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Giulio Turcato – Palazzina dei Giardini

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Giulio Turcato – Palazzina dei Giardini

Finalmente una mostra di respiro nazionale, di indiscussa validità, non essendo legata a istanze opinabili. La retrospettività è suddivisa in 2 sezioni, a Modena e al Palazzo della Ragione di Mantova. Del suo glorioso curriculum, rammentiamo reiterate partecipazioni alla Biennale veneziana, alla Quadriennale romana, fece parte del "Gruppo degli 8" di Lionello Venturi, che elaborò un naturalismo espressionista.
Ci si accosta a policrome strutture post-cubiste, stringate versioni-naturaliste; oppure, sono stesure quasi monocrome, come Rovine di Varsavia; rammenta Léger, rivolta, in un susseguirsi di volumi curvilinei; ricorda le tessere di un mosaico e il Coisonnisme della vetrata gotica; per la serie fabbria; rasenta la toccante levità dell’Abstraction lirique. L’insetto, è un gioco di arabeschi, che fluttuano leggeri, con sciami pullulanti in un celo di smalto, solcato da strutture rosse che siglano l’opera, per un ritmo serrato di tasselli policromi si enuclea. Muro cinese. Sembra appartenere allo Spazialismo, Paesaggio atomico ingannevolmente lirico su fondo azzurrino, intaccato da ellissi e spirali dorate. Ben calibrato l’incastro di Reticolo, anche se non rasenta l’asettico rigore costruttivo Mac.
Curioso, Mosche cinesi, che rammentano le ricerche segniche di Ezra Pound e i White Alphabets di Tobey, che presentano affinità con l’universo dei segni di Roland Barthes.
E’ polimatzrico, il Lenzuolo di S.Rocco con intrusione di banconote. Avvincenti la Pelle, in cui è articolata una struttura a ragnatela. Suadenti, Superfici lunari, in varie versioni in cui l’inclusione di materiali extra-pittorici sembrano ispirati a valori tattili.
Nelle tacche, negli ispessimenti materici, la craquelure di quel deserto calcinato tutto crateri, che è il suolo lunare, in una struggente serie, su gommapiuma.
Son sagome longitudinali, in cui la struttua subisce torsioni volumetriche che si slanciano, fino ad assottiliarsi, recando fregi asimmetrici al vertice, le sculture in alluminio smaltato "Libertà".
Lirica, la soggestione si arte segnica di Composizione in blu, in sintonia con Scroppo, Scialoja; raffinatissime, per l’impalpabilità diafana del segno che intacchi il fondo beige, eagiante luminescenza e superficie lunare; è azzurra l’entità mitica; delicatissimo, la struttura beige appena animata da tocchi azzurri e gialli leggeri.
Della stessa delicatezza, risente Dune, in cui la conformazione di motivi sinuosi è solcata da un pullulare di segmenti irregolari, a contrasto col fondo.

Pollice verso i vandali che, per pura stupidità, hanno volontariamente distrutto ben 7 statue in terracotta dello scultore Giovanni Ferrari, docente dell’istituto d’arte Venturi. Le opere facevano parte di un gruppo plastico, allestito in occasione di una personale dello scultore in un locale di Pavullo, dove l’autore vive e opera. L’artista ha al suo attivo un’annosa ricerca plastica, soprattutto in terracotta. Fan parte della sua produzione figurativa, di taglio espressionistico, personaggi che nulla hanno di classico, per l’accentuazione, volontariamente difforme, con cui Ferrari traduce la sua sferzanteironia in figure che assumono verve caricaturale, in una rivisitazione umoristica di modelli tradizionali.
Deprecando l’accaduto e anche auspicando, che si vari una legge che punisca severamente chi arrechi danni a tutta l’arte antica e moderna, condannandoli a forti sanzioni pecuniarie, senza invocare la facile scappatoia delle "turbe mentali" che permetta agli autori di queste nefandezze, perpetrate ai danni di monumenti, chiese, dipinti, sculture, design o qualsiasi frutto della creatività e dell’inventiva, occorre impedire anche a costoro, di ripetere simili crimini, anche per l’impossibilità di ricostruire l’integrità delle opere. Visto che, nel caso di Ferrari, sembra si tratti di ragazzi in vena di bravate del sabato sera, siano le loro famiglie, a pagare i danni. Forse, sarebbe un’utile lezione di etica, obbligando i signorini, a subire un corso di rieducazione, basato sul rispetto delle opere e delle persone che le hanno eseguite, anzim sarebbe bene, che costoro fossero anche obbligati a una sorta di servizio civile, da prestarsi nei musei, nelle scuole e altra struttura pubblica.

Giuliana Galli

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