LA BELLA È LA BESTIA
…il nuovo album dei Syndone…
AMS/BTF 2012
12 brani, 46.30 minuti
Il nuovo concept-album dei Syndone
A due anni dal favoloso comeback di 'Melapesante' la new prog band torinese torna con un nuovo lavoro concettuale. Rock sinfonico ad alto voltaggio, con la partecipazione speciale al flauto di Ray Thomas dei Moody Blues
29 aprile 2012: i Syndone presentano il nuovo album La Bella è la Bestia (AMS/BTF). Un ritorno importante per la band torinese guidata dall'inarrestabile Nik Comoglio, compositore e tastierista che ha rimesso in piedi il gruppo nel 2010 dopo anni di silenzio. Dopo il concept Melapesante, il disco della "ripartenza" di due anni fa, arriva La Bella è la Bestia: un nuovo lavoro concettuale ideato da Riccardo Ruggeri, incentrato sul simbolismo della fiaba di Beaumont del 1756 e aperto a varie interpretazioni e suggestioni. Per questo nuovo album – il quarto nella carriera del gruppo – i Syndone tornano alla formazione in trio degli anni '90, ma con maturità e fantasia in più: Nik Comoglio (tastiere), Riccardo Ruggeri (voci e concept) e Francesco Pinetti (marimba, vibrafono, percussioni) sono l'organico base che ha orchestrato il lavoro creando il migliore scenario per i diversi personaggi interpretati dal vocalist.
I tre si avvalgono di numerosi ospiti, comprese sezioni di celli e fiati che rendono La Bella è la Bestia un'affascinante ed enigmatica opera di rock progressivo moderno, in perfetto equilibrio tra energia e raffinatezza, impatto rock e orchestrazione sofisticata. Tra gli ospiti spicca un nome leggendario: Ray Thomas, flautista e vocalist degli indimenticabili Moody Blues, che ha suonato il flauto traverso in Tu non sei qui e Orribile mia forma. La registrazione è avvenuta in Inghilterra con la partecipazione del popolare produttore Greg Walsh (noto in Italia in particolare per i lavori con Lucio Battisti). A Londra è stato effettuato anche il mastering del disco, nei celebri studi di Abbey Road.
Melapesante ha avuto lusinghiere recensioni dalla stampa italiana ed estera: numerosissime testate come Jam, Progression, Rockerilla, IO Pages, Arlequins e Koid 9 hanno apprezzatol'eclettismo dei Syndone. Questa dote è ancora più marcata in La Bella è la Bestia, attesissimo da critica e pubblico di tutto il mondo. Dichiara orgoglioso Nik Comoglio: "È sicuramente un album più maturo e presenta un sound più rock, ricco ed omogeneo di Melapesante; sono molto soddisfatto del risultato raggiunto perché credo che abbiamo centrato in pieno l’obiettivo che ci eravamo proposti al momento della scrittura, ovvero tentare la via del concept-album senza cadere nell’anacronistico. Questo lavoro rappresenta l’idea di come noi intendiamo la musica prog nel 2012".
Info:
Syndone:
BTF:
Ufficio Stampa Synpress44:
Nik Comoglio: acoustic piano, Rhodes piano, Hammond, Minimoog, distortion kbd, pipe organ, celesta, all keyboards – orchestration.
Francesco Pinetti: vibraphone, marimba, timpani, glockenspiel, tubolar bells.
Riccardo Ruggeri: vocals & lyrics.
Special guest: Ray Thomas, flute.
Also featuring:
Pino Li Trenta: drums.
Federico Marchesano: bass.
Cellos: Umberto Clerici, Heike Schuch, Paola Perardi, Claudio Ravetto.
Brass: Gomalan Brass Quintet.
Alto sax: Paolo Porta.
Baritone sax: Marco Tardito.
Orchestra: Turin Filarmonica Orchestra (conductor Luciano Condina)
Intervista
Davide
Ciao. Come per il precedente “Melapesante” (2010), “La Bella è la Bestia” è un concept-canovaccio che prende spunto dalla fiaba di Leprice De Beaumont, ma in fondo è anche un altro più moderno racconto?
Syndone
Circa un anno fa ho lavorato sul racconto de “La Bella e la Bestia” per delle performance teatrali; quando Nik mi ha proposto di scrivere le liriche per il nuovo album, fresche erano nella mia mente le riflessioni e le immagini sui diversi personaggi della favola. Ho iniziato a figurarmi scene, luci, costumi, scenografie e la macchina creativa si è innescata. Più approfondivo la storia più mi si aprivano possibilità, ma ovviamente su un album bisogna scegliere le cose più importanti ed efficaci, quindi dopo scritture e riscritture, tagli, e brain storming siamo arrivati alla stesura di questo concept album. C’è un'alternanza costante tra momenti della favola e momenti in cui il “narratore” espone delle riflessioni. La vicenda è quella di Beaumont e non è stata alterata ma le riflessioni sono però inserti nuovi… si potrebbe quindi forse parlare di un risvolto più moderno della fiaba.
