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Cuànto dura quanto e Castello di specchi

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Cuànto dura quanto – Marìa Eloy-Garcìa
traduzione e prologo di Angelo Nestore, con immagini,
Lupo (Lecce, 2011),
pag. 80, euro 15.00
 
Castello di specchi – Riccardo Miggiano
nota e illustrazioni di Luigi Partipilo
Lupo (Lecce, 2011)
pag. 69, euro 15.00
 
Pochi mesi fa, la salentina Lupo ha mandato in stampa due interessanti silloghi poetiche. La prima è la traduzione d'una serie di poesie della spagnola Maria Eloy-Garcia, Cùanto dura quanto – uscita in Spagna nel 2007 e nel 2010, senza dimenticare che la poetessa è tradotta anche in catalano, portoghese, tedesco e inglese, divisa in tre cicli, “frizzante e sperimentale” dice Nestore, che lo stesso Nestore omaggia giocando in traduzione col titolo: perché cuànto in castilliano è proprio quanto. Nel “ciclo di ipermuriel”, la cassiera la smistatrice la macellaia la salumiera la responsabile la pescivendola la panettiera, cioé i soggetti poetici riusciti meglio e che stanno nella parte migliore, ovvero la più spigliata, del libro, sono l'essenza della versificazione di Eloy-Garcìa. Una poesia sperimentale che conficca aculei nelle pieghe delle giornate consumate e consumiste. Che ascoltano ogni tentennamento del mondo del lavoro e della società moderna, quindi, che in un certo modo deve servire. Trovandosi, spesso, a mettere in castigo un'Io assoggettato alle consuetudini dell'impego stesso. La poetessa sente i fermenti d'ogni singola azione, raccoglie alcune sensazioni che dietro banconi e di fronte al pubblico la lavoratrice, donna sempre e non capiamo il perché ma il motivo è chiaro, sta nell'identità stessa di che registra e inventa su quanto registrato, compie. E che non danno scampo alla sua sensibità. L'altra e altra 'sperimentazione' la troviamo in “Castello di specchi”. Qui, per di più, i versi di Riccardo Miggiano, da Galatina, sono accompagnati, anzi stanno dentro e perciò l'esatto contrario di questa disposizione, dai disegni geometrici di Partipilo. Definito da Lorenzo Polimento “lettura per versi e per immagini”, la pubblicazione ci fa conoscere l'espressione d'un giovane che vuole sfondare la beatitudine della norma. Il frangente languido si scompone in attimi che servono a “ricordare i colori dell'aurora”; e a Miggiano potremmo solament e chiedere che quando s'inveisce non si deve avere limiti. La notte della creazione è lunga. Riccardo Miggiano è consapevole, si capisce, delle richieste avanzate da un'ispirazione che fa supporre di distruggere una norma di per sé che comunque si fa avanti arresa. Segue, dunque, il volere che vien da lontano con gli stessi oggetti che stanno su ogni tavolo. Questi due libri sono da custodire.    

 

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