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Livia Carta e la cosmologia dell’anima

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Livia Carta e la cosmologia dell’anima

In principio era la terra, di cui si captino i ritmi annidati nelle sedimentazioni in un upi consistam, in cui si enucleino fermenti vitali, pulsanti nell’humus materico di uno spaccato geologico. E ci si cala panicamente in entità naturalistiche, estese osmoticamente a pigmenti che si addensino in spessori tridimensionali; ed è una gamma di terre, ocra, picchiettate da leggeri tocchi di azzurro smaltato, a ravvivare la stesura.
Si assiepa un work in progress, in un intercalarsi di segmenti ocra, che si staglino su un’azzurra distesa infinita ed è l’acqua, a divenire protagonista nell’incresparsi delle maree, nella reminescenza della mitica Atlantide, e si favoleggia di immensi tesori, custoditi dagli abissi, come nelle Tempeste di Shakespeare, mentre assistiamo a un sortilegio arcano, nello sprigionarsi di una struggente melodia, di cui captiamo i ritmi nei segni filamentosi che si dipanano intaccando la matrice cangiante di un pattern, la cui struttura sia disgregata dal lavorio e dall’erosione salmastra. "E naufragar mi è dolce in questo mare, e sprofondiamo soavemente tra spume bianco-azzurre.
Poi ci proiettiamo nell’infinito azzurro di un cielo di smalto, solcato da arcipelaghi di cirri alla deriva della galassia, mentre si sprigionano vapori impalpabili, a ovattare l’azzurro terso, che si dirama, sfaldandosi in veli di caligine.
E assistiamo al divampare purpureo del Fuoco, come Empedocle sull’orlo dell’Etna nell’errompere del magma in eruzione, tra lava e lapilli, in una città di Dite in un contrasto di colori primari, tra una Nigredo da Cupio dissolvi e una Rubedo di fiammadivampante, nel crogiolo cromatico, in cui si stemperino materici umori.
Nella produzione di Livia Carta, si ravvisano le coordinate degli elementi secondo la costelazione di immagini simboliche (Piganiol) e si ravvisano le "Radici antropologiche dell’immaginario" che Gilbert Durand ha magistralmente elaborato in uno studio comparativo, in cui metteva a punto anche la lezione del "Ramo d’oro" di Frazer e le cosmologie, analizzate da Mircea Eliade.
Nelle opere assistiamo alle fasi di una grande Opus alchemica, in una gamma di colori: Nigredo, Pubedo, Cauda, Pavonis, Albedo, fino allo sfolgorio abbagliante dell’Oro, quell’emblematica Pietra filosofale, in grado di operare sortilegi nella commutazione degli Elementi, all’insegna della Metamorfosi, come aveva inteso C.G.Jung in "Arte e Alchimia".
Per la simbologia degli Elementi, rammentiamo Gaston Bachelard, effettuando una sapiente disamina comparativa, facendo emergere un quinto elemento: il Tempo, di cui Bergson aveva studiato le connotazioni evocative.
Questa serie di monotipi, sapientemente modulati, sono giocati su una gamma di Terre, appena alleggerite da brandelli di azzurro, squarci della stesura, che lasciano affiorare sprazzi di luce, che sgorghida una polla di chiarore altre opre, più diafane, sono appena intaccate da un rastremarsi filiforme di segni, che scivolino, sfiorando appena le ampie superfici del foglio, siglando l’intervallo di pentagrammi cromatici, in un campo di forze.
Livia ha saputo superare la fase della grande stagione informale, coagulando le istanze di una ricerca simbolica, enucleate in queste strutture vivide, indagandone i ritmi segreti, come attraverso i frammenti di un caleidoscopio.

Giuliana Galli

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