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Il contratto di rete di imprese

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bardotto giuridico o purosangue da corsa?

 
«Tra tanti muli ci può stare un asino»
(proverbio popolare italiano)
 
Il contratto di rete di imprese
Il concetto di rete di imprese è stato introdotto per la prima volta dall’art. 6-bis della legge n.133/2008 che prevedeva la possibilità di creare «libere a aggregazioni di singoli centri produttivi coesi nello sviluppo unitario di politiche industriali, anche al fine di migliorare la presenza nei mercati internazionali»; successivamente, con l’art. 3 del Decreto Legge n. 5/2009, si precisò che «Con il contratto di rete più imprenditori perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato e a tal fine si obbligano, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all'esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell'oggetto della propria impresa».
Le reti di imprese[1] rappresentano, dunque, una libera aggregazione di imprese avente l’obiettivo di accrescere la propria capacità di competere ed innovare.
Gli strumenti giuridici tradizionalmente utilizzati dalle imprese per dare vita ad aggregazioni che avessero simili finalità prima della legge n. 33/2009 erano rappresentati dalle forme dei consorzi, delle ATI (associazioni temporanee di imprese) o ATS (associazioni temporanee di scopo), delle joint venture o del franchising.
Già l’art. 6-bis della Manovra Economica (legge n. 133/2008, di conversione del Decreto Legge n. 112/2008), prevedeva che con decreto successivo si sarebbe individuata la forma giuridica delle reti di imprese. Tale disposizione estendeva alle reti così individuate i benefici precedentemente previsti a favore dei distretti industriali (agevolazioni amministrative, finanziarie e per la ricerca).
La legge n. 33/2009, di conversione del Decreto Legge n. 5/2009 (cd. Decreto incentivi), recante “Misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi”, è giunta infine a disciplinare il contratto di rete di imprese: da un punto di vista economico, le reti continuano a essere una libera aggregazione di imprese, ma sul piano giuridico è formalmente disciplinato il contratto attraverso cui è possibile costituire tali aggregazioni e gli obiettivi con esse si possono realizzare.
La legge Sviluppo (legge n. 99/2009), ha abrogato l’art. 6-bis della Manovra Economica e ha introdotto significative correzioni alla disciplina del contratto di rete contenuta nella legge n. 33. In particolare, è stato esteso l’ambito di applicazione a tutte le forme di organizzazione dell’attività imprenditoriale (imprenditori persone fisiche, società di persone e di capitali, ecc.), mentre prima dell’intervento la norma riguardava solo le aziende costituite nella forma della “S.p.A.” (Società per Azioni).
Inoltre, è stata disciplinata la responsabilità verso i terzi delle reti. Infatti, la versione originaria della norma rendeva le imprese aderenti al contratto responsabili solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni assunte dalla rete, mentre i correttivi introdotti dalla legge Sviluppo, con il richiamo alla disciplina dei consorzi, attribuiscono alla rete autonomia patrimoniale perfetta.
In seguito, con il Decreto Legge n. 78/2010, convertito dalla legge n. 122/2010, si è reso facoltativa l’istituzione del fondo patrimoniale, prima obbligatoria, per la costituzione di una rete.
Dal punto di vista fiscale, invece, si è previsto che «una quota degli utili dell’esercizio destinati […] al fondo patrimoniale comune» potranno non concorrere alla formazione del reddito d’impresa e, sostanzialmente, costituire un beneficio fiscale per le imprese partecipanti alla rete.
Da ultimo, poi, almeno sino ad oggi, con la legge n. 134/2012 (conversione con modifiche del  Decreto Legge n. 83/2012, cd. Decreto Sviluppo 2012), il testo della norma sul contratto di rete è stato ulteriormente novellato.
Per quanto concerne la responsabilità patrimoniale, è stata introdotta la previsione che, per le obbligazioni assunte dall’organo comune per il programma comune, la responsabilità sia limitata al fondo comune.
In materia di forme di redazione del contratto, esso può essere redatto non più solo per atto pubblico o scrittura privata autenticata, ma anche per atto firmato digitalmente con mera firma digitale o con  firma elettronica autenticata da notaio o da altro pubblico ufficiale e trasmesso agli uffici del Registro delle Imprese attraverso un modello standard tipizzato.
È previsto, poi, che le imprese partecipanti possano optare per far acquisire alla rete la soggettività giuridica, anche se la norma non indica ancora i relativi profili e le implicazioni civilistiche e tributarie di tale nuovo soggetto giuridico.
 
Bardotto giuridico o purosangue da corsa?
Ma venendo ad una valutazione pragmatica, si pone naturale l’interrogativo se, con questo nuovo istituto giuridico, ci troviamo di fronte ad un “bardotto[2] giuridico” o a un “purosangue[3] da corsa”.
Il primo, nato dall’incrocio di altri istituti, di per loro fertili e produttivi di regole efficaci, ma in sé inutile e “sterile” per il sistema in cui viene inserito; il secondo, viceversa, frutto di una oculata selezione al fine dell’ottenimento di un “campione”, stile Ribot[4].
Mi preme ricordare, d’altronde, che il bardotto offre un’ottima carne da bistecche (ma allora il fine che ci si pone è la “macellazione”, e di questi tempi le nostre imprese non ne hanno proprio bisogno!), mentre i purosangue possono correre al derby ma, allo stesso tempo, fungere da stalloni per la riproduzione di puledri di razza scelta (ma, anche in questo caso, è necessario avere chiari gli obiettivi che ci si prefigge: vincere subito o sviluppare un ambiente competitivo per il futuro).
Sicuramente, il termine “rete” esercita un suo fascino, ma non si capisce bene quali vantaggi una simile forma offrirebbe ai suoi membri rispetto ad altre modalità di collaborazione già collaudate nel passato.
Per di più, l’elasticità degli obblighi previsti e la possibilità di opting-out non sembrano garantire una solida credibilità alla rete che, salvo espressa volontà delle parti, potrebbe anche scegliere di non avere un proprio fondo patrimoniale e di non dotarsi di personalità giuridica distinta da quella delle aziende che la costituiscono.
Un non-soggetto fluido, incapace di agire! Credo sia necessario un maggior approfondimento tecnico ed operativo.
 
Per un reale rilancio dell’impresa
In conclusione, dunque, ritengo che l’overdose di inventiva giuridica crei spesso nei destinatari delle norme degli eccessi di aspettative cui non corrispondono poi adeguate misure di sostegno e accompagnamento.
Il tutto a causa, forse, di una mancanza di consapevolezza del “reale” di cui, sempre più frequentemente, il nostro legislatore (Parlamento e Governo) danno prova.
Risulta allora urgente ed improrogabile un rinnovamento della classe dirigente che chiami persone capaci, concrete e lungimiranti a prendere responsabilmente nelle proprie mani il presente e futuro del Paese.
Il “Sistema Italia” ne trarrà sicuro giovamento; gli italiani, pure!

[1] Cfr. www.retimpresa.it. e Unioncamere, La rete di imprese – Istruzioni per l’uso, dicembre 2011.

[2] Il bardotto è un ibrido, generalmente infecondo, che nasce dall'accoppiamento di un cavallo stallone con una femmina di asino domestico (da Wikipedia, l'enciclopedia libera).

[3] Il purosangue è un cavallo di razza, generalmente frutto di una selezione (da Wikipedia, l'enciclopedia libera).

[4] Ribot (1952 – 1972) è stato un cavallo campione di galoppo, considerato il più forte di tutti i tempi (da Wikipedia, l'enciclopedia libera).

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