Napoli, Roma, Firenze, Venezia, Bologna, Genova? O forse è Torino la città più cantata d’Italia? Ed è proprio questo il punto di vista che adotterò principalmente: guardare Torino in musica da molte città, regioni e nazioni diverse, ma anche dall’interno, dai torinesi o dai piemontesi stessi. Poco per volta, dacché c’è proprio tanto da dire. Da un paio di anni ho iniziato le mie ricerche e ho già raccolto centinaia di canzoni e di brani musicali dedicati o variamente titolati e ambientati a Torino, in numero cospicuo anche dall’estero, perfino da luoghi remoti come il Mozambico, l’Australia, il Brasile e molto altro.
Questo è il sesto articolo.
FIAT LUX: ET FACTA EST LUX NOVA
« ALLA PURA MEMORIA
ALL'ALTO ESEMPIO
DEI MILLE E MILLE FRATELLI COMBATTENTI
CHE LA VITA DONARONO
PER ACCRESCERE LA LUCE DELLA PATRIA
A PROPIZIAR COL SACRIFICIO L'AVVENIRE
IL DUREVOLE BRONZO
LA RINNOVANTE SELVA
DEDICANO
GLI OPERAI DI OGNI OPERA
DAL LORO CAPO GIOVANNI AGNELLI
ADUNATI SOTTO IL SEGNO
DI QUELLA PAROLA BREVE
CHE NELLA GENESI
FECE LA LUCE
FIAT LUX: ET FACTA EST LUX NOVA
MAGGIO MCMXV – MAGGIO MCMXXVIII »
Sulla facciata del basamento in granito rivolta verso Torino del Faro della Vittoria (monumento dello scultore Edoardo Rubino dedicato alla Vittoria Alata, posto sulla sommità del Parco della Rimembranza presso il Colle della Maddalena) è incisa questa epigrafe del poeta Gabriele D'Annunzio. L’opera fu commissionato nel 1928 dal senatore Giovanni Agnelli per commemorare il decimo anniversario della vittoria dell'Italia nella prima guerra mondiale sull'Austria e sulla Germania.
Torino, come già detto, è città dai molteplici triangoli: quelli della magia bianca con Praga e Lione e della magia nera con Londra e San Francisco; quello ufologico per quantità e qualità di eventi e avvistamenti insieme a La Spezia e Bergamo; quello industriale… Un'area fortemente industrializzata del nord-ovest d'Italia, con vertici nelle città di Torino, Milano e Genova. Qui nasce e si sviluppa l’industrializzazione dell’intera economia italiana che porterà il paese agli anni del “Boom”, del miracolo economico. È qui dove si concentra la maggior parte dell'offerta di lavoro, divenendo zona di forte immigrazione interna. Sull’argomento non mancano davvero le canzoni fino al concept di album interamente dedicati come quello dei Procession, una band progressive torinese (Frontiera, 1972).
Nel 1861 Torino diviene capitale d’Italia: conta 218.000 abitanti, di cui 50.000 operano in attività manifatturiere. Prevalgono le botteghe artigianali e laboratori di ogni sorta. Le fabbriche sono ancora poche: la Manifattura Tabacchi, il più importante stabilimento industriale, annovera 2.000 operai, in prevalenza donne. Seguono, per rilevanza, l’Arsenale Militare e la Fabbrica di armi. Sviluppato è anche il settore dell’abbigliamento.
Con il trasferimento della capitale da Torino a Firenze nel 1864 la città passa a 191.500 abitanti e l’economia cittadina entra in crisi. La ripresa inizierà durante l’ultimo ventennio dell’Ottocento con l’avvento dell’energia elettrica e la nascita di industrie trainanti nei settori metallurgico, meccanico, chimico, farmaceutico, tessile, elettrico…
… A cui seguiranno nel Novecento:
… il cinema: proprio nel capoluogo piemontese, nel marzo 1896, gli inventori del cinematografo, i
fratelli Lumière, esibiscono la prima proiezione di un film in Italia, in forma privata, a Palazzo Chiablese e, a novembre e dicembre dello stesso anno presso l’ex Ospizio di Carità in via Po 33, davanti a un pubblico pagante. Le prime riprese realizzate in Italia vengono fatte a Torino e risalgono al 1896, ad opera di un giovane operatore incaricato dalla ditta Lumière;
Aldo Bernardini ipotizza si tratti di
Pierre Chapuis (Enciclopedia del cinema in Piemonte
http://www.torinocittadelcinema.it/schedafilm.php?film_id=14&stile=small) Nel periodo 1903-1909 il cinema, sino allora considerato alla stregua di un fenomeno da baraccone e presentato da girovaghi in spettacoli itineranti insieme ai circhi e alle giostre, si organizza come industria, con case di produzione soprattutto a Torino: sono la
Società Anonima Ambrosio, la
Aquila Film, gli
studi Fert e la
Itala Film.
Giovanni Pastrone realizza nel 1914 il celeberrimo
Cabiria, il primo Kolossal italiano con le didascalie scritte da
Gabriele D’Annunzio; un film che ha avuto il grande onore di venire proiettato in anteprima alla Casa Bianca di fronte al Presidente degli Stati Uniti d'America
Thomas Woodrow Wilson. Torino resta la prima città d’Italia nel cinema fino al 1937, anno di inaugurazione di Cinecittà a Roma, ma la sua vocazione cinematografica non è mai venuta meno…
… la radio e la televisione: in Italia i primi studi e le prime prove sperimentali di trasmissione televisiva vengono effettuate a Torino a partire dal 1934; il 3 gennaio 1954, da Torino, cominciano le prime trasmissioni regolari.