Davide
Cos’è la bestialità della bellezza? Cosa la bellezza della bestialità?
Syndone
Con questo portare alla luce le polarità di bellezza e bestialità si vuole ribadire un concetto che, purtroppo, è ancora molto poco ricordato e compreso: nella vita, o si abbraccia tutto il reale comprendendo gli opposti, o ci si impoverisce in pensieri e azioni unilaterali. Ovvio che ci sia da prendere le misure per arrivare ad essere sempre più comprensivi, ma l'importante è restare aperti ed accogliere il nuovo, la rosa nella sua totalità (fiore e spine, basta prenderle nel giusto modo). Allora ci si può accorgere che ciò che era "bellezza" può essere "bestialità" retriva se non si muove con noi mentre viviamo. In sostanza è una provocazione a pensare per chi ha già tutto preconfezionato ma in realtà sta escludendo moltissimo del reale che ha pure ragion d'essere anche solo per il fatto che c'è.
Davide
La fiaba de La Bella e la Bestia ha ispirato cinema, animazione, libri, teatro, musical, televisione, musica… Come non ricordare almeno “Beauty and the beast” di David Bowie e il “Valzer della Bella e la Bestia” di Maurice Ravel. Nell’affrontare questa vostra rilettura, vi siete confrontati anche con altri lavori che a questa fiaba hanno già fatto riferimento?
Syndone
Musicalmente conosciamo bene entrambi i lavori, specialmente l’opera di Ravel, ma per questo disco ci siamo lasciati guidare dall’ispirazione personale e dalla nostra espressività. Come si può notare dai credits del booklet, quasi tutti i brani sono co-firmati da tutti e tre, e questo significa che già a livello di scrittura c’era la ricerca di una perfetta sinergia compositiva nonché di una piena collaborazione artistica nel segno dell’evoluzione stilistico/narrativa e timbrico/compositiva.
Davide
Tra i molti begli ospiti, Ray Thomas ex Moody Blues al flauto. Come vi siete incontrati e come sottolineereste il suo contributo?
Syndone
Abbiamo proposto a Ray Thomas di fare degli interventi di flauto sull’album (e per questo ringrazio tantissimo Donato Zoppo che ci ha messo in contatto). Dopo un primo giro informativo di mail con la simpaticissima Lee (moglie di Ray) abbiamo parlato direttamente al telefono con Greg Walsh che ha messo a disposizione il suo studio in Inghilterra per le registrazioni. Le parti di flauto ci sono state poi rimandate via mail da Greg e noi non abbiamo fatto altro che sincronizzarle sul mix. Il giorno dopo il mastering ad Abbey Road siamo andati a trovare Ray, Lee e Greg nel Surrey: uno dei miei momenti highlights: poter parlare tranquillamente davanti ad una birra con una autentica leggenda della musica pop-rock internazionale, coevo e amico dei Beatles (specialmente di George Harrison) per me è stato fantastico! Il contributo di Ray è stato preciso e adatto allo scopo specialmente nel pezzo lento: “Tu non sei qui”; noi ci aspettavamo un solista appoggiato all’armonia di base invece Ray si è inventato una parte molto più interessante ed efficace sovrapponendo più tracce di flauto tale da creare uno sfondo sonoro psichedelico di grande impatto emotivo. Grazie Ray!
Davide (A Nyk)
Non sfugge nemmeno l’incontro con l’Orchestra Filarmonica di Torino e con Luciano Condina… Arrangiare, orchestrare, armonizzare, valorizzare al meglio… Esistono molte scuole di pensiero e innumerevoli modi d’intendere un arrangiamento. Il tuo modo, la tua scuola?
Syndone (Nyk)
L’uso dell’orchestra nella musica prog. è un fatto per me molto stimolante.
Non sono mai stato molto d’accordo con quegli autori che usano l’orchestra (oggi peraltro fatto molto “di moda”) come fosse un’enorme tastiera, limitandola ad eseguire banali triadi o rivolti, semplici progressioni o cadenze d’inganno che potrebbero essere efficacemente e molto più economicamente suonate da un bravo tastierista.
Certo questo dipende anche dal tipo di brano che si sceglie di orchestrare; le canzoni pop ad esempio, per le loro ovvie caratteristiche di semplicità armonica ed immediatezza di fruizione verrebbero snaturate da un’orchestrazione più ardita ed interessante. Si cade quindi inevitabilmente in una orchestrazione “alla San Remo”, dove l’orchestra è totalmente al servizio della melodia vocale e quindi spersonalizzata.
