Il Tema del Morbo nella Letteratura Anticamente inteso come simbolismo morale, teso ad identificare la corruzione dei costumi, il tema della malattia si è manifestato in letteratura sotto molteplici aspetti.
Malattia intesa in senso fisico, morbo psicologico, follia, malessere collettivo, disagio morale, incapacità di adattamento, solitudine, depressione, noia, malinconia del vivere. Fobia, Malattia o Ossessione, il Morbo è un tema ricorrente, che spesso assume in letteratura un valore simbolico. In tutte le mitologie dei popoli antichi la Malattia era interpretata come un segno divino, una punizione inflitta, all’uomo o alla collettività, dagli dei come castigo per le colpe commesse. Rientravano in questa categoria non solo le malattie individuali, ma anche le pestilenze, le carestie, e le deformità fisiche. Da qui le antiche leggende sui gobbi e gli esseri deformi, che venivano ritenuti concentratori di disgrazie e invisi agli dei, al punto da essere spesso esiliati o emarginati dalla comunità. A volte in quest’ottica di punizione divina venivano compresi anche fenomeni naturali, come cataclismi, inondazioni o terremoti, che colpivano l’intera popolazione. Ne abbiamo un chiaro esempio nell’Antico Testamento con la distruzione delle città di Sodoma e Gomorra, colpevoli di aver offeso gli dei con la condotta immorale dei loro abitanti, oppure con l’esodo degli Ebrei. La causa scatenante di queste tradizioni negative si può identificare nelle particolari malattie ricorrenti nel passato, che erano morbi devastanti come la peste, la lebbra, il vaiolo o la sifilide, e che lasciavano evidenti segni del loro passaggio sul corpo di coloro che venivano colpiti, spesso sfigurandoli, avvalorando così la tesi di una punizione divina, in maniera tale che la deformità fisica veniva interpretata automaticamente come segno di dissoluzione morale. Dalla mitologia in poi, la letteratura segue le caratterizzazioni del relativo periodo storico, a secondo del tipo di malattia predominante in quel periodo. Ad esempio, in moltissime opere a cavallo tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX, appare la tubercolosi, una gravissima malattia che minava le vie respiratorie, e si manifestava con attacchi di tosse convulsa e perdite ematiche. Una delle citazioni più celebri è Margherita Gautier di Alexandre Dumas Figlio, meglio nota come la Signora delle Camelie. Non meno famoso è il caso di Alessando Manzoni che, con i Promessi Sposi, dedica ben tre capitoli alla descrizione della pestilenza che colpì Milano nel 1600. Qui però, dove la malattia viene usata come fondale per delle scene corali talmente drammatiche da essere passate alla storia, è il caso di una epidemia collettiva, che colpisce l’intera comunità. In seguito fu Thomas Mann, con il romanzo La Montagna Incantata, a sviluppare il tema del morbo, qui inteso come elemento discriminante tra la produttività, il lavoro e la guerra, prendendo lo spunto per una riflessione filosofica sulla condizione umana, interrogandosi su i rapporti tra la malattia e la vita, e tra l’individuo malato e quelli sani. Anche Kafka, gravemente malato di tubercolosi, era ossessionato dal tema della malattia come espressione esterna del suo malessere interiore, al punto da esteriorizzare i sintomi del male nell’incomprensione eterna con i suoi familiari. Per tutta la vita Kafka desiderò essere integrato, amato e accettato dalla sua famiglia, sensazione di disagio che emerge prepotentemente nella Metamorfosi. In Pirandello poi la malattia diviene frequentemente il simbolo di una personalità difforme, controcorrente, anticonvenzionale, in spiccato contrasto con il perbenismo borghese dell’epoca. Nelle sue opere il tema della follia, del disagio psicologico, delle fissazioni monomaniacali, è sviluppato in tutte le sue possibili forme e derivazioni. Ed è proprio la rappresentazione di questo malessere psicologico dell’uomo razionale di fronte alle incongruenze del contesto sociale, a rendere questo autore così incredibilmente moderno, ancora oggi. Con Italo Svevo infine il morbo è inteso soprattutto come degrado, inadeguatezza e fallimento. Senilità, La Coscienza di Zeno, e molte altre sue opere rivelano da subito il drammatico isolamento dei suoi personaggi, essi sono soli, malati, diversi. Inetti, insicuri, indecisi, si confrontano quotidianamente con l’altro lato della società, quello “sano”, con le persone brillanti, potenti, forti e fiduciose nella vita. Un contrasto che per Svevo non sarà mai sanabile né risolvibile. Anche in Marcel Proust emerge questo tema inteso come isolamento forzato dal resto della comunità, la malattia è un fattore discriminante, altera la produttività, limita il contesto sociale, isola il protagonista e lo allontana dal centro della scena, come accade alla suggestiva figura della zia Léonie, ne La Recherche. Per Jean-Paul Sartre la malattia è intesa, in senso modernissimo, come il disgusto del vivere, molto più che un malessere, è un morbo potente, capace di distruggere le componenti e le basi della società. Nausea dunque della vita, incomprensione per i fini ultimi dell’esistenza, perdita delle motivazioni. L’uomo diventa un nulla davanti all’irrazionalità delle comuni espressioni del vivere sociale. La famiglia, il lavoro, la carriera, la produttività, la memoria, il dolore, la morte, le proprietà materiali ed il denaro, si trasformano in elementi confusi di un caravanserraglio totalmente irrazionale e fondamentalmente illogico. Incomprensibile e inaccettabile. Albert Camus riprende coraggiosamente il tema antico della pestilenza rapportato in un contesto più moderno. Qui la malattia è sintomatica delle devastazioni belliche che stanno distruggendo il mondo, quando nel primo Novecento l’uomo si ritrova a fare i conti con le conseguenze di una guerra ampiamente sottovalutata. Ed ecco che Camus, ne La Peste, prende il morbo collettivo come spunto per analizzare l’isolamento, la morte, il dolore, la separazione dalle famiglie, la necessità di scegliere tra l’impegno e la sopravvivenza, l’allontanamento e l’esilio. In molti modi diversi dunque il morbo e la malattia sono stati utilizzati nella letteratura e nella mitologia per identificare ed analizzare uno stato della perdita. La perdita della salute, della positività, dell’autonomia, e della libertà. Non importa poi se la malattia sia vera o immaginaria, fisica o psicologica, individuale o collettiva, purchè colpisca l’immaginario e sviluppi quella situazione di perenne emergenza e di attesa, che genera suspense, il vero cardine della narrazione.
Sabina Marchesi