La nascita dell'azienda Rai è legata a un Regio Decreto del 1923. Il 27 agosto 1924 nasce a Torino l'Unione Radiofonica Italiana (URI). Quattro anni dopo, nel 1928, l'URI viene trasformata in Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche (EIAR), Nel 1931 l'EIAR acquista il Teatro di Torino di Via Verdi e lo adibisce ad Auditorium (il primo d’Italia) e a sede della propria Orchestra Sinfonica Nazionale. Nello stesso Teatro di Torino e nella vicina sede storica dell'EIAR, si svolgono i primi esperimenti di trasmissione televisiva. Il 26 ottobre 1944 nasce dalle ceneri del vecchio ente la Radio Audizioni Italiane (RAI), che inizialmente è una partecipata della Società Idroelettrica Piemontese…
… la pubblicità: la radio e poi la televisione generano l’industria della pubblicità. La Sipra, concessionaria per la pubblicità sui canali Rai ha ancora oggi la sua sede principale a Torino. Nasce la figura professionale dell’operatore pubblicitario. È sufficiente menzionare l’opera di Armando Testa (Torino, 1917 – Torino, 1992). L'agenzia pubblicitaria da lui creata è ancora oggi fra le prime, per fatturato e attività, operanti in Italia ed è nota (e studiata) in tutto il mondo…
… l’industria discografica: è a Torino la maggior parte dei dischi prodotti in Italia tra gli anni Venti e Cinquanta, con la Cetra e con la Fonit di Milano, entrambe della Eiar/Rai, poi Fonit-Cetra. Per avere successo nel paese bisognava andare a Torino, sia per fare i dischi, sia per cantare in diretta radiofonica (come si è fatto per molto tempo). L'Orchestra della Canzone dell'EIAR, diretta da maestri come Cinico Angelini e Pippo Barzizza accompagnò (e lanciò) gran parte dei cantanti e delle cantanti dell’epoca (limitiamoci a ricordare il Trio Lescano, che ebbe una popolarità enorme)…
… l’editoria: nel capoluogo piemontese sono nate tra le più importanti case editrici. Anche per questo motivo molti scrittori sono venuti a vivere e a lavorare a Torino: uno su tutti, Emilio Salgari (ne parleremo più in dettaglio, avendo per altro la sua vita a Torino, purtroppo tragicamente conclusasi, ispirato alcune canzoni). Il 50% delle case editrici scolastiche e universitarie italiane ha sede a Torino, incidendo per il 30% sul mercato librario scolastico nazionale. Dal 1988 Torino ospita il Salone Internazionale del Libro, la più importante manifestazione italiana nel campo dell'editoria e nel 2007, insieme a Roma, è stata proclamata dall’UNESCO Capitale Mondiale del Libro. En passant, anche il Salone della Musica è nato a Torino, ma è stato presto portato via (o donato), come troppe altre cose… Forse Torino ha fatto suo il motto di D’A nnunzio: “io ho solo ciò che ho donato”…
… l’elettronica: abbiamo già parlato della Olivetti… Ma non c’è stato solo questo… sapevate, tra l’altro, che il formato mp3 è stato inventato a Torino?…
… il design: Torino è stata proclamata World Design Capital… ça suffit!
… le banche: la Compagnia di San Paolo è una tra le fondazioni bancarie più importanti d’Italia e affonda le sue radici nella Torino del Cinquecento. Emanuele Filiberto di Savoia, tornato in possesso del ducato sabaudo nel 1559, col Piemonte e Torino che versano ormai in severo degrado economico dopo le lunghe guerre contro la Francia e la Spagna, avvia una profonda riorganizzazione politica, militare, culturale. Nell’anno 1563 sette cittadini torinesi fondano la Compagnia di San Paolo al fine di assistere i poveri e i “vergognosi”, cioè i nobili e borghesi decaduti. Nel 1579, per rimediare al flagello dell’usura, la Compagnia fonda il Monte di pietà. Nello stesso periodo e negli anni a seguire aprono la Casa del soccorso, la Casa del deposito, un servizio di assistenza che eroga doti alle ragazze indigenti. Nel 1595 viene fondato l’ufficio Pio per la gestione dell’attività assistenziale e religiosa della Compagnia. I paolini collaborano alla costruzione, tra l’altro, dell’Ospedale di carità…
… l’industria aeronavale e aerospaziale: l'Aeritalia è stata un'azienda aerospaziale di Torino, fondata nel 1969, mediante la fusione tra FIAT-Aviazione, Aerfer e Salmoiraghi. Nel 1976 diventa proprietà dello Stato (Finmeccanica – Gruppo IRI). Nel 1990 il gruppo decide di fondere Aeritalia con Selenia, dando vita alla Alenia. L'industria, per molti anni la più importante in Italia nel campo aerospaziale, è stata impegnata nella progettazione e costruzione di aerei civili e militari, di motori aeronautici, di sistemi radar, di satelliti spaziali. La Alenia Spazio di Torino ha contribuito a numerosi programmi spaziali nazionali e internazionali e ha dato il suo contributo alla realizzazione dello Space-Shuttle e della Stazione Spaziale Internazionale. La quota di Finmeccanica nell’elettronica di bordo del nuovo Eurofighter Typhoon (EFA) supera il 60 per cento. Negli stabilimenti di Torino e di Caselle più di 1.500 addetti lavorano allo sviluppo e alla produzione del caccia multiruolo “semi-stealth”…
Insomma, tutto questo per dire che Torino non ha richiamato e accolto solo emigranti per un lavoro più volte definito “squalificato” e mano d’opera o forza lavoro generica, ma anche lavoratori specializzati e cervelli da ogni dove. Questo, per altro, sarà causa più che altrove di una forte divaricazione conflittuale tra la Torino borghese e la Torino proletaria.
La città più industrializzata d’Italia dunque dà vita a sogni di riscatto, ma anche a problemi di integrazione e di sradicamento dalle terre e dalle culture di origine degli immigrati; a progetti di vita nuova, ma anche alla dura e ripetitiva, alienante fatica dell’operaio. La assembly-line e il fordismo cosiddetto arrivano per primi in Italia con la Fiat… Sarà la Balilla nella fabbrica del Lingotto la prima automobile italiana a essere prodotta in catena di montaggio.
