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…And You Will Know Us By The Trail of Dead

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…AND YOU WILL KNOW US BY THE TRAIL OF DEAD

– SOURCE TAGS & CODES

 

 

Tra alternative e indie-rock, Stati Uniti, a cavallo tra un secolo e l’altro: si propongono sulla scena due musicisti originari delle Hawaii, i polistrumentisti Jason Reece e Conrad Keely: trapiantati in Texas, ibridato il loro sound col supporto di due nuovi innesti – il bassista Neil Busch e il chitarrista Kevin Allen – danno vita agli …And You Will Know Us By The Trail of Dead.

Source Tags & Codes (2002) è stato il loro terzo album – quello della prima, credibile affermazione internazionale. È un disco che sembra confermare, dopo ripetuti ascolti, l’ondata di rabbia e di anarchica aggressività che la band riversa sul pubblico durante i concerti: instabili e dionisiaci, i Trail of the Dead giocano a sprigionare malessere e furore iconoclasta. Travolgendo.

 

L’incipit del disco, Invocation, illude – come certi intervalli degli Smashing Pumpkins o dei Mansun – che la dolcezza d’un pianoforte abbia attutito o addirittura trasformato l’incendiaria energia rock della band; rumori di fondo e un vociare incontrollato sospendono subito la percezione di purezza; quando irrompe sulla scena la schitarrata postpunk di It Was There That I Saw You si sgretolano le impressioni originarie. Il pezzo non è estraneo alla sospensione del furore iconoclasta, peculiare del codice genetico del gruppo: la progressione verso la nuova esplosione ha una massiccia forza d’urto.

Another Morning Stoner non è spiazzante; è una canzone strutturata in maniera piuttosto lineare, tendente alla creazione di frastuono e disordine giocando sulla vecchia, infallibile antitesi con un riff stuzzicante, semi-pop e reiterato a oltranza. Qualche apprezzabile distorsione suggella l’epilogo.

Notevole qualche frammento del testo: “Why is it I don’t feel the same? / Are my longings to be blamed / For not seeing heaven like you would see; / Why is a song a world for me? / What is forgiveness? / It’s just a dream. / What is forgiveness? / It’s everything“.

La penultima traccia, la debole ed eponima Source Tags & Codes, regala suggestioni non dissimili; più vicina al brit pop che all’alternative rock, si dissolve senza tuttavia restare impressa; con l’eccezione dell’elegiaco epilogo, archi e contrabbasso, a stabilire una vaga e discretamente presuntuosa circolarità massimalista col piano leziosetto e suggestivo dell’Invocation originaria. Quasi a suggerire: sappiamo essere neo-classici; sapremmo, se solo davvero lo volessimo, essere neobarocchi e diversamente eleganti, renitenti al disordine e alla distruttività.

 

Baudelaire è una passeggiata nel fiume in piena della frustrazione e del malessere. Stilisticamente siamo a metà tra punk e indie rock; il concetto chiave sembra essere: cristallizza la distanza tra chi è apocalittico o dissociato, e chi è integrato: scolpiscila per distorsioni e batteria assassina e instancabile: incidi l’intelligenza colorando la voce di sensualità e disincanto.

Homage è distruzione totale di tutto: armonia, equilibrio, romanticismo. Pesta rispettando l’antica lezione del metal duro – praticamente, Anthrax – primi Ottanta. Tre minuti e mezzo costituiscono una durata radiofonica: il pezzo sembra fatto apposta per spopolare nelle radio indipendenti. Iniezione di adrenalina e innesco di aggressività per inaugurare una programmazione di rottura, e via. Niente male il finale ossessivo: “do you Believe in what I’ve seen? In what I’ve seen? In what I’ve seen?”. Ancora lezione punk in Days of Being Wild.

