G. Perrone editore,2010
A leggere il libro di Maria Carla TrapaniNascosta e lo Specchio, a tutta prima, si ha la tentazione di chiamare atestimonianza Joyce e Svevo, di parlare di scrittura del flusso interiore,secondo l’accezione del 900. Addirittura citare Bergson e suggerire il suoconcetto di durata, ossia del Tempo soggettivo, che scorre secondo modalità nonconsiderate dalla scienza.
Difatti, aprendo lepagine, si entra direttamente nella dimensione del privato, del celato.
Dentro/ le vene e /canto…Ascavare / grafite e pietra del / sangue.
Un’intimitàdelicata ma non lirica si palesa, in una sorta di viaggio introspettivo dalquale la Parola Poetica affiora dalle brume della psiche e dell’indefinito. Ilmondo e le sue fantasmagorie sono lontani. Nulla dell’accezione del quotidiano, valea dire del senso comune, si fa lemma del verso. Il tempo, ripeto, è quelloarbitrario della sensibilità.
Per la verità illibro è esattamente questo ripiegamento interiore in ascolto della propriaemozione, eppure una lettura di semplice retroguardia è a mio parereinsufficiente. Non mi convince del tutto. Non coglie appieno il fine chel’autrice si prefigge. A mio parere, il libro rappresenta un passaggio, unattraversamento: un’uscita dal bozzolo verso la definizione e la delimitazionedi sé. Un processo di strutturazione e conoscenza dell’io, tout court.
Prima diavventurarsi ad ali spiegate nell’oggettivo in senso lato e nella poesia, M.C.Trapani sente il bisogno di circoscrivere il potenziale della sua interioritànell’interazione con le sostanze anche affettive che la circondano. Ha dubbi,cerca di farsi tabula rasa: il mondo potrebbe essere nemico, artefatta lacapacità di coglierlo.
Ho timore dei sassiche / scavalcano le mie finestre / ho timore dei vetri se.
La Trapani siaffaccia nascosta / velata al davanzale e tutto ciò che si caglia negliocchi porta dentro, ne fa ricchezza e accumulazione. Solo dopo aver messoordine, avviene il necessario recupero di una visione disincantata e critica disé e dell’esistente:
Semino/ dissemino e lo / spazio del / miocuore spazzo la soglia / coronandomi i bracciali / di polvere.
In breve, Maria Carla Trapani descrive ilfelice esito del suo transito verso la maturità affettiva e artistica e perfarlo compie una sorta di enumerazione ma soprattutto di catalogazionegerarchica di tutto ciò che le si riverbera dentro attraverso lo sguardo,un’unghia, uno stupore, ma anche parole, avverbi, aggettivi solitari, affrancatidalla frase, che però una volta semanticamente riconquistati saranno il mezzoper mettere a fuoco l’anima. Un inventario onnicomprensivo che entra in questoserissimo gioco tra oggetti solidi e incorporei, sempre rintanati nel profondo,che l’autrice intende buttare in uno specchio, ove le sarà più agevole affrontarlie confrontarsi.
Ha bisogno di sistemare, osservando ilrisultato criticamente, come per una casa nel caos, prima di sentircisi aproprio agio.
Getto l’amo. /Pesco / parole e /pescid’argento. /Getto.
E più avanti:
Vomito parole / striatedi verde / raccogliendo le /foglie di una vita /aggrappata stretta / al suo /rinascere./ … /Navigo la vena / e col volto rivolto / sputo acini.
Una nascita,dunque, a se stessa, al reale, all’altro, agli affetti, tra i quali sembra deltutto evidente di cogliere l’amore. C’è un tu che di tanto in tanto facapolino, un tu di labbra e di saliva, verso il quale sembra anche tendere laricerca di autenticità.
La tua lingua halinfa / di una languida / graffa sdraiata.
Che si tratti di un impegno diaffrancamento e maturazione è mio convincimento ma è l’autrice stessa aoffrirci gli strumenti per entrare nel suo progetto, che ha svolto nellasilloge attraverso le tre sezioni del libro. Quel gettare l’amo, perriportare indietro i segni dello scorrere della vita, è un continuum di tuttala raccolta.
Dopo tutto, bastafermarsi al titolo e poi all’ultima composizione per perdere ogni esitazione.L’autrice nell’ultimo testo stende senza equivoci il manifesto della suapoetica. Scopo della sua scrittura è il percorso che è stato indicato.
Scrivo. Leggeri ipiedi nel cammino ascetico verso l’autocoscienza. / Scrivo e di riconoscimentomi abbiglio. / Riconoscimento di M/E. / Di Sé. / Come già-da-sempre. Relato.All’Altro. / Specchi d’Argento Irriflessi.
E dunque, ripetiamocon lei: dopo aver preso il controllo della coscienza, sede di discernimento egiudizio, allora è possibile riaffacciarsi alla storia, ma più di tutto èpossibile la poesia.
Una nota bisognastendere anche sullo stile, che nulla concede alla facile suggestione, al lavorodi rima e assonanze. Nessun verso è ammiccante. La scrittura si mantieneappuntita, asciutta, ellittica, frammentata, in un ritmo lento e cadenzato.L’emotività è ghiacciata da una serie di strali fatti di sangue e di spine, chel’autrice sembra guardare da estranea o da lontano.
Tralascia ciò che ècostruzione e rifacimento del verso, quasi infilandosi in uno sperimentalismoformale, che è di sicuro originale. Il colare naturale della parola, purnell’assetto contratto dalla continua elisione della frase, conferisce al versoun fascino intrigante se non misterioso. Il lessico è accurato e nondebordante, raffinato ma non pretenzioso.
Anche questo si puòascrivere alla confessione della stessa autrice, che ammise tempo fa discrivere di getto, seguendo la parola e il ritmo che gli nascevano dentro.
M. C: Trapani siascrive alla schiera di giovani poeti che stanno proprio segnando l’affrancamentodalla cultura del 900, per quel piglio sicuro con cui infrangono regole e formeper mettersi direttamente all’ascolto della propria unicità umana e poetica.