Nel prog questo rischio non c’è; le armonie insolite , i ritmi complessi e le strutture formali imprevedibili che sono trattate al pari della linea melodica risultano vincenti quando vengono trascritte perché possono esaltare le sezioni e gli infiniti colori dell’orchestra stessa.
La scuola a cui mi rifaccio quando affronto un’orchestrazione è quella del Maestro Azio Corghi, compositore internazionale con cui ho studiato e continuo tutt’ora a studiare.
Davide
La copertina è bella, ricorda quelle dei long playing e ho apprezzato soprattutto la leggibilità dei crediti e dei testi (qualità non così frequente a causa delle tascabili dimensioni del cd e di certi sfondi che complicano). La traduzione in inglese dei testi (e in francese del concept) significa che state pensando anche a (o è già disponibile, magari dal vivo) una versione cantata appunto in inglese, “The beauty is the beast”? Cosa succederà di pianificato a questo disco e ai Syndone verso l’estero?
Syndone
Non abbiamo in cantiere una versione cantata in inglese perché siamo molto affezionati alla lingua italiana. Oltretutto l’italiano è molto apprezzato in Giappone, proprio per il grande uso di vocali che abbiamo rispetto alle lingue anglosassoni; questo suono, tipico della nostra lingua è, a volte, affine al giapponese. Per quanto riguarda il nostro interesse verso l’estero stiamo organizzandoci per accedere ai festival internazionali europei. Abbiamo scelto di tradurre i testi in Inglese perché il grosso delle nostre vendite è prettamente all’estero.
Davide
Avete utilizzato un bel numero di strumenti vintage/ancient… Da un Fender Precision del 1966 a una batteria Gretsch Grand Prix del 1982, da un Pipe Organ “Mola” del 1901 presente nella chiesa di San Lorenzo a Ivrea a sintetizzatori di vecchia data Roland, Moog, Oberheim… Perché è importante che questi suoni ritornino o continuino a esistere? Che tipo di approccio avete avvicinandovi a strumenti musicali di questo genere e nell’integrarli alle nuove tecnologie?
Syndone
È importante, nel nostro genere, usare gli strumenti vintage per la loro profondità e per l’incredibile pasta di suono che essi hanno; non c’è nessun clone hammond che suoni come un hammond vero, né un piano campionato che suoni come un piano vero… è questione di frequenze e di armoniche, di legno e di elettricità, di peso, di aria e di valvole.
Il prog. è nato con queste tastiere per cui mi sento in dovere, per quanto mi è possibile, di sfruttare tutte le loro potenzialità timbriche all’interno di una ripresa audio molto all’avanguardia. In questo modo spero di ottenere un prodotto che risulti nuovo ma nel rispetto della tradizione.
A volte possono verificarsi problemi logistici e tecnici connessi all’età di questi strumenti e al loro stato di conservazione non sempre perfetto; ma esistono fortunatamente delle persone appassionate che amano rimetterli in sesto attraverso un restauro conservativo fatto di competenza, amore e pura passione artigianale che permette a noi musicisti di poterli ancora usare. Io vorrei ringraziare queste persone perché, secondo me, sono i veri “liutai” delle tastiere.
Davide
Anche le spine sono gradite, se tra esse si vede spuntare la rosa. Cos’è la rosa nel vostro racconto?
Syndone
La rosa è un simbolo che racchiude ancora l'unità di bellezza e bestialità (fiore e spine). O la si apprezza in toto oppure perde la sua natura di "rosa"… Per dirla in modo zen: quando ti accorgi che la rosa è costituita da infiniti elementi "non-rosa" (cioè tutto, ma proprio tutto)… allora conosci veramente "la rosa".
Davide
Torino sempre più “città del mondo”. Proprio oggi (7 luglio) si è aperta alla Reggia di Venaria HOP.E., happening internazionale, e c’è Brian Eno che ha regalato alla Galleria Grande una sua colonna sonora originale di “musica generativa”, una installazione che diffonde la musica in maniera casuale generando un ascolto diverso a seconda della posizione dell’ascoltatore all’interno della Galleria Grande. Cosa ne pensate di una musica capace di generare e comporre se stessa, in qualche modo “emancipata” quindi dal compositore e dal musicista, cosa che per altro affascinò anche molto i romantici tedeschi all’epoca delle arpe eoliche, il “soavissimum concentum” dell’ineffabile musica che suona se stessa?
Syndone
Grande Eno! È un’idea veramente interessante sebbene si ponga in contraddizione con il concetto di “musica esatta” formulato da Leonard Bernstein.
Il fatto di ribaltare il concetto di fruizione passiva della musica da parte di un ascoltatore su un piano più soggettivo e personale è un’idea rivoluzionaria ma relega la figura del compositore in secondo piano e quindi anche tutta l’esperienza e l’espressività connessa alla sensibilità artistica che sta dietro chi scrive.