Relative Ways e How Near How Far sono pezzi piuttosto prossimi alla lezione della vecchia, indimenticata band di Billy Corgan. È rock dal respiro a un tempo classicheggiante, a un tempo para-punk. Sa distendere i nervi, e sa far ondeggiare la testa. Va assecondato: oppure, asseconda lo stato d’animo. Come una macchia di Rorschach, sta all’ascoltatore interpretarlo: è un disegno che probabilmente non nasconde nessun significato. La batteria tiranneggia sui brani: è il fulcro d’ogni composizione della band – in questi casi, più sensibilmente ancora.

Heart in the Hand of the Matter, settima traccia, risulta ancora sulla falsariga smashingpumpkiana: più sulla scia di Mellon Collie che di Siamese Dreams; ma con la ruvida espressività di Gish. Chiude il disco l’isterica Blood Rites.

 

 

ANTOLOGIA DELLA CRITICA STRANIERA

 

Matt LeMay, Pitchforkmedia, 2002: “Some music begs to be explored. Promising fascination and intrigue beyond your wildest dreams, its distant melodies beckon you towards it while you try your very best to discern every distinct element that presents itself to you. As you get closer and closer, you begin to relax, letting yourself become completely enveloped by the entrancing tones.

Of course, it’s all a trap. Just as you begin to lose yourself, you become vaguely aware that the sound that soothingly beckoned you has now transformed into something vastly different – something powerful, dangerous, and merciless. What was so beautiful at a safe distance is still beautiful, but what was once tranquil and peaceful has metamorphosed into a vicious, violent glory. Before you can even respond, you’re flat on your back, pulverized by its sheer force.

Making music that is both delicate and dangerous requires a level of skill that most musicians can barely even fathom. While some bands, like the Microphones, succeed at capturing the simultaneous beauty and rage of nature, what And You Will Know Us by the Trail of Dead have encapsulated on their third full-length, Source Tags and Codes, is something distinctly human. Anger has always played a central role in the band’s music, but with this record, they’ve finally managed to capture all the subtle shades of disappointment, melancholy, frustration and hope that often accompany it (…)”.

 

Heather Phares, Allmusic: “Intricate and reflective as well as gripping and raw, Source Codes & Tags marks And You Will Know Us by the Trail of Dead’s leap from the venerable indie imprint Merge to Interscope’s major-label territory. It’s a seamless transition, mixing the sweeping, fearlessly anthemic qualities of their previous work with a newfound sheen that actually makes the music’s earnest roughness stand out more. (…) A driving, incredibly solid album, Source Tags & Codes proves just how much more the members of AYWKUBTTOD have to say — they’re just as combustible as they were on their debut, but now express themselves with a clarity that makes their intensity all the more breathtaking”.

 

 

TRAIL OF DEAD

 

Jason Reece. Vocals, Guitar, Drum.

Conrad Keely. Vocals, Guitar, Drum.

Neil Busch. Bass, Effects.

Kevin Allen. Guitar.

 

DISCOGRAFIA ESSENZIALE e BREVI NOTE

 

Worlds Apart, Interscope, 2005.

The Secret of Elena’s Tomb, Interscope, 2003.

Source Tags & Codes, Interscope, 2002.

Madonna, Merge, 1999.

And You Will Know Us By The Trail of Dead, Trance, 1998.

 

Jason Reece e Conrad Keely cominciarono a suonare assieme alle Hawaii nel 1994: successivamente si trasferirono dalle parti di Washington, quindi ad Austin, in Texas. Fu da quelle parti che nacquero – dopo l’integrazione di Neil Busch e Kevin Allen – gli …And You Will Know Us By The Trail of Dead. Adesso vieni qui a leggere la storia del nome della band.

 

Approfondimento in rete: Trail of Dead dot com / Epitonic / Mtv / Pitchforkmedia / KD Cobain / Ondarock / Scaruffi

 

“Sever for us all ties between the now and what is to be

We will act as your sword, oh Great Itzamna

And you will know us by the trail of dead”.

 

“O you who bring, you who run
You who are in the booth of the Great God…
…If the bringing of my soul to me from anywhere is delayed
You will find the Eye of Horus standing us thus against you
And you will know it by a Trail of the Dead”

 

Gianfranco Franchi

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