Il flusso di emigranti è tale che le case non bastano. Chi abita nel centro storico o nei vecchi quartieri operai come Barriera di Milano, San Paolo, San Donato-Borgo Campidoglio, Borgo Vittoria, Regio Parco, Borgo Dora, Vanchiglia, Aurora ecc. deve accontentarsi di un letto in una stanza, di soffitte e cantine, di piccoli appartamenti malmessi col gabinetto sul ballatoio… Nel 1959 a Torino 32 mila persone vivono in scantinati, soffitte e ricoveri dell'ente comunale di assistenza. In teoria le nuove case di quartieri come Mirafiori Sud, Vallette e Falchera o di borgate periferiche come Nichelino, così come le case Fiat sorte un po’ ovunque, rispondono a una emergenza abitativa sovente speculativa, ma sono anche in parte un tentativo di sistemare dignitosamente lavoratori e famiglie, creando nuovi quartieri periferici all’avanguardia del tutto autosufficienti. Quartieri e modelli sociali che, nelle intenzioni iniziali, si ispirano alle correnti progressiste moderate del periodo, quella di sinistra della Dc o dell'industriale Olivetti. Progetti che però, in questo senso, restano drammaticamente incompiuti. Il quartiere Falchera, caratterizzato dalle sue casette in stile inglese nella parte vecchia, è progettato da un architetto e urbanista della levatura di Giovanni Astengo. Quello delle Vallette viene progettato nel 1958 dai più celebri architetti torinesi dell'epoca e inaugurato durante i festeggiamenti del centenario dell’Unità d’Italia. Il nuovo agglomerato, accogliendo famiglie di differente estrazione (sia operaia, sia impiegatizia), avrebbe dovuto (in linea con i progetti di riforma della società) favorire la solidarietà fra le classi.
Invece le cose vanno poi diversamente: restano e diventano poco più di ghetti dormitorio carenti, quando non del tutto privi, di servizi, negozi, trasporti e luoghi di socializzazione; e dove i figli crescono come si può, con quel che c’è (o non c’è), aggregandosi in strada o nei giardini, spesso tra difficoltà scolastiche e abbandoni in scuole non propriamente eccellenti. Strade, giardini e interi isolati che soprattutto a cominciare dagli anni ’70, acquistano (e ancora in parte si trascinano), la nomea di “quartieri malfamati”. Famosa, per esempio, è stata quella di “via Artom”. La città, nel volgere di pochi anni, raggiunge e supera (nel 1961) il milione di abitanti (erano meno di 700.000 alla fine degli anni ‘40). Nel 1974 la città raggiunge 1.200.000 abitanti (oggi, col declino industriale della città, il numero è sceso a circa 900.000).
Lui ha quindici anni,
cognome Saldutto,
alunno alle medie,
scuola Pacinotti,
venuto di Puglia, "terrone" immigrato:
Torino lo boccia e lui s'è impiccato
…
E tu puoi scordare l'azzurro del cielo
di Puglia e il dialetto della tua terra:
tuo cielo è la FIAT, tua terra è Torino,
la scuola, Saldutto, è il campo di guerra.
(Ivan Della Mea – Ballata per Ciriaco Saldutto)
Arrivano nel ghetto
ammuffito, spaccato
contano i sassi
dentro il filo spinato.
Questo luogo del cielo è chiamato Torino
lunghi e grandi viali, splendidi monti di neve
sul cristallo verde del Valentino
illuminate tutte le sponde del Po.
Mattoni su mattoni
sono condannati i terroni
a costruire per gli altri
appartamenti da cinquanta milioni.
(Lucio Dalla e Roberto Roversi – Un’auto targata To)
Sono tutte uguali quelle case dormitorio,
la città per lui è un racconto di papà.
Non lo vogliono le scuole, non lo fanno lavorar,
il ragazzo nato al ghetto è già un mostro a quell'età.
Lui è un ragazzo del ghetto,
schiavo di metropoli.
la sua vita è dentro al cemento,
la sua vita non cambierà mai,
la sua vita è solo nel ghetto…
Gli daranno della droga per poterlo controllar.
Lo faranno rimbambire, gli diranno di morire.
Troppo povero per vivere, troppo onesto per rubare,
dentro al ghetto non si vive, solo morte ci sarà!
(Statuto – Nel ghetto)
…Dentro il sonno di lavoro operaio,
nelle marce barriere
io canto la morte nei cessi della stazione
canto le mille africane sui tram
vestite con un destino comprato a poco
da un signore nascosto dietro ad un finestrino
comandando un mercato da solo,
porta Cristo e il vaiolo
io canto la pace portata a Baghdad
Compagno, canto degli occhi
Di Franti seduto in mezzo a due sbirri
Mirafiori, Bovisa, Rebibbia, San Paolo del Brasile
Lo porto via, lo prendo per mano
Accendere un fuoco e poi sparire…
(Franti – Canzone urgente)
Fiat Lingotto
Un quartiere costruito in funzione della fabbrica
Chiusa la fabbrica
Rimane un ghetto dormitorio
Un quartiere costruito per la loro sopravvivenza
Non per la tua…
(Contrazione – A sud di Torino)
I giovani di Mirafiori
Sognano di andare via
Ma per i sogni non c’è posto
In questa squallida periferia
Dalla giungla d’asfalto
Puoi apprendere una cosa sola
Che un posto di lavoro
Vale cento banchi della scuola
Ma se la scuola ti respinge
Se il lavoro non c’è
Ognuno se la cava come può
Lavoro nero precario
In una banda di rock’n’roll…
… Dalla giungla d’asfalto
Puoi apprendere una cosa sola
O trovi un posto di lavoro
Oppure ti procuri una pistola
E se la gente ti respinge
Ti risponde di no
Ognuno se la cava come può
Una rapina ogni tanto
Da Rock’n’Folk
(Mirafiori Kidz – Mirafiori Kidz)
Torino è il luogo ideale per la nascita di una cultura antagonista, socialmente e politicamente impegnata: lo è dapprima contro il fascismo, lo è in seguito contro la nuova società dei consumi e i valori del mondo capitalista. Il Sessantotto italiano, il più intenso in Europa insieme a quello francese, ha avuto a Torino e a Milano la sua scintilla. Sul finire degli anni Sessanta è ormai chiaro a molti che il miracolo economico ha giovato perlopiù alla borghesia. Il fenomeno degli scioperi degli operai nelle fabbriche per chiedere i dovuti adeguamenti salariali incontra il movimento degli studenti, che a loro volta contestano l’arretratezza e la parzialità dell’insegnamento scolastico e rivendicano il diritto allo studio superiore e soprattutto universitario anche a favore dei giovani di condizione economica disagiata. Tutto ha inizio nell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, a causa di un raddoppio delle tasse universitarie, e alla facoltà di Architettura di Torino, per la decisione di spostarne la sede nella scomoda e periferica Mandria di Venaria. Il 15 novembre 1967 le due università vengono occupate dagli studenti e quindi sgombrate dalla Polizia. La tensione cresce. Dopo tre giorni 30.000 studenti sfilano per Milano, ma la repressione delle forze di polizia non fa che esacerbare gli animi e la rivolta ha inizio. Nel maggio del '68 tutte le università, ad eccezione della Bocconi, vengono occupate. Anche le lotte dei lavoratori si inaspriscono. Si vuole il rinnovo dei contratti di lavoro, l'aumento dei salari, la diminuzione dell'orario; e poi ancora si sciopera per le pensioni, per la casa, per la salute, per i servizi… Lavoratori e studenti si uniscono fin dalle prime manifestazioni, cagionando e alimentando inquietudini e propositi rivoluzionari. Nel settembre del ’68 atti di sabotaggio alle catene di montaggio della Fiat portano alla distruzione di migliaia di automobili. 25.000 operai vengono sospesi fino a una mobilitazione generale e al tentativo di occupazione della fabbrica al grido di “potere operaio”. Seguono un processo e tre mesi di agitazione e paralisi di tutte le attività produttive e commerciali che mettono in ginocchio tutta la città di Torino. È il Natale più nero, a luci spente e negozi serrati come al tempo della seconda guerra. Il 21 dicembre si accolgono infine le richieste dei sindacati: aumenti salariali, interventi nel sociale, pensioni, diminuzione delle ore lavorative, diritti di assemblea, consigli di fabbrica a cui seguirà lo Statuto dei lavoratori nel 1970. Qualcosa di quei fatti è stato cantato da Ivan Della Mea in “Viva la Fiat”.
