Ci sono persone che attraversano la vita inpoesia. Hanno il dono di saperla osservare oltre il velo di Maya delquotidiano, ne sanno trarre stimoli al giudizio e alla crescita personale. Sannoleggere le leggi e gli universali del mondo, si servono per l’indaginedell’estetica e dell’etica. Gli eletti poi sanno trasformare questi echi inmetafora e verso. È quello che fa in maniera esemplare Duska, abile nelraccogliere nella risonanza intima del cuore le fila del suo itinerario vitalee lo fa da artigiana limpidissima della parola, talento riconosciuto da tutti icritici che si sono occupati della sua produzione.
In verità, non si vede in lei il confinenetto tra vita e poesia. A parlarle, ci si imbatte nelle stesse cadenze eallegorie, si raccoglie la medesima generosità di sé che versa nell’arte.
La sua scrittura ha, difatti, lecaratteristiche di un’autobiografia, contiene tutta la sua esistenza: amicivecchi e nuovi, luoghi di memoria e di passaggio, affetti familiari, amoriconclusi o inseguiti con la nostalgia, in una sorta di diario che spigola nelleemozioni e nel tratto del giorno, accompagnandola persino durante il girovagarenella sua città.
Il connubio vita-poesia in lei ha, dunque,la doppia accezione di una vita che accoglie la poesia e di una poesia cheaccoglie la vita: profilo dell’anima, ma pure eventi e circostanze che moltospesso incrociano un interlocutore, un tu che l’ascolta o al quale ponedomande.
Nella bolla circolare che racchiude ilcosmo, tutto si tiene. Gli elementi della creazione sono vincolati insiemedall’Ente Creatore, ma anche dalle proprie sinergie reciproche, in unequilibrio fragile che l’uomo talora devasta, come si osserva guardandosiintorno.
La Vrhovac sente di appartenere aquest’ordine e di essere inserita in un progetto globale che racchiude esseriviventi e cose. Una sorta di misticismo cosmico avvolge le creature nel sentiredella poetessa, che dimostra sovente una fede profonda.
Un disegno provvidenziale accompagnal’universo nel percorso della vita fino alla morte e un tale abbandono a una concezioneottimistica del Tempo la sostiene anche nei momenti dello scoramento, che pure talvoltasfocia in un grido di disperazione, come quando chiede a Cristo di allontanareil male e il dolore dalle sorti dell’uomo.
Il disegno della Storia, insomma, volutodalla Provvidenza, è in sé progetto felice e perfetto. Alla lunga si compie nellapositività, anche se accade, in alcune fasi del Tempo, che i popoli vengano sfiguratida conflitti e tirannie, purtroppo accompagnati anche dalla miseria. È quelloche accade nella fase presente, dove il concetto di desolazione si è dilatato acomprendere lo sfregio degli uomini ma anche lo scempio del paesaggio,devastato dall’inquinamento.
A questo proposito occorre dire che lapoesia di Duska ama allontanarsi e spaziare, spesso abbandonando il datopersonale per attingere a quello socio-politico che la circonda.
Legge negli accadimenti che coinvolgono lasua terra (la poetessa vive a Belgrado) l’incapacità dei concittadini adiventare protagonisti del proprio destino e di riflesso la sua solitudine, masempre con misura. Infatti, Duska e la sua poesia hanno attraversato la guerra senzaportarne addosso gli orrori, senza che lei esasperasse i toni della suascrittura. Piuttosto si coglie, nei versi o nelle sue parole sull’argomento, malinconia,amarezza profonda.
Soffrireè respiro, /passo, /intuizione, /fremito di pensiero /e armonia delconoscere./Tutto è dolore, / dissolvimento.
Èun dolore che la Nostra non disdegna, fattore essenziale della sua riflessionee del suo crescere.
Si diceva che Duska non è un’ingenua. Nonsi balocca con le parole. La sua è sovente poesia drammatica. Vede e pesa lanullità della nuova classe dirigente, la passività dei cittadini, che vivono inrassegnazione la corsa verso il baratro della Serbia: la Serbia dei sedativi,che sono indispensabili a tirare la vita, quando scende sugli uomini una notteininterrotta.
