Antonio Fogazzaro, 1842-1911
Conosciuto soprattutto come autore di romanzi, la sua produzione fu interamente improntata a una concezione mistica e idealistica della vita, che tentò di trasferire su carta, riportando le pulsioni e le contraddizioni dell’animo umano in vicende familiari e passionali che furono antesignane del moderno Romanzo Psicologico.
Nato a Vicenza, nel 1842, nell’ambito di una casata aristocratica e benestante, ebbe impartita un’educazione rigidamente cattolica che sicuramente ne influenzò lo sviluppo come letterato e pensatore.
Laureato in Legge all’Università di Padova e Torino nel 1864, si unì in nozze con la contessa Margherita di Valmarana, per trasferirsi poi a Milano, città che sancì la sua definitiva consacrazione al mondo della letteratura.
Rientrato nella sua Vicenza, esordì nel 1874 con la novella in versi Miranda, seguita nel 1876 dalla raccolta di poesie Valsolda.
Conosciuto però soprattutto come autore di romanzi, la sua produzione fu interamente improntata a una concezione mistica e idealistica della vita, che tentò di trasferire su carta, riportando le pulsioni e le contraddizioni dell’animo umano in vicende familiari e passionali che furono antesignane del moderno Romanzo Psicologico.
Ricordiamo Malombra del 1881, cui seguirono Daniele Cortis, dove il protagonista viene lacerato tra l’ambivalenza di una profonda passione amorosa e un anelito di rinnovamento morale e religioso, e Il Mistero del Poeta, in cui rimane sempre incontrastato protagonista della narrazione il classico binomio amore e morte.
Viene universalmente riconosciuto come suo capolavoro assoluto l’opera Piccolo Mondo Antico, concepita in ambito risorgimentale, che mette a fuoco il conflitto patriottico della nascente unità d’Italia contro lo spietato spirito conservatore degli Austriaci, in uno sfondo dove facevano appena capolino i primi dubbi tra la consacrata, antica e tradionalista fede cattolica, e il nuovo vento di razionalismo ateo che iniziava proprio allora a spirare ai confini d’Italia.
Anche qui permangono, come nel resto della sua produzione, i tratti tipici di uno scrittore che ha sempre prediletto un’ambientazione aristocratica, che si è rivolto con paterna benevolenza alle classi considerate “inferiori”, che ha saputo conferire brillantezza ai suoi dialoghi introducendo brevi “macchiette” di parlato dialettale, ed è riuscito ad animare il paesaggio rendendolo letteralmente partecipe degli eventi, senza trascurare mai la satira sociale, non troppo graffiante ma sempre presente, che evidenziava lo stridente contrasto tra il falso perbenismo dei salotti e la licenziosa permessività che si celava dietro l’apparenza.
Dunque passione e morale, fede e ateismo, scienza e religione, questi sono i temi preferiti di Fogazzaro, e non a caso, quelli di tutto il Novecento.
Condividendo le tesi positivistiche dell’evoluzionismo darwiniano, esposte con il proseguimento ideale nell’opera successiva Piccolo Mondo Moderno, l’autore pagò duramente le sue opinioni quando, avvicinatosi troppo alle posizioni dei modernisti, fortemente osteggiati dalla Chiesa Cattolica, si vide costretto a ritirare dal mercato i due romanzi successivi, Il Santo e Leila, perché considerati ripropevoli e immorali e messi all’indice da Papa Pio X.
Praticamente forzato dagli eventi, dopo un lungo periodo di amareggiata riflessione, fece pubblicamente atto di sottomissione ai proclami della Chiesa Cattolica e morì nella sua città natale nel 1911.
Circa le reali convinzioni di Fogazzaro nei confronti dello spiritismo, o paranormale che dir si voglia, è preferibile citare le sue stesse affermazioni, vista la recente tendenza della scuola critica e letterraria di attribuire le possessioni di Malombra a mera suggestione o a insana follia. Essendo ispirato in qualche modo al verismo e al positivismo, per lungo tempo i dotti letterati non hanno ritenuto “possibile” o “opportuno” attribuire al Fogazzaro un reale convincimento sovrannaturale, preferendo trasferire il problema sul piano della mera suggestione, facendo della Marchesa di Malombra, alla fine, un vero caso clinico, se non psichiatrico.
Ma sentiamo invece cosa ne disse lo stesso Fogazzaro:
“Io fui sempre uno spiritualista ardente ed ebbi da fanciullo in poi una forte inclinazione al misticismo: ne appaiono tracce, credo, in tutto quello che ho pubblicato. È quindi naturale che io non abbia mai riso delle credenze spiritiche. […] Le notizie ch’io tengo dello spiritismo mi persuadono che non tutto è illusione ed inganno e che seguono veramente molti fatti inesplicabili con le leggi naturali a noi note”
Questa coraggiosa affermazione, che del resto accomuna Fogazzaro ad altri grandi del panorama letterario internazionale, di estrazione più che aristocratica, in possesso di una grande esperienza e di una vastissima cultura, tra i quali, tanto per fare un nome eminente, possiamo citare lo stesso, onoratissimo, Sir Arthur Conan Doyle di Sherlockiana memoria, farebbe forse la felicità di tutti i sostenitori odierni del paranormale, ma di sicuro attesta in questo autore la presenza di una enorme sensibilità d’animo che lo avvicina prepotentemente al nostro tempo, scavalcando in un solo agile passo un secolo intero.
E se ci sono ancora dubbi in proposito basta leggere questo ultimo brano, muto testimone dello sgomento dell’essere umano di fronte all’inarrestabile avanzarsi della tecnologia che tutto muta e tutto distrugge, nell’inclemente avanzare di quello che noi, ingenuamente, chiamiamo “progresso”.
Uno dopo l’altro gli sportelli dei vagoni sono chiusi con impeto; forse, pensa un viaggiatore fantastico, dal ferreo destino che, ormai senza rimedio, porterà via lui e i suoi compagni nelle tenebre. La locomotiva fischia, colpi violenti scoppiano di vagone in vagone sino all’ultimo: il convoglio <http://www.liberilibri.com/incipit/idiota.htm> va lentamente sotto l’ampia tettoia, esce dalla luce dei fanali nell’ombra della notte, dai confusi rumori della grande città nel silenzio delle campagne addormentate: si svolge sbuffando, mostruoso serpente, tra il laberinto delle rotaie, sinche’, trovata la via, precipita per quella ed urla, tutto battiti dal capo alla coda, tutto un tumulto di polsi viventi.
È vero, qui si parla solo di un normalissimo treno, magari con la locomotiva a vapore, ma la solitudine umana resta, e solo quella, a ricordarci che su questa terra siamo, e sempre saremo, semplicemente di passaggio.
Sabina Marchesi