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L’arcano fascino dell’amore tradito – Fabrizio Cavallaro

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Letto oggi 31/03/2006 in Ceglie Messapica (BR)

Un poeta, Fabrizio Cavallaro, s’impegna nel “confezionare” un’antologia poetica, che risulta essere nel suo insieme un’opera di tutto rispetto, piena zeppa di contributi illustri e stimolante più d’una riflessione.

“Invita”, inoltre, ad approfondire sia il percorso artistico del poeta commemorato, sia il lavoro degli intellettuali tutti che qui se ne occupano.

Mi soffermerò, per evidenti ragioni, sulle suggestioni di lettrice, citando la fonte interna al libro.

Esso comincia con un “testo” di Cavallaro, nel quale si disegnano le linee conoscitive di tale antologizzazione; che dovrò, purtroppo, sintetizzare.

Mi pare di poterlo fare con due periodi, che mi sembrano ben armonizzare il complesso intento del libro:

Pasolini usava dire che solo post mortem, così come per il “girato” di un film, quando interviene la fase finale del montaggio, si può dare una esatta valutazione, un senso compiuto all’esistenza di chiunque. E ciò vale, a maggior ragione, per un artista . (pag. 5).

La morte, quindi, porta il conto, e reca la mancanza e fa, inevitabilmente, pensare alla perdita; e lì dove la perdita umana e di contenuti è pregna di significato, rende ancora più il senso di assenza, anche in chi ha soltanto letto e mai conosciuto di persona l’artista. Artista trascinato, il più delle volte suo malgrado, in logiche distanti dalla sua opera: logiche di mercato, dolori da mercato. Temi duri da metabolizzare, questi, per chi crede di poter comunicare quell’aria innovativa, della quale la società sembra svolgere continuamente funzione di domanda.

Ed è a questo punto che nasce spontaneamente un altro costrutto, conseguenza della blasfemia subita da una disattenzione, in Italia, verso la letteratura in generale e la poesia in particolare.

I poeti andrebbero amati in vita , come recita una poesia di Vivian Lamarque. Invece l’Italia uccide i propri poeti, ed è oggi più che mai un paese “orribilmente sporco”. (pag.9)

Le basi d’una teorizzazione da rivincita culturale sono state gettate e si apre adesso, nel documento, la porta ad una carrellata di contributi. Tanti, in coro; una forza, una speranza; e non resta che leggerli, per avere l’insieme d’una personalità “costruita” come nume, conservata negli animi come magister; e soggetta ad una folata di dimenticanza che colpisce al cuore.

Perché – si percepisce – il Bellezza era il poeta, l’uomo sui generis, l’altruista; era l’intellettuale dialogante, ma è tuttora un poeta dimenticato.

Per fortuna, come avviene nelle migliori famiglie, qualcuno di lui si ricorda; e qualcuno, rimembrando, ne scrive, e scrivendo denuncia. La stilata denuncia precisa che la “città” di Nova Siri a Dario Bellezza ha dedicato una strada e, in quella via, c’è la scuola media.

Ma, aggiungo, chi spiegherà a qualche studente curioso chi fu Dario Bellezza? E, ammesso che qualche illustre professore possa e sappia di lui parlare, quello studente curioso potrà approvvigionarsi dei suoi testi?

La risposta è NI.

[…] nel decennale della morte, quegli editori che in vita furono prodighi nello stamparne le opere, latitano nel rendere disponibili i suoi testi. Quasi tutto Bellezza […] è esaurito o introvabile. (pag. 68)

Ancora più importante diventa, allora, questo libro, insieme ad una raccolta inedita curata per la LietoColle (sempre dal cavallaio) e che, essendo datata 2004, potrebbe essere ancora disponibile.

Ma cambio idea sul mio “incipit”: non vi parlerò affatto delle suggestioni scaturenti dalla lettura, né del senso dello scrivere che ve ne ho tratto, e neanche della commozione d’aneddoto e della curiosità in me nata.

E questo sarà il mio piccolo tributo ad un autore che non ho conosciuto, e del quale, nell’Italia che uccide i propri poeti, mi sarà difficile trovare le liriche [1] .

Alla morte non ci penso. Ma se ci pensassi, mi verrebbe spontaneo dire, ammetto la ingenuità, che la stessa morte è la sfortuna stessa. [2]

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE.

Dario Bellezza, secondo quanto graziosamente si riporta sulla “Garzantina” di letteratura, è uno scrittore italiano, nato e morto a Roma (1944/96). Intenso autobiografismo, capacità di provocazione e insolita accensione verbale caratterizzano i suoi romanzi […] e le sue poesie […] [3]

Fabrizio Cavallaro, invece, è nato nel 1967 in Sicilia, è laureato in Scienze Politiche ed è un giovane poeta italiano.

Fabrizio Cavallaro (a cura di) “L’arcano fascino dell’amore tradito. Tributo a Dario Bellezza”, Giulio Perrone Editore, Roma, 2006.



[1] POST SCRIPTUM: ho in mano, adesso, il catalogo della casa editrice LietoColle, e Bellezza Dario è lì con “La vita idiota”. Buona lettura, per ora!
[2] Da: Cesare Vergati “A sorpresa. Romanzo in poesia”, ExCogita Editrice, Milano, 2004; pag. 15.
[3] Da: Enciclopedia Garzanti della letteratura; voce Dario Bellezza

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