La fede nel futuro però è dietro l’angolo,rappresentata dalle poesie dedicate ai bambini che includono nel propriodisegno esistenziale il domani. L’attenzione e la tenerezza che dedica ai piùpiccoli non sfugge anche in questo caso ad una lettura tragica quanto realistadel vero, per il fatto che anche i bimbi sono attinti dal male, concetto checulmina nella terribile poesia: Quando un bimbo muore.
Quandoun bimbo muore /le lacrime son mal poste/ogni lamento e spasimo/troppo èsonoro/per le / viscere /in cui s’annidava./Quando un bimbo muore/la stella noncade/ma s’innalza ancor di più/ s’invola senza ritorno/sul suomaledetto/cammino stellare.
Alto è la considerazione che Duska ha dellapoesia e, con orgoglio, della sua. Sente di non appartenere a scuole, diessersi richiusa nel suo canto, rispetto alle poetiche imperanti, ma ancoracrede nel valore catartico della parola poetica sia a livello individuale checollettivo:
Tuttavia penso/ che con la poesia cambiamonoi stessi/ se noi cambiamo –per forza di logica-/ cambiamo anche il mondo.
Una frase di Duska che qualcuno ha raccoltorecita: Credo nella Bontà e nella Bellezza. Il primo termine indica latensione spirituale che vigila sulla sua poetica e sui suoi comportamenti,ossia il sentimento della vita come dovere da compiere nell’attuazione delBene. Un concetto sacrale e implacabile del Tempo concesso a ciascuno laconduce a un’austerità di vita in nome di un alto senso della dignità edell’onore.
La percezione estetica, appunto dellaBellezza, poi, è quella che le ha permesso di leggere la magnificenza delcreato e delle creature ed è quella che l’ha condotta all’arte.
In questa accezione il suo talentocostituisce il mezzo alla realizzazione del Bello e del Bene nella vita enell’arte: di qui l’opinione alta di sé, fin quasi a riservarsi, senza alcuncedimento alla retorica, il ruolo di poeta e vate, proprio mentre indica lapoesia come mezzo per migliorare l’individuo e con esso il suo ambito.
La sua lunga attività e il percorso dimaturazione, oramai credo quarantennale, hanno sviluppato la poesia dellaVrhovac fino agli esiti più felici e ne hanno arricchito il valore anche dalpunto di vista formale.
Ha avuto modo di passare in tanto tempodalla preghiera, alla lirica, alla satira, all’invettiva, dalla linguacolloquiale ai più alti risultati letterari. Pur conservando nel tempo la prerogativadella semplicità, Duska impiega con gli stessi effetti ritmici e lessicali lapoesia breve e dal verso sovente di un solo termine, ma anche la composizionelunga o molto lunga del poemetto.
Purtroppo, come s’intuisce, non ho potutoleggerla nella lingua originale, ma nella traduzione di Isabella Meloncelli.Duska, infatti, si appresta a pubblicare ufficialmente anche nel nostro idioma.Ha un forte legame con la nostra cultura sia per le numerose traduzioni inserbo della poesia italiana, sia per la conoscenza diretta della nostra lingua,che usa in maniera accurata.
DUSKA VRHOVAC www.duskavrhovac.com(poetessa, giornalista e traduttrice) è nata a Banja Luka (ex Jugoslavia) nel1947. Ha frequentato e compiuto gli studi universitari alla Facoltà difilologia di Belgrado, dove si è laureata in letterature comparate e teoriadell’opera letteraria. Finora ha pubblicato tredici volumi di poesie. Tradottein parecchie lingue mondiali (inglese, russo, italiano, spagnolo, francese,greco, tedesco, armeno, macedone, albanese), sono sempre più numerose le suepoesie pubblicate in antologie straniere oltre che in quelle nazionali. Moltinoti critici letterari e poeti di fama hanno scritto sull’opera poetica diDuska Vrhovac. Le è stato assegnato il Premio di maggio per la poesia e ilDistintivo d’oro della Società per la cultura e l’istruzione della Serbia, perla diffusione della cultura. Duska Vrhovac ha realizzato numerose trasmissioniradiofoniche e televisive per i ragazzi e collabora con i periodici piùimportanti e più noti della Serbia ed ex Jugoslavia. A Belgrado, dove vive,Duska Vrhovac ha lavorato come redattrice del programma documentari dellaTelevisione di Belgrado, per la quale, come giornalista ed autore, harealizzato numerose serie esclusive. È membro dell’Associazione degli scrittoridella Serbia ed è impegnata nell’ambito del Comitato per la collaborazioneinternazionale anche in seno all’International Federation of Journalists
QUANDO UN BIMBOMUORE
(a Nikola)
Quando un bimbo muore le lacrime son malposte ogni lamento e pianto troppo è sonoro per le viscere in cui s’annida Quando un bimbo muore la stella non cade ma s’innalza ancor di più S’invola irreversibile sul maledetto cammino delle stelle.
