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Tornando dal Festival di Venezia

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Tornando dal Festival di Venezia

I due film che forse quest’anno a Venezia hanno fatto parlare maggiormente e che hanno ottenuto più di altri il consenso del pubblico, sono stati “Viva Zapatero” di Sabina Guzzanti e “Good Night, and Good Luck” di George Clooney. Il primo perché inserito come film sorpresa all’ultimo momento il penultimo giorno di Festival, una scelta “scomoda” per il tema di cui trattava (il nostro Silvio nazionale), tanto da far prendere le distanze anche all’organizzazione e delegare eventuali reclami direttamente all’ANAC ed alla Giornata degli Autori che hanno proposto la pellicola. Il secondo, per essere considerato da tutti, sia critica che pubblico, il miglior film in concorso, ed essersi dovuto accontentare, non si sa per quali corto circuiti mentali, o più probabilmente giochi politici, della giuria, di premi minori (miglior sceneggiatura e miglior attore protagonista). Entrambi i film, con mio grande rammarico, programmati in giorni a me inaccessibili o già impegnati, sono saltati dal mio palinsesto festivaliero.

Nessun problema, visto che ormai da diversi anni (ed è anche una critica che si è letta sui giornali) i film di Venezia escono praticamente in contemporanea nelle sale, quindi, ovviamente, appena rientrato, li ho tranquillamente visionati.

Devo dire che mi trovo concorde con le critiche positive espresse in laguna, ed anch’io condivido le perplessità (nel caso di Clooney) sulle scelte fatte dalla giuria. In realtà, forse non è casuale aver accomunato entrambi i film in questa sfortunata coincidenza, perché nonostante siano pellicole molto differenti, contengono punti in comune, soprattutto nei temi trattati.

“Viva Zapatero” è una pellicola, come si ama definire oggi, alla Michael Moore, un documentario che trae spunto da un clamoroso caso di censura avvenuto ormai un paio di anni fa, la chiusura della trasmissione televisiva “RaiOt” pensata e condotta dalla stessa Guzzanti, accusata di danneggiare l’immagine di Mediaset e del presidente del consiglio Berlusconi. Il film si occupa anche degli altri casi “illustri” di epurazione televisiva avvenuta dopo la salita al potere di Berlusconi, (Luttazzi-Santoro-Biagi) e di come la satira in Italia sia spesso imbavagliata perché accusata di “fare troppo politica”. Interessante è anche l’analisi che viene condotta sulla situazione della satira televisiva nel resto d’Europa, utilizzando soprattutto i casi di Francia ed Inghilterra, e di come in Italia, in realtà, di questa condizione non sia responsabile solo una parte politica, ma anche un opposizione sospettosamente carente nella difesa della libera informazione. Insomma ciò che emerge è che la satira non sta bene generalmente a tutto il mondo politico, e sicuramente la vicenda Guzzanti-Raiot ha dimostrato questa tendenza, nonostante i giudici avessero sentenziato, dopo il processo conseguente alle denuncie di Mediaset, la valenza satirica e legale della trasmissione e dei suoi contenuti. Il titolo richiama direttamente il leader spagnolo Zapatero ed uno dei punti forti del proprio programma di governo, l’allontanamento dei partiti, dell’influenza e della spartizione che essi stessi innescano nella tv pubblica.

“Good Night, and Good Luck” ci proietta nell’America del maccartismo (dal senatore repubblicano Joseph McCarthy che di fatti lo inventò), il periodo della caccia alle streghe, dove nel pieno clima della guerra fredda, un semplice sospetto, un accusa infamante, poteva rilevare una simpatia comunista con conseguenze disastrose per chi ne veniva accusato. Utilizzato spesso anche per eliminare avversari scomodi, soprattutto contro chi contestava troppo apertamente i metodi del governo, colpì molti intellettuali ed artisti, che più di altri avevano consensi pubblici. Nello specifico, la vicenda si occupa di Edward R. Murrow, all’epoca un popolare giornalista e conduttore televisivo della CBS che ebbe il coraggio di contestare apertamente McCarthy ed i suoi metodi persecutori, in nome della libertà e della democrazia americana. Il film è magistralmente fotografato da un fumoso bianco e nero che ha il grande pregio di calare lo spettatore nel clima dell’epoca, la sceneggiatura lineare e gli splendidi interpreti, soprattutto il protagonista David Strathairn, ne fanno un piccolo gioiello di cinematografia. George Clooney si conferma oltre che attore brillante, anche un dotato regista “politicamente scorretto”.

Ed è proprio questo politicamente scorretto che accomuna queste due pellicole così apparentemente distanti fra di loro, e soprattutto per entrambi la capacità di denuncia di quei regimi politici che intaccano la democrazia ed indignano, utilizzando una parola accantonata ed ormai quasi offensiva, il popolo. La capacità di denuncia anche contro chi, rivestendo un ruolo privilegiato, si sottrae alle proprie responsabilità, come ad esempio i giornalisti, soprattutto televisivi, in entrambi i film chiamati direttamente in causa per la loro debolezza, quando non hanno i mezzi per affrontare il potente di turno, per lo scarso coraggio quando non vogliono nemmeno provare a cambiare le situazioni e denunciare la realtà oggettiva, e nel peggiore dei casi per il loro servilismo nei confronti delle autorità, che li porta ad assicurarsi un ruolo privilegiato all’interno della stessa categoria. Il protagonista di “Good Night, and Good Luck”, proprio in un passaggio nel finale del film, preannuncia quasi profeticamente quello che succede chiaramente ai giorni nostri e che è così ben testimoniato nel film della Guzzanti: una lenta ma inesorabile perdita della capacità di essere informati, e della conseguente impossibilità da parte di tutti di poter confrontare con obbiettività le idee e di poter scegliere in autonomia, in poche parole di essere liberi. E spesso, come in questi casi, il cinema ce lo insegna.

Andrea Leonardi

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