Ultime notizie dalle carceri di Fidel Castro
Non so se a Gianni Minà arrivano informazioni dalle carceri cubane, può darsi di no visto che la rivista Latinoamerica non ne parla mai. Mi spiace che questa carenza debba essere colmata da chi lavora nell’underground e da chi possiede pochi canali dove far pubblicare i suoi articoli. Farebbe bene alla causa della sinistra e della vera democrazia parlare di tutto quello che non va e che si potrebbe migliorare, visto che dire la verità non ha mai recato danno a nessuno. Non fa il bene di Cuba chi tace sulle ingiustizie e sulle violazioni dei diritti umani perpetrate quotidianamente. Non possiamo nasconderci dietro al dito del pericolo Bush e coprire le ingiustizie di una dittatura solo perché a nord dell’isola di Fidel Castro esiste un regime guerrafondaio che esporta la democrazia a suon di bombe intelligenti. Noi almeno non ce la sentiamo e continueremo a parlare in favore di una Cuba democratica, convinti come siamo che il popolo cubano può darsi un proprio governo con libere elezioni.
Riferisce il giornalista Mario Servando Pérez di Acción Democrática Cubana (www.adcuba.org) che il 19 aprile 2005 a San José de las Lajas, il prigioniero politico Carlos Martín Gómez è stato vittima di percosse. Carlos è stato incarcerato prima a Voisín, nel sud della provincia dell’Avana, quindi due mesi fa è stato trasferito dalla prigione di Quivicán. Sabina Martín Gómez, sorella di Carlos Martín, ha riferito telefonicamente su alcuni fatti accaduti in carcere a Carlos Martín che la tengono in grande apprensione. Prima di tutto ha fatto visita al fratello solo sabato 9 aprile alle due del pomeriggio, visto che il 17 marzo non aveva potuto vederlo perché secondo i militari il prigioniero aveva la barba lunga. I secondini da tempo non concedevano la visita adducendo la solita motivazione e così la sorella, stanca di quella scusa, ha chiesto di essere ascoltata dal maggiore Castillo, capo della unità carceraria. Il comandante ha ribadito che se Carlos non si tagliava la barba non avrebbe ottenuto visite perché così diceva il regolamento. Però mentre Sabina era seduta nell’ufficio del capo dove aveva appena terminato il colloquio e stava scrivendo una lettera a Carlos, ha sentito delle grida arrivare dalla zona contigua all’ufficio. Sabrina si è subito affacciata alla finestra e ha riconosciuto il fratello mentre gridava: “Quello che reclamo sono i miei diritti! Non hanno permesso la visita prima perché ero pieno di ematomi!”. Sabrina ha visto suo fratello aggrappato su un alto pianale che urlava e sotto di lui c’erano alcuni ufficiali che gli intimavano di scendere. Nella confusione Sabina ha potuto constatare che Carlos non aveva la barba lunga come le avevano detto, ma portava solo i baffi. Carlos è rimasto aggrappato al pianale per venticinque minuti ed è sceso solo dopo che il capo unità gli ha permesso di ricevere visita. Carlos e Sabrina si sono incontrati per un’ora, ma alla presenza di due militari che controllavano e ascoltavano tutto. Alla visita sono stati ammessi anche la madre di Carlos e altri due familiari. Carlos ha potuto così raccontare che soffriva per un dolore alle ginocchia e alla spalla sinistra a causa di percosse ricevute dai suoi carcerieri alcuni giorni indietro.
Un’altra notizia viene dall’Avana e risale al 14 aprile (fonte: Oscar Mario González, Grupo Decoro / www.cubanet.org) e riguarda il giornalista indipendente e prigioniero politico José Ubaldo Izquierdo. Mercoledì 13 aprile c’è stata una violenta lite tra il capo della sicurezza del carcere, capitano Omar Evelio, il prigioniero e i suoi familiari. La discussione ha avuto luogo quando è stato proibito l’ingresso al fratello di Izquierdo nel carcere di Guanajay, dove il giornalista sta scontando una pena di sedici anni di galera. Le proteste del giornalista davanti al capitano della sicurezza del presidio sono state inutili. Come reazione Izquierdo ha detto che i militari covavano solo odio e disprezzo verso gli oppositori del regime e i loro familiari e che non avevano fucilato le settantacinque vittime della primavera del 2003 solo per paura di una nuova esecrazione mondiale dopo la fucilazione dei tre giovani che tentarono di fuggire dall’isola. L’ufficiale ha sbottato di collera e dopo aver segnalato Izquierdo lo ha ammonito minaccioso: “Voi siete solo dei mercenari nemici della rivoluzione e vivete con i soldi dei vermi di Miami”. Tutto questo è accaduto alla presenza dei bambini che accompagnavano la madre, la moglie e il fratello del prigioniero, in un clima di minacce e di violenza verbale. Il regolamento del carcere di Guanajay autorizza la visita di tre familiari maggiori di età e di un numero indeterminato di bambini. Secondo Izquierdo, il trattamento dei reclusi e in particolare dei prigionieri politici negli ultimi tre mesi è molto peggiorato.
Questi sono soltanto due esempi di prigionieri politici nelle carceri cubane, gente che deve scontare anni di galera solo per aver espresso opinioni in contrasto con le idee del regime. Il numero dei prigionieri politici a Cuba tende a salire e le loro condizioni di vita sono fuori da ogni senso di umanità. Quindi parliamo pure dei cinque eroi della patria detenuti dagli statunitensi in condizioni di vita disumane, parliamo dei prigionieri torturati dagli americani nella base di Guantanamo, parliamo della Colombia e del Nicaragua, parliamo di tutto quello che volete, ma affrontiamo pure l’assenza di diritti umani e di libertà di espressione a Cuba, perché è un problema reale.
Gordiano Lupi