È dunque nel disagio della “Torino area industriale” (per citare un brano che dà anche titolo a un demo del gruppo punk Frammenti del 1993), che si sciopera, si contesta, si rivendicano diritti, si lotta… Ma ciò avveniva già e da molto prima del ’68, e cioè fin dall’età giolittiana (il primo sciopero generale porta la data del 16-18 settembre 1904 in risposta all’eccidio di Buggerru, dove l’esercito sparò ai minatori in sciopero). L' Italia, tra la fine dell'800 e l’inizio del 900, è attraversata da una serie di scioperi (scioperi agricoli della valle padana nel 1884, degli edili nel 1887 e operai del 1888; sciopero dei metallurgici nel 1891, Fasci siciliani nel 1889-1894), spesso soffocati col sangue dei lavoratori. Solo nel 1889 il codice Zanardelli afferma la non punibilità dello sciopero pacifico, riconoscendolo quale strumento legittimo in mano ai lavoratori.
Tra il 1942 e il 1945 numerosi furono gli scioperi nelle fabbriche torinesi, dove il movimento operaio si oppone al regime nazi-fascista e partecipa alla lotta di Liberazione.
Alcuni scioperi sono tristemente passati alla storia, come quelli alla Fiat Grandi Motori del 1943. Una canzone (La badoglieide, i cui versi sono stati scritti da Dante Livio Bianco e Nuto Revelli), ricorda quei giorni e il generale Enrico Adami Rossi che, nominato comandante della difesa territoriale di Torino, nei 45 giorni del governo Badoglio, prima di consegnarsi ai tedeschi e passare al servizio della repubblica di Salò, fa sparare a più riprese contro gli operai torinesi in sciopero, provocando diverse vittime. Dopo la Liberazione è riconosciuto colpevole di collaborazionismo e condannato dalla Corte d'Assise di Firenze alla fucilazione alla schiena e alla confisca dei beni. La sentenza viene tuttavia annullata dalla Corte di Cassazione e Adami Rossi, reintegrato nel grado, è considerato in congedo (è solo l’inizio di quel che poi con De Gasperi diverrà un eccesso di, comunque inevitabile, “continuismo”).
O Badoglio, o Pietro Badoglio
ingrassato dal Fascio Littorio,
col tuo degno compare Vittorio
… Gli squadristi li hai richiamati,
gli antifascisti li hai messi in galera,
la camicia non era più nera
ma il fascismo restava il padron.
Era tuo quell'Adami Rossi
che a Torino sparava ai borghesi;
se durava ancora due mesi
tutti quanti facevi ammazzar…
(Fausto Amodei – La badoglieide)
Non è dunque un caso che la prima scuola di cantautori in Italia, prima di ogni altra, genovese, milanese o bolognese che dir si voglia, è torinese. Si continua a dimenticare o a ignorare cioè che tutto nasce a Torino, più o meno intorno al 1957, con i Cantacronache. Cantacronache è stato, storicamente, il primo esempio di cantautorato in Italia, in senso moderno e oltretutto "impegnato" (e con le prime cantanti donne impegnate, rare ancora in tutto il paese ancora negli anni ’70). Cantacronache è stato un gruppo di musicisti, letterati e poeti, sorto dunque a Torino nel 1957 con lo scopo di valorizzare il mondo della canzone attraverso l'impegno sociale e di prendere le distanze dai canoni della canzonetta sanremese e di consumo. Fondatori sono Sergio Liberovici e Michele L. Straniero, ai quali si aggiungono Emilio Jona, Fausto Amodei, Giorgio De Maria, Margot Galante Garrone, Franca Di Rienzo, Pietro Buttarelli, Silverio Pisu, Glauco Mauri, Edmonda Aldini, Mario Pogliotti, Duilio Del Prete. I testi delle canzoni dei Cantacronache sono vera letteratura, poesia (leggete e ascoltate “La ruota”, “Qualcosa da aspettare”, “Oltre il ponte”, “Il padrone del mondo”, “Canzone triste”… ). Del resto, negli anni di vita del gruppo, transitano scrittori, intellettuali e poeti del calibro di Umberto Eco, Italo Calvino, Franco Fortini, Giovanni Giudici, Gianni Rodari; o compositori dell’area colta quali Fiorenzo Carpi (che per altro scrisse la musica della canzone “Sul verde fiume Po” su parole di Italo Calvino), Giacomo Manzoni, Valentino Bucchi. Niente suona in quegli anni come i loro dischi, nei testi, nel modo moderno di comporre, cantare, arrangiare. Molte delle loro canzoni suonano ancora oggi attuali, come ancora quelle di un altro grande torinese, Fred Buscaglione. Loro canzoni sono state reinterpretate negli anni fino ai nostri giorni da artisti come Ornella Vanoni, Enzo Jannacci, Milva, Stormy Six, Modena City Ramblers, Grazia Di Michele, Têtes de Bois, Ginevra Di Marco, Giovanna Marini, Banda Osiris, Yo Yo Mundi, Kosovni Odpacki, Isabella Maria Zoppi, Caparezza, Gualtiero Bertelli, Alessio Lega…
La proposta di Cantacronache, è scontato, fa fatica ad affermarsi al di là di ristretti ambienti fortemente politicizzati e culturalmente “élitari”, e nel 1962 il gruppo si scioglie. Due dei suoi membri, Amodei e Straniero, proseguono l'attività di riscoperta del canto sociale all'interno del Nuovo Canzoniere Italiano. Che Torino però non sappia valorizzare i suoi figli, né trattenere le sue primizie, è purtroppo un fatto ancora oggi incomprensibile. Tutta la collezione dei dischi e dei libri dedicati a Cantacronache è attualmente consultabile infatti non qui a Torino, ma presso la Biblioteca Comunale delle Lame di Bologna. Per chi riesca a trovarlo, consiglio il documentario storico "CANTACRONACHE 1958-1962: politica e protesta in musica" realizzato da autori vari nell'ambito del Master in Comunicazione Storica dell'Università di Bologna nel 2011 in collaborazione con l'Istituto storico Parri Emilia Romagna.
