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Intervista con Claudio Ricciardi

11 min read
 
Davide
Ciao Claudio. Per Bacco, sono passati già sei anni da una precedente intervista per Kult… http://www.kultunderground.org/art/16950  L’occasione di incontrarci ancora su queste pagine è grazie alla riedizione del tuo libro “L’albero che canta”. Prima però vorrei chiederti qualcosa sul tuo ultimo capitolo Timelines “Voci”, basato su “La strega” di Jules Michelet?
 
Claudio
Si, volentieri, in realtà sto salvando un libro a cui tenevo molto e che rischiava di essere sepolto nel nulla a causa di case editrici senza interesse per ciò che pubblicano. Per quanto riguarda invece il mio ultimo capitolo musicale le cose potevano andare molto meglio. È, infatti, rimasto a metà nella sua realizzazione, nel senso che non è mai stato rappresentato! Ci aggiungiamo l’avverbio “ancora”?
 
Davide
“La strega” è stato un lavoro molto interessante, a cui ho preso parte anch’io come “attore-voce recitante”: perché scegliesti in particolare quel soggetto da Michelet e cosa è successo a quel lavoro nei cinque anni dalla sua pubblicazione? Cosa intendi per “ancora”?
 
Claudio
Il lavoro “Voci”, è stata un’idea che mi ha appassionato molto, sembrava che tutto andasse liscio; avevo sentito le musiche elettroniche di un mio amico, Giuseppe Verticchio, che mi avevano colpito molto (NIMH/NEFELHEIM, Whispers from the Ashes, il pezzo # Last hours of the heretic, Edizioni Amplexus). I lamenti sussurrati da qualcuno, provenienti dalle ceneri, mi avevano subito fatto pensare a Giordano Bruno, una figura modernissima nella storia della filosofia, brutalmente messo a tacere dal potere della Chiesa. Poi tutto il problema dei roghi delle streghe è stato facile da pensare. Mi impressionava e affascinava per la brutalità, diciamo pure nazista, con cui era stato portato avanti. Molti anni prima avevo letto quella storia delle donne di Michelet e l’avevo trovata molto poetica. Uno dei libri più belli che abbia letto sull’argomento. Altre voci si aggiungevano così ad una mia rabbia interna per come le donne erano e sono trattate dalla Chiesa tutt’ora. Avevo visto un film muto del 1922, Haxan, “La stregoneria attraverso i secoli” del regista svedese Benjamin Christensen, che richiamava la pittura fiamminga di Bruegel e Bosch e la possibilità di dare voce a quelle immagini era un richiamo molto forte. Dare voci e musica ad immagini, così come la musica del mio amico, ne evocava ancora altre; doveva e poteva essere un concerto di voci.  Un coro che, con la tua voce recitante  (dico sempre alla Carmelo Bene), concludeva o poteva concludere uno spettacolo di impatto molto forte. Ecco sembrava che tutto andasse liscio, e fino ad un certo punto è stato così, ma quando si sarebbe dovuto passare a rappresentare il tutto in uno spettacolo, strane incomprensioni si sono palesate e tutto si è fermato. Rapporti finiti, gruppo saltato e separazioni inevitabili. La copertina di “Voci”, poi, riprende una delle immagini di donna deformate e disegnate nelle grotte del monte Latmos nella Turchia occidentale, risalenti all’VIII millennio da oggi con “quell’esaltare le dimensioni del ventre/posteriore delle femmine” come racconta l’architetto Ugo Tonietti nel suo bellissimo libro “Abitare la terra” Edizioni L’Asino d’Oro, dicembre 2011. Ecco l’ ”ancora”  che per me resta perché mi sembra “ancora” possibile l’idea di realizzare un concerto spettacolo con spezzoni proiettati del film Haxan, su come venivano trattate le donne. Poi personalmente resto molto critico per tutto quello che la Chiesa rappresenta oggi e per come il Cristianesimo si pone nei confronti degli esseri umani. Questo volevo dire e rappresentare. Purtroppo ben poco è successo da allora! I miei interessi di bioetica e il lavoro hanno fatto il resto, lo spazio si è ristretto.
 
Davide
Veniamo al libro (prima edizione del 2003, seconda del 2004 e riveduta e aumentata nel 2006). Per chiunque voglia approcciarsi al didgeridoo in Italia, L’albero che canta è secondo me un testo fondamentale o il più importante. Cosa cambia nella nuova edizione?
 
