V – Potente come la Strega
E così mi catapulto come fossi inesistente tra i rami protesi a terra cadenti disperati che mi tracciano la via, mi fermo solo un momento a spiare… è Lei.
Vedo lontana la sua veste riflettere a mala pena, nel principio d’aurora che si avvicina, tutte le tonalità del nero… vedo la cascata di capelli rossi che l’accoglie e la protegge come uno scudo di fuoco, ad abbracciare un corpo piccolo e ingannevole. Non è tempo ancora di mostrarsi, non è tempo ancora: mi rannicchio in uno spazio limitato fino a sparire quasi letteralmente, mi affievolisco, mi attenuo finchè quasi perdo la coscienza di me stesso, sono un rivolo d’acqua che gocciola da una roccia affacciata sul fiume, sono un sassolino precipitato per una lieve ma decisiva vibrazione sotterranea, sono una lingua di fiamma che si confonde nel bel mezzo del rogo.
Lei non mi vede. Forse mi avverte. Si blocca lì dov’è, socchiude gli occhi. Di sicuro avverte qualcosa. E poi vedo che poco convinta riparte allontanandosi, per mia fortuna, dalla sua dimora. Io andrò dritto a cercare la sua casa, la casa della Strega, la MIA casa, dove nacqui ed ebbi paura, farcito d’entusiasmo e di tensione per la piacevole sorpresa che sto per regalare a una vecchia indimenticabile nemica.
La dimora è buia più della foresta in quest’alba ormai giunta, con tutti gli odori cattivi che mi colpiscono duro e mi agitano, ricordandomi le tante maledizioni silenziose pronunciate per disperazione, ricordandomi il limite della follia che più volte venne a salutarmi da vicino, invitandomi con mani calde a non lasciarlo allontanare ancora ma io no io testa dura picchiavo la fronte per terra e piangevo lacrime feroci e terrorizzanti fino a che ancora scosso da tremiti mi quietavo steso lì tra la polvere e il fango e forse dormivo e forse dimenticavo.
Un ringhio mi rivela che la dimora è protetta da una creatura. Una adorante idiota creatura al servizio della Strega. Mi volto e mi trovo ad affrontare un ragazzino… una specie di ragazzino, sporco, con la mascella sporgente, direi più un incrocio poco sano, unghie troppo lunghe e dall’apparenza resistente per essere umano, peli troppo spessi. Okay, ragazzino. Non so da dove tu sia arrivato in questo mondo ma spero che fosse un buon posto, perchè ti aspetta. Lui esita troppo, santo cielo, hai di fronte il guerriero perfetto e aspetti la sua prima mossa?
Lui aspetta la mia prima mossa.
Io non aspetto e la metto in pratica.
Salto su di lui senza preavviso e gli afferro le braccia con una presa ferrea, sempre tenendo le sue braccia salto piroettando sopra di lui atterrando di spalle e sull’impeto cinetico del movimento lo trascinerei comunque con me ma per aggiungere il danno personale a quello scientifico dò un forte strattone che probabilmente gli lacera qualche legamento tra spalla e gomito, almeno dall’urlo gli cavo così pare. E lo strattone si evolve in un atterraggio doloroso sulla schiena con alcune costole che s’incrinano, probabilmente ti sei preso una responsabilità troppo alta, ragazzino. Potrei dilettarmi in molte altre mosse divertenti, potrei ad esempio saltare atterandogli sulle ginocchia per spezzarle entrambe oppure piantare il mio gomito più forte possibile nella pancia esposta frantumando qualche organo interno, o estrarre una lama e ammirare lo zampillo della giugulare, o girarlo e piantarlo a terra con un paletto improvvisato… ma ho troppa fretta per perdermi in queste cose, e non voglio sporcarmi più che tanto. Il tempo in cui mi divertivo combattendo è passato per sempre.
Perciò mi inginocchio prima che si riprenda anche solo un momento, prendo la sua testa tra le mani e gli spezzo il collo.
Stek.
Fatto, già fatto, facile.
Rientro in casa e comincio a trovare le Sue cose. Simboli strani su carta di provenienza odorosamente animale. Ciondoli e pietruzze singole spuntano da molti vasi di forme e misure varie. Tutto ciò che in un qualche modo può avere significato per lei è qui alla mia portata. Io sorrido e inspiro a fondo l’odore del marciume che arriva di gran volata dall’interno stesso della terra in questo luogo dimenticato da Dio.
La carta si lacera, con un po’ di fatica si lacera. I ciondoli si spezzano. Le pietre possono essere rotte, smussate, sporcate, graffiate, tirate lontano così che sia impossibile trovarle. I vasi si frantumano, i detriti persi in giro e ogni veste diventa straccio ogni tenda diventa un tappeto lurido e io che con quest’ardita danza sto devastando il mio ed il Suo passato, sto faccendo ammenda per entrambi, sto aprendo una nuova era. Il cambiamento del clima è TANGIBILE. Mi viene di nuovo voglia di danzare e basta, saltellare e nient’altro.
E tra un saltello e l’altro con gli occhi lucidi di felicità e un sorriso incontenibile accolgo l’arrivo della Strega.
– Salve, Samira – accenno a voce bassa.