Un’esperienza, quella di Cantacronache, a cui bisognerebbe riconoscere anche il primato di primo “gruppo aperto” e “multimediale” nella storia della musica e della canzone in Italia… se non di prima “factory”…
“Se non ci fossero stati i Cantacronache e quindi se non ci fosse stata anche l’azione poi prolungata, oltre che dai Cantacronache, da Michele L. Straniero, la storia della canzone italiana sarebbe stata diversa. Poi, Michele non è stato famoso come De André o Guccini, ma dietro questa rivoluzione c’è stata l’opera di Michele: questo vorrei ricordare.“ Così ha scritto Umberto Eco.
L'esperienza di Cantacronache, oltre a quella degli chansonniers francesi, è stata assorbita, poi e di pari passo, dalla coeva generazione di cantautori come Luigi Tenco, Fabrizio De André, Francesco Guccini, come lo sarà poi da quella successiva (Francesco De Gregori)… E dirò di più… Il padre di De Andrè era torinese, sua madre di Pocapaglia (posso suggerire che “La guerra di Piero” è per un pizzico “Dove vola l’Avvoltoio”?); Tenco era di origini alessandrine e visse a Torino con la famiglia fino ai 16 anni… Giusto per tornare a un discorso di scuola torinese seminale prima ancora di quella genovese.
L'avvoltoio andò dal fiume
ed il fiume disse: "No,
avvoltoio vola via,
avvoltoio vola via.
Nella limpida corrente
ora scendon carpe e trote
non più i corpi dei soldati
che la fanno insanguinar".
(Cantacronache/Piero Buttarelli, testo di Italo Calvino – Dove vola l’avvoltoio)
A Torino si fa protesta e si fa canzone di protesta politica e sociale più che altrove. Che la citino o meno, decine e decine (o forse centinaia) di canzoni di protesta, rosse o anarchiche o cosa, sono nate a Torino o hanno Torino come sfondo e riferimento. Non è affatto strano, essendo stata la città più industrializzata d’Italia. Lo stesso discorso varrebbe per i canti della Resistenza (a cominciare da “Bella ciao”, attribuita a un anonimo emiliano, in realtà derivata da un canto ottocentesco delle mondine padane le cui radici affondano a una ballata francese del Cinquecento, assorbita dapprima nella tradizione piemontese con il titolo di La daré d'côla môntagna). Ma io divago sempre… Affronterò a parte i canti della Resistenza, così come quelli del Risorgimento, della Montagna e poi altro ancora.
Dal secondo dopoguerra non c’è miglioramento nelle condizioni dei lavoratori che non sia partito o passato dalle lotte nelle fabbriche e dai sindacati torinesi. Almeno fino alla Marcia dei quarantamila del 14 ottobre 1980, quando migliaia di impiegati e quadri della FIAT scendono in piazza per protestare contro il picchettaggio che impedisce loro di entrare in fabbrica a lavorare da ormai 35 giorni. Il sindacato, a causa di questa manifestazione, capitola e chiude con un accordo favorevole alla Fiat. È l’inizio di una perdita di potere del sindacato non solo in Fiat ma nell’intero paese. Torino stessa, durante gli anni Ottanta e Novanta, inizia il declino industriale e la sua trasformazione in capitale del terziario, in città d’arte, cultura e turismo. E che il sindacato non abbia più potere o, meglio, lo stesso potere di un tempo è stato definitivamente sancito dall’ultimo referendum di Mirafiori. Ma il rischio per Torino di perdere del tutto la sua fabbrica più importante, quei due milioni di metri quadri di Mirafiori che dal 1939 è una città nella città, il più grande complesso industriale italiano, la fabbrica più antica d’Europa ancora in funzione, non è purtroppo del tutto scongiurato. Si vedrà. Al manager Sergio Marchionne, discutibilmente o no, bisogna per ora riconoscere quanto meno il salvataggio della Chrysler dalla bancarotta (pilotata) e un risanamento dei conti della Fiat, tornata all'utile nel 2006. Per il resto, la globalizzazione non fa sconti a nessuno. Un personaggio così non poteva certo evitarsi anche qualche citazione o reinterpretazione parodistica (v. Max Paiella) o canzone (come la già citata “Paranza di San Precario” dei 99 Posse o la “Ballata per Marchionne” di Franco Trincale, forse l’ultimo autentico cantastorie italiano.
O Marchionne, Sergio Marchionne…
..Se la Serbia ora ti apre le porte
Mentre chiudi a Torino i portoni
Fermi la dignità e la sorte
Di chi perde il lavoro e la morte
Mentre i profitatori fan festa
Con suicidio l’operaio protesta…
(Franco Trincale, Ballata per Sergio Marchionne)
E poi c’è (acquisita) “Me ne vado in Canadà” di Gerardo Carmine Gargiulo (in realtà del 1981, dall’unico suo album “Avellino Express”). Questo suo brano è stato usato dagli operai Fiat di Pomigliano e Mirafiori, come coro di scherno. Dice Gargiulo: "Se sono tornato sulla cresta dell'onda devo ringraziare Marchionne e soprattutto i Cobas che hanno usato una mia canzone come colonna sonora della protesta davanti ai cancelli della Fiat nei giorni del referendum". Quanto al brano techno house “Torino is not Toronto” di Luigi Rocca & Hugo, non saprei.