Claudio
Ecco allora… la nuova edizione nasce prima di tutto dal fatto di volermi riappropriare di qualcosa di mio che ad un certo punto ha iniziato ad essere bistrattato. Ma poi anche sepolto e lasciato morire. Per cui, essere indipendente dalla distribuzione, spedizione, deposito di copie, mi ha fatto fare un salto e una scoperta. La Wondermark pubblicizzata sulla rivista della Siae che mi arriva a casa, mi ha dato l’idea. Il più grande negozio del mondo come libreria online, Amazon.com, ora anche italiano, Amazon.it, si occupa di spedire e stampare “on demand”, cioè solo quando vengono richieste copie, pagando una quota di abbonamento annuale per il servizio reso. Chiunque può farlo senza passare dalle forche di Editori stupidi o troppo avvezzi ai guadagni facili.
Nella nuova edizione non ci sono aggiunte, ma tagli. In realtà ho voluto eliminare cose che non sentivo più mie e rendere il tutto meno dipendente da altri. La prefazione di Laneri: “Appunti di meta musicologia” anche se interessante, invadeva campi che non volevo affrontare nel mio libro ed inoltre non rendevano, per ciò che io avevo scritto, una chiara visione delle cose. I rapporti a volte diventano distruttivi ed è necessario riportarli alla giusta distanza.
A quel punto anche il vestito, la copertina, mi sembrava obsoleto e la scoperta casuale di un disegno di Chiara Rapaccini faceva proprio al caso mio. Non sapevo neppure fosse la moglie di Monicelli, l’ho scoperto poi nel contattarla e la sua gentilezza e disponibilità è subito venuta alla luce. Una persona preziosa.
 
Davide
Lo storico cd dei Prima Materia è ancora in omaggio con il libro?
 
Claudio
Ecco ancora l’altro taglio, dovuto principalmente a problemi editoriali. Non era possibile con questo nuovo sistema “on demand” mettere insieme il cd musicale con il cartaceo del libro… e poi anche il cd non diceva tutta la verità di ciò che sono oggi e faccio oggi, e di ciò che è e rappresenta sul piano musicale questo strumento. La storia è poi anche più complicata perché lo storico Lp 33 di Prima Materia “The tail of the tiger”, valutato su internet dagli appassionati circa 250 euro, è stato ripubblicato dalla casa Editrice milanese, Die Schachtel. Un editore molto interessante per le pubblicazioni e l’eleganza, ma che non si capisce per quale motivo si sia comportato in modo poco elegante nei miei confronti (e sono molto buono). Misteri da far risalire a “virus invisibili” distruttivi che hanno poco a che fare con la poesia della musica. Il cd nuovo “Prima materia” è molto bello ma ha il particolare, che nonostante ci siano tre – quattro fotografie mie molto in evidenza, non vi compaiono i nomi dei partecipanti, come se la proprietà espressiva e musicale del prodotto fosse appannaggio di uno solo. Cosa peraltro abbastanza falsa perché il gruppo di Prima Materia, proprio perché gruppo, esprimeva come risultato, l’effetto delle persone che vi partecipavano e non un’entità astratta determinata da chissà quale maestro o direttore, che a quei tempi non c’era affatto. Ma questa è una brutta storia che è meglio lasciar perdere.
 
Davide
Dalle Edizioni Eucos alla Wondermark… è molto interessante il fatto che questa riedizione sia pubblicata on demand. Di cosa si tratta esattamente?
 
Claudio
Si, come stavo dicendo prima, si supera il normale lavoro di editoria e una volta ricevuto l’ordine su internet, viene subito stampata una copia del libro e spedita al compratore, e tutto questo in tempo reale e a disposizione di oltre 92 paesi nel mondo, come spiegano i dirigenti del Gruppo. Si evitano le giacenze di magazzino e le spese di stampa non necessarie. Diciamo che in questo modo chiunque voglia auto prodursi può farlo: Dvd, Cd, libri, ogni cosa può essere fatta e venduta personalmente su internet tramite Amazon. Senza nessun filtro che possa dire no questo che tu fai non mi piace non lo pubblichi. Mi sembra una grande soluzione. Pensa che prima di fare questa scelta ho telefonato alla Mondadori a Milano per proporre una riedizione de “L’albero che canta” e mi hanno detto che neppure volevano vederlo perché loro pubblicano solo cose che possano vendere migliaia e migliaia di copie. Grazie… e che la Mondadori se ne resti dove sta e con chi la dirige. Ancora una brutta storia!
 
