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James Iha ”Let it come down”

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James Iha "Let it come down"

Se James Iha, incalzante chitarrista degli Smashing Pumpkins, ha inteso deliberatamente lasciare a bocca aperta gli appassionati della band di Chicago; bè diamogli atto di esserci riuscito.
Difficile per chiunque, infatti, aspettarsi da lui un esordio solista come quello che il musicista cino-americano ci presenta, facendo capolino con espressione meditabonda e vagamente malinconica, dalla copertina del suo ‘Let it come down’; difficile, si diceva, perché alla luce della chitarra nervosa, psichedelica ed acida che abitualmente caratterizza la band di Billy Corgan, sarebbe stato quantomeno lecito pensare che il buon James non si sarebbe discostato più di tanto da quel genere di suono.
Forse però , così facendo, il tutto avrebbe in qualche modo perso di significato; quale infatti la necessità di un lavoro che ricalcasse in tutto e per tutto lo ‘stile Pumpkins’ non firmato dall’intera band, ma solo da uno dei suoi membri ?

Ecco allora Iha che, con un’ineffabilità tipicamente orientale che ci piace attribuirgli (in maniera del tutto gratuita…), ben si guarda dall’inserire nel suo disco alcunchè sia in grado di ricordare, seppur lontanamente, l’universo distorto e nevrotico della band di cui fa parte, e ci snocciola invece una manciata di canzoni di fascino e malinconia non di rado struggenti che ci spiazzano alquanto.
Lasciando da parte ogni, seppur lecita, illazione sul significato di tutto ciò, in termini di tentativo di prendere le distanze in maniera più o meno plateale dall’ ego ingombrante di Corgan, non ci resta altra alternativa che battere, a scena aperta, le mani.
Il mondo in cui ci caliamo con l’ascolto di ‘Let it come down’ è quello, toccante e coinvolgente, di una certa categoria di songwriters, perlopiù britannici, capaci di arrivare con pochi accordi di una semplicità sorprendente, a toccare le corde più sensibili dell’anima: senza scomodare i baronetti di Liverpool, possiamo citare Prefab Sprout, Deacon Blue, Aztec Camera e chi più ne ha più ne metta.
Si aggiunga a questo una buona dose di tradizione country, questa tipicamente americana, ed ecco a voi undici piccoli gioielli, senza pretesa alcuna di essere alla moda o all’avanguardia sonora, ma che ( forse proprio per questo ?), riescono a filare dritto dritto al cuore di chi ascolta trasportandolo in un mondo dove si seguono l’istinto e la natura e tutto quello che ci circonda è semplice, immediato, ed è facile sentirsene parte, anche solo attraverso una canzone.
Nessuna ambiguità o eccentricità di alcun tipo troviamo neanche riguardo ai testi (in effetti i titoli dei brani potrebbero tranquillamente essere tratti in toto da un album di Celine Dion…), bellezza, amore, sole, natura sono i temi ricorrenti, il che, se rende il tutto ancora più sorprendente, pensando a certe liriche dei Pumpkins, ci esorta ulteriormente a lasciare mano libera, una volta tanto, alla parte ‘buonista’ del nostro animo ed a calarci nell’universo che l’agreste James ci offre, un universo forse irreale, ma di cui ci piace credere l’esistenza.

Non è facile segnalare un singolo brano che si distingua dagli altri in quello che è piuttosto un unico flusso emozionale di pezzi tutti reciprocamente legati.
Però, accidenti, è innegabile che brani come ‘Beauty’, ‘Silver string’, ‘One and two’ abbiano le carte in regola per provocare i brividi lungo la schiena finanche a chi si acconci abitualmente presso lo stesso coiffeur di Keith Flint,cattivissimo front-man dei Prodigy.

Cesare Mortera

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