Se lavori al reparto sbavatura
Che si trova alla FIAT Grandi Motori
Tu respiri soltanto spazzatura
Perché mancano fin gli aspiratori..
…al reparto per la pomiciatura
C’è tanta acqua da farci i gargarismi
Se quest’acqua ti rende l’aria pura
D’altro canto procura i reumatismi.
In un anno perdete sette chili
Ed avete un bel mettercela tutta
Si fan deboli gli organi virili
E la moglie vi resta a bocca asciutta.
Vi dicono i medici in camice bianco:
“Con tutte le scocche che hai già pomiciato
è chiaro che a casa poi sei troppo stanco
per ripomiciare di nuovo in provato”
Va be’ scherzi a parte però resta il guaio
Che queste storielle son tutte ben vere
Ma per conquistare il controllo operaio
Lottiam nelle fabbriche e dentro il quartiere.
(Fausto Amodei – Nei reparti della Fiat)
Non spingete, scappiamo anche noi!
Alla pelle teniam come voi.
Meglio esser becchi e figli di boia
che far l’eroe per casa Savoia.
E Pietro Micca è saltato in aria,
per salvare la Fiat di Torino:
io invece sono all’Alfa ma non sono cretino
e i salti miei li faccio su un letto insieme a te.
Oh sì sì, Maria, Mari
dagli occhi azzurri e dai capelli neri
vo’ vivere con te senza pensieri
e bim e bum e bom
senza il rombo del cannon.
(I Gufi – Non spingete, scappiamo anche noi)
Capo, caporeparto
Rallenta la catena
Ché voglio restar vivo
Prima che suoni la sirena…
(Statuto – In fabbrica)
Abbiam trovato
un metodo d'azione
per romper meglio
le scatole al padrone
è il sistema più rapido e moderno
e che si chiama lo sciopero interno
Sciopero interno
da dentro all'officina
noi perdiam poco
e Agnelli va in rovina
se si sta a scioperar dentro i cancelli
chi ci rimette è soprattutto Agnelli
Basta che siamo
duecento scioperanti
tutta la FIAT
non può più andare avanti
ci rimette la paga poca gente
ma tutti gli altri non producon niente
Sciopero interno
caliamo il rendimento
ed abbassiamo
il cottimo giù a cento
chè con lo scasso della produzione
noi riusciremo a battere il padron
(Fausto Amodei – Sciopero interno, 1969)
È uno sguardo verso il futuro
Mirafiori
Tirare avanti cosi è duro
Tornerò tornerò di sicuro
Da Mirafiori
Con in tasca un nuovo futuro.
Qui la nebbia nasconde il sole e confonde
Illusione e realtà
Torino Porta Nuova… speranza
Vita nuova chi lo sa?
Erano gli anni dei pugni chiusi
E del potere agli operai…
(Radici nel Cemento – Mirafiori)
Avrei voluto conoscervi
ai cancelli delle fabbriche occupate nel biennio rosso
Avrei voluto conoscervi
giovani partigiani con le scarpe rotte quando fischia il vento
Avrei voluto conoscervi
a Piazza Statuto magliette a righe e sanpietrini
Avrei voluto conoscervi
generazione operaia all’assalto del cielo
in un autunno caldo di rivolta
Avrei voluto conoscervi
anche nei giorni della sconfitta
nelle albe livide di Mirafiori 80
Avrei voluto conoscervi
(Assalti Frontali – Avrei voluto conoscervi)
…Il cinque di marzo del quarantatre
nel fango le armate del duce e del re
gli alpini che muoiono traditi lungo il Don.
Cento operai in ogni officina
aspettano il suono della sirena
rimbomba la fabbrica di macchine e motori
più forte è il silenzio di mille lavoratori.
E poi quando è l'ora depongono gli arnesi
comincia il primo sciopero nelle fabbriche torinesi.
E corre qua e la un ragazzo a dar la voce
si ferma un'altra fabbrica altre braccia vanno
[in croce.
E squillano ostinati i telefoni in questura
un gerarca fa l'impavido ma comincia a aver paura.
(Stormy Six – Stalingrado/La fabbrica)
Signor padrone,
questa volta per te
andrà di certo male,
siamo stanchi di aspettare
che tu ci faccia ammazzare.
Noi si continua a lavorare
e i sindacati vengono a dire
che bisogna ragionare
di lottare non si parla più…
(Alfredo Bandelli e Pino Masi – Ballata della Fiat, 1970)
Batteva forte il cuore nel cuore della mia città
la nostra primavera era un canto alla libertà
la libertà di far volare i sogni ed il nostro futuro
oltre il tramonto rosso di un cielo ancora puro
Torino prussiana e nera Torino borghese e arcana
Torino che ha macchiato di rosso la sua bianca sottana
Torino che grida forte al cielo sceso tra le sue mura
di accendere una stella dentro ogni sua paura
Torino operaia e fiera Torino partigiana
Torino che brucia i bordelli della festa cortigiana
Torino che danza attorno ai fuochi accesi tra le sue mura
per riconquistare il giorno dopo la notte lunga e scura
E il vento disegnava un mare di bandiere
e le onde delle strade erano facce vere
le facce antiche e nuove di chi non sta a guardare
di chi ha le scarpe rotte ma sa che deve andare
Non vi canto la fine dell'ultima guerra mondiale
ma di un tempo più vicino di un tempo più normale
di un giorno preso in pugno da gente che ha il destino
di vincere la notte e perdere al mattino
…
(Alberto Cesa e Cantovivo – Torino Rossa)
Il mio sogno è lavorare
il tuo sogno è stare con me
Il mio sogno è dormire
sempre e solo vicino a te
In questi anni ’60
hi l’avrebbe detto mai
che c’è un raggio di speranza
anche per gente come noi
che non abbiamo niente
noi che veniamo da lontano
che spegniamo le luci presto
e che presto ci svegliamo
Perché il viale è lungo
ma questo viale ci porterà
a una casa vicino al parco
qui alle porte della città
Le cicogne son partite
e le partite sono tra
Toro e Juve Juve e Toro
e con il derby poi finirà
la stagione delle battaglie
al grido di lavoro e libertà…
(Morinomigrante aka Luca Morino – Ballata per Mirafiori)
…la Fiat nella sola Torino
ha centoventimila operai
quindicimila le industrie
legate a questo destino
l'aria dell'intera città
tanto densa da fare pietà
ora sbaracca Volvera
la fabbrica con i ricambi
la fonderia a Crescentino…
…da tutti ormai confermato
l'auto è in crisi profonda
l'auto non ha futuro
stecco di legno sull'onda
dopo l'assestamento
le auto saranno più rare
e finiranno per scomparire
come lampare sul mare.