Davide
Anche la copertina è nuova, disegnata dalla signora Chiara Rapaccini, moglie di Mario Monicelli, il regista, scrittrice e bravissima disegnatrice per bambini…
 
Claudio
Certamente questa è stata la cosa più bella che è successa. Io uno sconosciuto qualsiasi, tra le migliaia di persone, chiedo la possibilità di utilizzare un disegno e la signora Rapaccini, di una gentilezza non comune oggi, ha subito dato la sua collaborazione e il suo assenso, tramite anche la casa Editrice Ilisso, citata nel libro. Non sapevo chi fosse, poi su internet, come dicevo ho scoperto chi era! Lei quando ha visto la copertina del libro è rimasta molto contenta sia per come si presentava sia per l’originalità della cosa: il libro l’ha interessata subito.
Ogni tanto succede che le persone di qualità e l’incontro con loro, rendono giustizia di tante violente idiozie che siamo costretti a sopportare quotidianamente. Poi adesso con Facebook si può diffondere la propria attività, e si possono conoscere molte persone affini. Sta diventando una cosa che mi interessa e diverte. Del resto anche la nostra amicizia e collaborazione musicale con te è nata in questo mondo virtuale e chissà se mai ci incontreremo di persona. Però a me sembra di conoscerci da sempre come vecchi amici d’infanzia. È un’illusione stupida? Boh non mi sembra, io ne sono contento.
 
Davide
È una sensazione che provo anch’io e che non penso essere una illusione, una mera cosiddetta virtualità, se oltretutto dà vita a progetti e collaborazioni concrete che ci fanno realmente misurare gli uni con gli altri, superando anzi i limiti delle distanze e dei tempi, e quindi crescere. Ma torniamo al didgeridoo, il più antico strumento musicale rimasto invariato per migliaia di anni (almeno 2000, forse 15.000) che abbia anche conosciuto notorietà e fortuna in tutto il mondo contemporaneo. A cosa è dovuto secondo te il successo di questo strumento, preistorico a tutti gli effetti, nel mondo moderno e occidentale?
 
Claudio
È vero anch’io penso che sia uno degli strumenti più antichi insieme alla sanza, all’arco musicale diventato poi scacciapensieri, al flauto armonico (quello senza buchi che cambia nota armonica solo con la potenza del fiato) e all’uso della voce che poi entra anche nel didgeridoo. Il fascino che esercita questo strumento è abbastanza misterioso, ha un aspetto originario, come esistito da sempre, e il suono ti prende dentro rievocando chissà quali misteriosi suoni-rumori ascoltati nel mondo naturale. Penso che, oltre al fatto che poi gli aborigeni hanno rappresentato un mondo che ha resistito alla violenza del colonialismo, l’icona “Didgeridoo” abbia appassionato i giovani di tutto il mondo. Ha invaso tutta la musica dal rock alla techno, al blues, alla musica contemporanea etc… e vorrei ricordare negli anni 80 Stuart Dempster, trombonista, che fece uno splendido cd suonando un didgeridoo di plastica nella grande Abbazia di Clemente VI. Quindi è entrato a tutti gli effetti nella musica contemporanea e credo ci rimarrà per molto tempo ancora. Potrò sbagliarmi ma non mi sembra l’effetto di una moda passeggera.
 
Davide
Ti dedichi sempre alla costruzione dei didgeridoo?
 
Claudio
Per quanto riguarda la costruzione devo dire che se non ti metti, come alcuni hanno fatto, in modo industriale a lavorarci bene, la faccenda non vale la fatica dedicata. Oggi con internet si raggiunge tutto e i migliori strumenti che ho li ho comprati direttamente in Australia: su internet lo vedi, lo senti suonare, conosci il costruttore autentico ed i prezzi sono abbordabili abbastanza e dopo una quindicina di giorni ce l’hai a casa. Se te lo costruisci da solo, tra la ricerca del legno più o meno pregiato, il tempo, l’aiuto di qualche falegname e la fatica, oltre che il casino dentro casa se non hai un laboratorio, non valgono più quello che ottieni. Anzi adesso alcuni come Will Thoren hanno iniziato ricerche per costruirne di bellissimi con multiple possibilità tonali modificando il tipo di imboccatura, lunghezza, forma, ed ottenere effetti nuovi e quasi impossibili. Cose che gli aborigeni non hanno mai fatto né pensato. Anzi penso che vedendoli e sentendoli direbbero: no, ma è altra cosa da ciò che abbiamo sempre fatto noi. Però a me piacciono, noi occidentali siamo aperti alla ricerca e alla sperimentazione, costruzione, modificazione e invenzione (vedi sax) di strumenti e quindi tutto benissimo.
 
Davide
Gli aborigeni australiani possiedono anche altri strumenti musicali e quali oltre al didgeridoo?
 
