Mi bevo una birra durante
la pausa pranzo.
E guardo sfilare
le ragazzine in
minigonna.
Povertà,
canta la sua melodia ironica,
girellona;
l’estate attende di tirarmi
le membra
come fili di elettricità
tesi da
tralicci metallici e
di strapparmi l’anima
come un mese passato
di un
calendario.
Voglio scrivere una poesia
per centrare la tazza del gabinetto
quando
sono
ubriaco.
Ed io chissà chi mi ero creduto di essere.
Un poeta che scrive di calze
sfilacciate
e di orecchini smarriti
da qualche parte
altro che Rimbaud.
Attraverso la strada
ed uno mi chiede se ho parcheggiato
in doppia fila.
Esco dal parcheggio
e mi ferma un semaforo.
Aspetto le cinque.
Aspetto le cinque.
Un’ora di pausa
Joe Ferrara