(Lucio Dalla e Roberto Roversi – Intervista con l’Avvocato)
(E’ Zezi – Fiat’nculo)
Questa città di ruffiani e lecca culo,
questa città, che ad essere ottimisti non c'è futuro,
questa città, ci ha dato bottoni vicino alla pressa,
e tu a trent'anni ti immaginavi una fine diversa…
questa città che toglie l’aria alla sera
di gente stanca e sola
questa città
riempita solo di parole sopra i giornali…
Radiocuba – Lascio (i giorni di Torino)
…Le mani sono un sudario
Accolgono i contorni
Di una donna minuta
Le buche rattoppate
Su strade terminali
Per cui non c’è più cura
L’ipotesi d’azzardo
Salvare gli operai
Dai roghi di un inferno
Poi ville abbandonate
E mini utilitarie
In un film di Dario Argento…
(Operaja Criminale – Torino)
…
A Torino, ovviamente, non c’è solo la Fiat tra le più grandi industrie.
In esilio non sono stati mai
da cent'anni regnan qui da noi
son saliti in auto
sopra un trono che
condiziona tutto quel che c'è
Non si muove foglia senza che
a decidere sia stato il re
la famiglia vuole
quindi si potrà
anche l'aria è loro qui in città
Questo è un feudo e non una città
ogni cosa è loro proprietà
quattro ruote han soffocato
ogni libertà
e chi non è d'accordo sparirà
(Statuto – Il regno della Mole)
Ho già parlato di tutti gli altri marchi automobilistici, dei carrozzieri o di altre fabbriche importanti come la CEAT (acronimo di Cavi Elettrici e Affini Torino, produttrice di cavi e di pneumatici e seconda industria della gomma in Italia dopo la Pirelli, fondata nel 1924 da Virginio Bruni Tedeschi, nonno della regista e attrice Valeria Bruni Tedeschi e dell'ex modella Carla Bruni). Ho già anche parlato del cotonificio Leumann, della Olivetti e ho anche già fatto un accenno alla Lavazza.
Tra le fabbriche più importanti in città ricordiamo la Iveco (ma nasce molto più tardi, nel 1975) e la SNIA – Viscosa, fondata da Riccardo Gualino e Giovanni Agnelli. In un primo tempo si occupa di trasporto di combustibile tra Italia e America. Dopo la prima guerra mondiale la SNIA (Società di Navigazione Italo Americana, poi Società Nazionale Industria Applicazioni Viscosa), con l’acquisto di altre aziende tra cui la Società Italiana Seta Artificiale a Cesano Maderno e la Viscosa di Pavia, proprietaria di uno stabilimento di fibre chimiche a Venaria, si dedica alle fibre tessili e artificiali. La SNIA-Viscosa diviene un vero e proprio colosso: ha 12 stabilimenti, più di 20.000 operai e produce milioni di chilogrammi di filati artificiali che ogni anno sono venduti sui mercati nazionali ed esteri. Riccardo Gualino, per altro, diviene un mecenate importante attivo in campo teatrale e musicale, nonché produttore cinematografico, collezionista (ha sostenuto in particolare il pittore Felice Casorati) e importante committente di architettura moderna. Futuri grandi produttori come Carlo Ponti, Dino De Laurentiis e Luigi Rovere hanno considerato Riccardo Gualino come il loro maestro. L’azienda chiude nel 1954. Anche la SNIA-Viscosa, tra il 1924 e il 1927, lungo l’attuale corso Vercelli (oltre che a Venaria), costruì un proprio villaggio dove ospitare i propri dipendenti. Inizialmente lo si progetta per 15.000 persone, ma viene ridimensionato in corso d’opera (ne ospiterà solo 800). Il progetto è dell’ingegnere Vittorio Tornielli, che realizza sedici case disposte a scacchiera di quattro piani ciascuna, con quattro alloggi per piano. Le abitazioni, anche in questo caso, alla fine risultano isolate dal resto della città, povere di infrastrutture e servizi, ad eccezione di una chiesa, un lavatoio e pochi negozi adibiti alla vendita dei generi di prima necessità. Lasciato per anni in condizioni di degrado, il complesso è stato da poco oggetto di un’opera di restauro.
Esta é la cancion de Porfirio Villarosa
che faceva el manoval alla Viscosa
…
Conoscete Porfirio Villarosa
dalla bocca fascinosa
lo credevano spagnolo o portoghese,
egli invece è torinese era un rude
e modesto terrazziere faceva il suo mestiere
ch'era un piacere
Ora invece Porfirio Villarosa
todo el giorno se reposa
ogni diva dello schermo
che lo vede dice t'amo e lui ci crede
e così per salvarsi un po' le spese
lui deve divorziare tre volte al mese!