Claudio
Ma per quanto ne so mi sembra che a parte questo strumento la loro musica tradizionale sia basata in particolare solo sul canto e la danza, molto immobile e simile al “ballo tondo” sardo, anche se più da guerrieri; è sempre accompagnata da un suonatore di yirdaki (loro lo chiamano così, almeno nella zona di Darwin nel nord) e alcuni altri con dei legnetti (bilma) che sbattono tra loro o sullo strumento per mantenere il tempo. Bisogna considerare che sono nomadi del deserto e che avere strumenti e cose da portare con sé, non rende ed è difficile. Gli alberi di eucalipto li trovano nel bush e ne costruiscono in continuazione, se si rompe ne fanno un altro. Hanno poi il “rombo” (bull roarer), ma lo utilizzano nei riti di iniziazione per intimorire i giovani iniziandi ad un mondo misterioso maschile la cui voce (il rumore che producono) incute timore. È un pezzo di legno legato ad una cordicella che ruota nell’aria e che fa uno strano ronzio o muggito piuttosto inquietante. Cosa che ho ritrovato in Sardegna dove lo chiamano “frusciu”, ma che è diventato oggi un giochino per bambini e la cui funzione originaria resta forse poco individuabile al di là dei rumori tipici durante i carnevali.
Anche i pigmei, sono un popolo nomade, poco stanziale, e non hanno quasi strumenti musicali, infatti cantano e pure molto bene con i cori yodel; oltre a suonare il tamburo battendo le mani sull’acqua nel fiume mentre fanno il bagno sia le donne che i bambini.
 
Davide
Il didgeridoo è uno strumento musicale a rischio di estinzione come le launeddas,  soprattutto per quel che riguarda il repertorio tradizionale trasmesso per via orale di suonatore in suonatore?
 
Claudio
No, come dicevo prima, non credo sia in via di estinzione. Del resto sono 15-20 mila anni che c’è ancora. La sua diffusione, ma anche la sua durabilità e facilità (relativa) di impiego, lo rendono differente dalle launeddas, che sono difficilmente costruibili, se non da esperti, e molto delicate e deperibili. Quindi se non si è esperti lo strumento si logora e alla fine non suona più. Sono poi un po’ difficili e differenti da suonare anche per la respirazione circolare che si complica; la posizione della lingua cambia dovendo tenere in bocca tre canne tutte insieme. Circa cinque anni fa in Sardegna un simpaticissimo vecchietto di 80 anni, non ricordo più il nome, che suonava a Riola Sardo ogni mattina alle 9,30 aveva tentato di farmi provare quelle che suonava lui dopo essersi tolto la dentiera, mettendomi in imbarazzo per il fatto forse poco igienico di suonare uno strumento di un altro…..un’esperienza da evitare. Però simpaticissima per il rapporto con la persona. Non è facile con certi strumenti, se non li sai costruire tu stesso li rovini e li rompi di continuo e devi fare una manutenzione continua. L’ancia a tegola, anche se è un aerofono naturale, è altra cosa dall’ancia labiale del didgeridoo, e si rompe molto facilmente oltre a tenere male l’accordatura che va migliorata e corretta spesso con palline di cera. Per il didgeridoo tutto questo non c’è ed è, per questi aspetti, tutto più facile. Penso sia questo che renda le launeddas a rischio di estinzione se non c’è dietro una scuola e una robusta tradizione. Per ora mi sembra abbiano, in Sardegna almeno, una salute buona.
 
Davide
Secondo te sarebbe possibile una forma di notazione della musica per didgeridoo? Hai mai pensato a una forma di scrittura apposita?
 
Claudio
Si alcuni hanno tentato, ma la cosa interessante è quella di formularne una personale come fanno oggi i musicisti di musica contemporanea o elettronica, molto variabili e personali, pensa a un Cage che viene eseguito su indicazioni più o meno vaghe e/o precise descritte dall’autore. A me capita spesso, se non registro, che scopro o invento particolari sequenze che poi cerco di memorizzare a mio modo segnando, come fanno i percussionisti, le battute dei tempi senza note; e poi metto, nel caso del didgeridoo, i segnali ‘>’ o ‘<’ per la presa del fiato. La respirazione entra nel ritmo e a seconda di come respiri cambia tutto quello che fai. Inventi e improvvisi, ma se vuoi rifare e ricordare devi annotartelo e ti inventi un linguaggio tutto tuo. Lo fanno in molti, anche se non conoscono la musica.
 
Davide
Chi sono i più importanti suonatori di digeridoo che consigli di ascoltare? Ci sono dischi in particolare da suggerire?
 