FAME
La mia fame l’ho sempre sostenuta con le mie cure l’ho cresciuta dandole frutti infernali e quei piccoli frutti enigmatici per cui si dorme male. Così con la fame s’accese pure l’insonnia e queste due fatalità benedette mi resero alquanto forte. Ho percepito giochi dimenticati melodie perdute parole sottese e quel parlar d’altre sponde. Mi forgiai sull’orma quadro incorniciato nei tratti della mia propria ombra. Ora la mia fame è così insaziabile che non la sento più e la notte così interminabile che lungo sonno, mi pare, quest’insonnia.
PREGHIERA A ME STESSA
Aiutami, o Dio, a custodire nell’anima la pace a non usare parole dure coi miei figli a perdonare agli amici gli errori anche quelli non dovuti all’ignoranza a non offendere il padre a perdonare anche a lui a rimaner coerente con me stessa.
Aiutami a fare qualcosa di buono a donare almeno un sorriso, un po’ di gioia a non respingere nella disperazione gli sconosciuti i parenti dalla soglia neppur nel pensiero allontanare, a sfuggire all’odio e al male.
Aiutami ancora a consacrarmi al mio popolo disperso, senza tetto e diviso perché dietro di me luminosa rimanga una traccia, a cantar la mia origine degnamente a collegare con quello del nipote l’onorato nome del nonno e del padre.
RICORDANDO
Il pensiero della felicità è talvolta più della felicità stessa; un pensiero che salva dalla parola grave, da una tristezza eccessiva e dalla disperazione, e sopra la fonte spalanca l’arcobaleno. Il pensiero della felicità vera e profonda, che ha lasciato traccia, il ricordo di qualcuno che hai amato che, e neppure ora sai il perché, indescrivibilmente ti è stato caro, un tale ricordo è benedizione vera. È quella scintilla che nell’occhio risplende quando ogni fuoco si estingue, quando tutto si perde e l’oscurità sale; è quel canto che vibra inatteso, come di dolore, come quando, poiché un tuo caro muore, un bimbo nasce.
Il pensiero della felicità che c’ è stata veramente lasciando dietro di sé cose sacre benedizione è vera. Grazie a questo pensiero, con questo ricordo pallido ed esile, soltanto, proseguiamo a volte per la nostra via.
DIO È UNO
In ogni tempio ho pregato Dio: nella cattedrale di Milano nella sinagoga di Novi Sad e nella moschea di Smirne nella cappella sulla via per Klagenfurt, a Nuova Delhi, nel mezzo del deserto, sotto il fremente divino tetto dei miei due palmi ardenti, le dita congiunte, nel tempio cinese e giapponese, davanti a Budda ed a Krishna ho elevato gli occhi fissi al cielo per poi abbassarli a terra, nella notte del cuore e del ritmo negro Dio ho invocato perché LUI È UNO. Ma nel tempio luminoso e sacro che mi son costruita dentro dal padre e dalla madre ancor prima di nascere ereditato, nel grembo benefico colmo di caldo latte nella piccola chiesa di Kakori in cui fui battezzata, intonai la preghiera al Creatore dell’anima mia, preghiera nella mia bella lingua serba che nei miei occhi ricompone i volti delle icone di Hilandar e nei miei orecchi serba l’orazione e il mormorio dell’acqua miracolosa sotto la pietra di Studenica.
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