Un concerto d’arpa eolica è come un’ improvvisazione jazz: sempre diversa; un concerto di Beethoven sarà sempre lo stesso, perché le note scritte sono quelle: dipenderà dall’esecutore ridarci lo stato d’animo che in quel momento l’autore voleva esprimere e di cui voleva farci partecipi. Ora, poiché io penso che la musica sia l’arte più astratta, ma anche quella più vicina all’uomo tra tutte le arti, non posso prescindere dall’idea che dietro un’opera batta il cuore di una persona.
Nonostante io ami profondamente il jazz e l’improvvisazione in tutte le sue forme, mi sento di affermare che la vera libertà musicale sta ancora nell’interpretazione di ciò che viene scritto… è come ritrovare improvvisamente la linea continua della carreggiata mentre viaggi nella nebbia: una sicurezza insomma. Questo spiega il motivo del perché la gente riempie i teatri per Boheme o Don Giovanni o per il Requiem di Mozart. Aspettano l’aria di Mimi o quella del “Catalogo” (cantata da Leporello) o l’aria del “Lacrimosa” perché in fondo sono una sorta di rassicurazione dello spirito. L’uomo ha bisogno di punti fermi per poter andare avanti.
Davide
Auguste Renoir inviava in prestito i suoi dipinti agli amici ammalati, ritenendo che l'arte potesse attutire il dolore e favorire il processo di guarigione. Il Dipartimento di scienze neurologiche e psichiatriche dell'Università di Bari ha condotto degli esperimenti i quali proverebbero che volontari sottoposti a stimolazioni dolorose sentirebbero meno dolore, se posti di fronte a immagini artistiche considerate belle; e l’elettroencefalogramma comproverebbe registrando una ridotta risposta cerebrale. Secondo voi l’Arte, la musica, la bellezza artistica (purché soggettivamente riconducibile?) possono migliorare la qualità della vita?
Syndone
Sicuramente sì! L’arte, in particolar modo la musica, aiuta l’uomo a sentirsi meglio e a elevare il proprio spirito. Purtroppo oggi si è un po’ persa questa dimensione catartica dell’opera d’arte che bisognerebbe sforzarsi di ritrovare.
La musica di Mozart, ad esempio, ha un influsso molto positivo sui bambini… addirittura sulle piante! In Francia già da tempo vengono sistemati speakers tra le vigne che diffondono musica classica (Mozart soprattutto) per migliorare la qualità del vino.
Io sono convinto assertore della potenza benefica della grande musica e della grande arte sull’intelletto umano: bisogna però essere stati educati a riceverla. D’altronde cosa ci può differenziare dagli animali se non la ricerca e la consapevolezza del bello?
Davide
Per Oscar Wilde il futuro è ciò che sono gli artisti. Cosa seguirà?
Syndone
Molti artisti, come anche molti scienziati e filosofi, hanno visto “oltre”… nella maggior parte dei casi, durante la loro vita, non sono stati capiti, altre volte sono stati addirittura perseguitati. Il nuovo sconvolge, è indubbio! Ma essi sono stati quelli che io chiamo i “traghettatori”, ossia persone che hanno fatto fare uno step forward al mondo in senso positivo.
In genere l’artista guarda al futuro in modo preveggente e intuitivo, lo scienziato in modo più analitico e sperimentale. La finalità è comunque la stessa: dove stiamo andando?
Ci sarà a breve un punto di non ritorno oltre il quale ci addentreremo in cui bisognerà assolutamente riprendere in mano certi valori fondamentali che l’arte ci può dare. È una esigenza spirituale non fisica! Il tanto temuto “2012” sarà proprio un cambiamento in questa direzione: l’uomo riacquista la sua dimensione spirituale che da troppo tempo è lesa e l’arte e la grande musica torneranno a trionfare sul materialismo.
(Francesco)
Oscar Wilde la vede lunga. Ovviamente sarà così. Solo attraverso l'Arte vedo un mondo che si desta a riconoscere a TUTTI gli esseri umani il diritto di vivere la propria biografia secondo i propri talenti. Il talento è "artistico" per natura… quello che uno sa fare bene lo fa di certo con quella passione che trasforma in "arte" ogni gesto. Per ora è un ideale lontanissimo… ma è logico che per l'umanità sia quello il suo "stato di salute massimo". Perchè ad ogni talento, se ci si pensa, corrisponde sempre un bisogno, dunque è una fantastica rete di relazioni che va semplicemente scoperta, vissuta e goduta. Magari in futuro qualcuno ascolterà i Syndone e dirà "…questi, con la loro musica, volevano ricordarci che siamo tutti artisti!"
Davide
Grazie e à suivre…