Claudio
Nel libro ci sono alcune indicazioni un po’ datate; vanno seguiti in continuazione, da David Hudson, ormai un po’ degenerato, ad Alan Dargin, credo sia scomparso da alcuni anni, al grande Stephen Kent. Ma oggi ci sono molti giovani emergenti sia italiani che stranieri. Non tutti però fanno cd e pubblicano. Cito gli italiani Paride Russo, Andrea Ferroni, Luca Digiambattista che fa il tradizionale benissimo e gli stranieri emergenti come Dubravko Lapaine (Croazia), Ondrej Smeykal (Ceco), Ash Dargan (australiano), Larry Winiwini Gurruwiwi, figlio del miglior costruttore aborigeno conosciuto, Djalu; altri anche costruttori come Bruce Burrnupurrngu Wunungmurra (non saprei quante g ed erre ci vanno) o giovani emergenti di 14 -15 anni come Elijah Gunydjurruwuy. Sono molti e si trovano nei siti aborigeni australiani più conosciuti. Tutti ascoltabili e visibili su youtube; ormai non è più quasi necessario fare cd per farsi conoscere.
 
Davide
Cosa ne pensi delle recenti mode new o next-age del suono come terapia (cose tipo i “bagni e i massaggi sonori” fatti con strumenti sonori intorno alla persona rilassata o a contatto con il corpo in punti corrispondenti a chakra o cose del genere… Il che pare riguardi in particolare la riscoperta e l’impiego di strumenti antichissimi come le campane tibetane e anche il didgeridoo?
 
Claudio
Ecco che tu torni in questo particolare campo che intuisco ti interessa particolarmente; tu sai che io faccio il biologo e mi interessa allora fare un particolare discorso. Quando ascoltiamo una musica qualsiasi non è detto che l’effetto provato dipenda esclusivamente da questa. L’effetto può dipendere dal contesto, dalle persone con cui stiamo, dagli eventi che stiamo vivendo nel momento dell’ascolto e/o dagli eventi che abbiamo vissuto in relazione ad altre musiche ascoltate. Non esiste per me il solo fatto acustico di una vibrazione, il tutto è molto più complesso. Ridurre tutto alla vibrazione di un suono e al suo effetto è una limitazione dell’esperienza. Se ascolto una sinfonia in un teatro insieme a tanta gente o da solo a casa davanti ad un apparecchio hi-fi, cambia tutto. È un po’ come in biologia, parlare solo di DNA, di genoma, non ha senso è scientificamente sbagliato e fuorviante. Il DNA va collocato in un contesto che sarebbe l’ambiente cellulare dove è immerso, e sarebbe un acido piuttosto inerte e insignificante se dall’esterno non arrivassero “indicazioni” di attivazione o disattivazione di particolari tratti che sono interessati alla duplicazione e riproduzione a specchio di parti, pezzi di molecole necessarie in un certo contesto (leggi organo, tessuto). Entrambe le condizioni, struttura DNA e contesto si corrispondono. Fuori è come un cd in libreria, non suona da solo, ma solamente se lo inserisci in un lettore. Nel nostro caso il lettore è la complessità della mente umana. Il contesto di lettura è che chi mi fa la musica intorno può non piacermi o piacermi, o io in quel momento non sono affatto recettivo. Qualunque musica o suono particolarmente forte, potente o emozionante nulla può se non si rende per noi emozionalmente recepibile. È come nella psicoterapia: setting, transfert e interpretazione sono i cardini che rendono possibile una trasformazione della patologia, e quindi una cura, ma se manca un elemento il rapporto ne risente e la cura diventa inefficace. Non cura. Non so ora quanto tutto questo possa essere significativo nel suono come terapia. Forse? Io ci andrei molto cauto. Sentire musica e suoni, per moltissimi è un’esperienza molto positiva, ma come bere e mangiare quando si ha sete e fame? O c’è dell’altro? Conosco persone che non sopportano la musica e non la sentono mai: perché? Non so rispondere.
                                          
Davide
Hai progetti futuri nel cassetto?
 
Claudio
Per ora solo idee vaghe e fluttuanti, ma mi interessa molto l’improvvisazione e la possibilità di poterla fare in contesti diversi e con persone diverse per capire come e perché riesce o non riesce. E con uno strumento che fa una nota sola mi sembra una sfida da affrontare con un po’ di attenzione in più. Poi la vita può sorprendere in ogni momento.
 
Davide
Grazie e à suivre…
 
Didgeridoo costruito da Claudio Ricciardi in legno di acero.
 
Gruppo aborigeno dove solo uno suona lo yirdaki mentre gli altri due percuotono i bilma.
Copertina del cd “Voci” con la riproduzione di un’immagine femminile (grotte di Latmos in Turchia).

 

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