…
(Fred Buscaglione e Leo Chiosso – Porfirio Villarosa)
Altra fabbrica famosa nel mondo è la Superga. Nata a Torino nel 1916, la Superga produce materiale in gomma e si specializza nelle lavorazioni calzaturiere: stivali in gomma, suole, tacchi e scarpe da tennis (il noto modello 2.750 risale al 1925). Durante la seconda guerra mondiale si deve occupare della produzione di maschere antigas e viene danneggiata pesantemente dalle incursioni aeree. Al termine del conflitto l’azienda elabora un programma di rilancio e nel 1951 il marchio Superga viene acquistato dal gruppo milanese Pirelli. Dopo un ventennio di espansione, l’azienda negli anni ’70 entra in crisi e la produzione è assegnata a imprese dislocate in Asia e nell’Europa dell’est. La società di venture capital Sopaf rileva la Superga nel 1992 e trasferisce all’estero il totale delle produzioni lasciando nello stabilimento di Torino soltanto le lavorazioni più particolareggiate. Segue un nuovo periodo di difficoltà e il gruppo BasicNet acquista la licenza mondiale dei prodotti Superga, contribuendo in maniera significativa al rilancio del marchio. Attualmente restano a Torino poco più o poco meno di un’area ex Superga e, dulcis in fundo, il primo e per ora unico monumento mai dedicato al lavoro delle donne: è intitolata alle operaie della fabbrica Superga di Torino l’opera commemorativa, una fontana trasformata in monumento, di Cosimo Veneziano in via Verolengo 28.
Quanto alle canzoni sulle Superga, tralascerei il tributo demenziale degli Altoforno (Le Superga).
La Manifattura Tabacchi, fondata nel 1768, è fino ai primi del Novecento una delle maggiori realtà produttive cittadine. Nella Manifattura del Regio Parco si producono le spagnolette (così si chiamavano le sigarette), i trinciati da pipa, tabacco da fiuto (snuff), da masticare (snus) e i sigari, la cui lavorazione è affidata alle mani delle sigaraie. Nel dopoguerra inizia il declino e nel 1960, con poche centinaia di dipendenti, resta in funzione il solo reparto di fabbricazione di sigarette. In fabbrica restano così poche centinaia di dipendenti. Nel 1996 si chiudono del tutto i cancelli. L’edificio è oggi ufficio immatricolazioni dell’Università di Torino. Ad ogni modo un primato Torino ancora lo detiene al riguardo: senza fare nomi (e quindi pubblicità) è a Torino, più precisamente a Settimo torinese, che si producono le sigarette più economiche in questo momento (ma forse ancora per poco). Il che per noi fumatori impenitenti, di questi tempi, è cosa col suo perché.
Nel quartiere Borgo Vittoria, sulle sponde della Dora, nascono alcune tra le principali fabbriche meccaniche, siderurgiche, chimiche e metalmeccaniche della città: la Società Nazionale delle Officine di Savigliano, la Fiat Ferriere, la Michelin, la Superga.
La Società Nazionale Officine di Savigliano, fondata nel 1880, produce materiale rotabile e macchinari elettrici. Durante la prima guerra mondiale, dai reparti di corso Mortara, escono bombe, pezzi per artiglieria, motori aereonautici e navali. Al termine della guerra passa alla costruzione di locomotori, cui segue, nel corso degli anni Venti, la realizzazione di opere infrastrutturali e impianti idroelettrici. Alla vigilia del secondo conflitto mondiale, la società viene chiamata a produrre tra l’altro granate, carri ferroviari, trattori, telefoni militari da campo, apparecchi radio. Sarà una delle industrie più devastate dagli eventi bellici. Nel 1945 la SNOS riprende tuttavia i lavori su commissione delle Ferrovie dello Stato con la ricostruzione di alcuni locomotori elettrici danneggiati dalla guerra. L’attività dunque ricomincia e procede fino al ridimensionamento del 1960 e la cessione alla Fiat del comparto ferroviario, che continua la produzione fino al 2000, anno in cui il complesso è ceduto alla francese Alstom. Chiusa definitivamente la fabbrica nel 2005, sull’area ex SNOS, riqualificata come si sta facendo ovunque a Torino a cominciare dall’esperienza del Lingotto, non abbattendo, ma possibilmente valorizzando quell’architettura e quel passato industriali, pur sempre affascinante patrimonio storico e urbanistico, sorgono oggi un centro commerciale e dei complessi residenziali.
Tutta Italia guarda verso e solidarizza con Torino e Torino guarda verso e solidarizza con tutta Italia… L’esempio in una canzone di Giovanna Marini, "I treni per Reggio Calabria". Nel 1971-72 la città di Reggio Calabria è in competizione con Catanzaro per l'attribuzione del capoluogo di Regione. E Reggio Calabria è teatro di gravi disordini con blocchi stradali, barricate e l’occupazione della stazione ferroviaria. La rivolta strumentalizzata dai partiti di estrema destra e capeggiata dal neo fascista Ciccio Franco, caporione di Sbarre, dura più di un anno fino ad assumere i contorni di una vera e propria rivolta contro lo Stato. Il 22 ottobre 1972 più di 40.000 lavoratori provenienti da ogni parte d'Italia giungono a Reggio per testimoniare la loro solidarietà e riaffermare i valori della democrazia sfidando un clima di pesanti intimidazioni e violenza. Il brano della Marini prende spunto da questi fatti di Reggio Calabria del 1972. Lei stessa era su uno dei treni diretti al Sud: "I treni per Reggio Calabria" (al centro dell'omonimo album del 1975, incisa nuovamente dalla Marini insieme a Francesco De Gregori ne “Il fischio a vapore”) è una sorta di diario dell'esaltante esperienza, all'insegna della passione civile e dell'impegno. L'andamento epico del pezzo poggia su di una serie di immagini messe in versi le quali, come in un collage, scandiscono i momenti dell'avventura e descrivono in modo mirabile i destini della gente sui vagoni…
Per me questo è un brano epico anche musicalmente perché, e ancora nessuno lo ha detto o forse notato, le parole accelerano e rallentano a fiume proprio come il ritmico andamento mordente e stridente di un treno.
Andavamo col treno giù nel Meridione
Per fare una grande manifestazione
Il ventidue d’ottobre del settantadue…
Volavano sassi e provocazioni
Ma nessuno s’è neppure voltato
Gli operai dell’Emilia Romagna
Guardavano con occhi stupiti
I metalmeccanici di Torino e Milano
Puntavano in avanti tenendosi per mano
Le voci rompevano il silenzio
E nelle pause si sentiva il mare…
E alla sera Reggio era trasformata
Pareva una giornata di mercato
Quanto abbracci e quanta commozione
Il nord è arrivato nel meridione…
Gli operai hanno dato una dimostrazione…
Giovanna Marini – I treni per Reggio Calabria
Fiat Mirafiori
La marcia dei Quarantamila