisare che l'aggiudicatario inadempiente risponderà delle spese necessarie per il nuovo incanto e dell'eventuale differenza tra il prezzo da lui offerto e quello effettivamente realizzato nell'incanto successivo.
[30] Art.540 c.p.c. ultimo comma. Per riguardo agli aspetti più pratici la somma deve ricomprendere anche l’I.V.A. pagata dall’acquirente, se ed in quanto soggetto sottoposto a tale imposizione, la imposta di registrazione presso l’Ufficio locale dell’Agenzia delle Entrate (il Processo Verbale di vendita è, come detto, atto pubblico soggetto a registrazione), e il compenso del professionista incaricato della vendita, calcolato in percentuale sulla somma ricavata, e a carico per il 50% al venditore e per il 50% al compratore. Trova, in questo ambito, applicazione il “Regolamento recante norme per la determinazione dei compensi spettanti ai notai per le operazioni di vendita con incanto, in attuazione della legge 3 agosto 1998, n. 302”, Decreto Ministro della Giustizia 25 maggio 1999 n. 313, in Gazz. Uff. 10-9-1999 n. 213.
Alberto Monari, (Carpi, 28 giugno 1971), si è laureato in Giurisprudenza all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, e si è specializzato in Diritto, Economia e Politica delle Comunità Europee presso il Collegio Europeo di Parma. Ha lavorato per associazioni di categoria, enti pubblici, aziende private e studi di consulenza sia in Italia che all’estero, sempre come esperto nel settore delle politiche e del diritto comunitario. Dal 2005 è Funzionario Ufficiale Giudiziario, fino al 2016 presso il Tribunale di Piacenza, attualmente presso il Tribunale di Modena. E’ appassionato di Storia, Politica, Arte antica e Internet. Collabora con Kult fin dal 3° numero (dicembre 1994).
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