Lei è arrivata e ha visto
primo, la sua casa devastata;
secondo, la sua creatura devastata;
terzo, me
e la botta spirituale si traduce in un misto di rabbia e sorpresa dipinto a colore rosso vitale sul suo viso. Io le lascio giusto il tempo che la rabbia venga sprigionata da un urlo. Giusto il tempo necessario, non un secondo di più. Poi corro e in un istante il mio pugno la colpisce senza possibilità di scampo, tutto s’aspettava fuorchè un attacco di questo genere. Cerca di riprendere l’equilibrio e la concentrazione ma io calcio le sue sottili gambe e la scaglio a terra, mi lancio su di lei per calpestarla con calci e pugni ma improvvisamente sto volando all’indietro e colpisco con la schiena una recinzione in legno che si erge vicino alla casa, distruggendola… la ragazza si difende bene, insomma. Con grandi balzi sono di nuovo su di lei muovendomi abbastanza veloce perchè lei non riesca a concentrarsi su di me. Ed è con grande sforzo, mi accorgo, che proprio mentre sto per colpirla nuovamente mi scaglia di nuovo lontano alzando nello stesso tempo un paletto di quelli che potevano andare bene per il ragazzino, con la punta nemichevolmente diretta alla mia schiena. Stavolta sono come un gatto: mi meraviglio di me stesso. Mi inarco mentre sono ancora in aria protendo le mani sposto la punta del paletto lo afferro e mentre atterro lo lancio verso la Strega con la tremenda forza degli antichi lanciatori di giavellotti. La forza di eserciti è nel mio braccio e il giavellotto improvvisato viaggia paurosamente veloce verso di Lei che con un ultimo passetto laterale riesce ad essere solo graffiata dal legno anzichè trafitta come un’antica martire. Ma mentre lascia passare il proiettile e ritrova l’equilibrio non fa in tempo a tenermi a bada e io le sono di nuovo addosso con un potente calcio all’addome e questa volta le ho fatto male.
Lei sbuffa sonoramente e mentre mi guarda un momento vedo comparire nei suoi occhi il primo accenno di comprensione. E’ solo un momento. Bestia ferita non è morta.
Lei mi scaglia addosso ogni maledizione che ricorda, ogni magia che le sue energie residue possano permettersi, chiama la natura, invoca la mia distruzione con grandi lacrime di rabbiosa disperazione che gli sgorgano dagli occhi: ma l’acqua si rifiuta di bagnarmi, il fuoco si rifiuta di bruciarmi, la pietra si rifiuta di colpirmi: io ad essi ho dedicato la mia esistenza e loro mi ricambiano con la loro protezione totale. Così la Strega si indebolisce ulteriormente, io non mi muovo di un passo mentre sento l’aria che mi accarezza, e infine la vedo inginocchiarsi, e abbandonare la lotta. La sua testa è chinata.
Mi avvicino.
Tendo la mano.
Le dò uno schiaffo, fa per dire qualcosa, le dò un altro schiaffo.
Lei non reagisce.
Mi inginocchio di fronte alla mia vita riflessa. Alla luce accecante che mi ha condotto lungo tutta la mia esistenza mortale. Sento la sua potenza anche ora che è innocua, emana sensazioni di vittoria, di tormenti, di grandi imprese. Lei è la personificazione delle ambizioni degli uomini. Lei ha sofferto cose che nessun altro avrebbe mai sopportato, per diventare potente oltre ogni uomo. Lei è divina.
O forse dovrei dire era. Mi avvicino e la bacio, e con questo bacio, che lei ricambia con debolezza, è il MIO sacrificio: aspiro così tutto il suo dolore, tutto ciò che l’ha lacerata dentro per anni, chissà, forse per secoli. Io non la perdono: ma la rispetto, e questo bacio è il suo sollievo, per la prima volta dopo un’attesa interminabile c’è qualcuno più potente di lei, e la sconfitta porta riposo. Non dovrà più combattere ogni giorno con gli elementi, non dovrà più spezzarsi le unghie nel terreno, non dovrà più correre più veloce della morte.
Adesso ci sono io al suo posto.
Lei può morire in pace, lo sappiamo entrambi.
E allora il suo spirito è fuggito. Prima che io la picchiassi, fino a farmi male alle mani. Prima che io la violentassi con l’ardore di una vita, prima che io spezzassi ogni fisica resistenza del suo corpo con colpi inarrestabili, fino a ridurla catatonica, fino a spazzare dal suo volto ogni traccia di coscienza, io ho distrutto la Strega, io sono folle di gioia, io l’ho distrutta, io ti ho distrutta puttana miserabile nemica regina del mondo io ti ho distrutta, io ti amo adesso, posso farlo, io ti ho sconfitta e posso amare tutti, sono tutti indifesi al mio cospetto.
E alla fine la uccisi con semplici gesti, la trasformai in pezzi di carne, la trasformai in cenere. E per giorni e giorni piansi ai piedi del suo ultimo giaciglio.
Sono sparito a poco a poco, diventando sempre più invisibile, assottigliandomi, confondendomi con la polvere. Ho seguito i miei pensieri in silenzio, ho accettato la mia sorte, ho capito il compimento. Ho lasciato ogni residuo materiale lì dove era vissuta la mia inimitabile nemica. Non ero più che aria quando alla fine mi sono alzato, e non sono più caduto.
Adesso sono il vento freddo che da Nord scende impetuoso e attraversa tutto il mondo sopra alberi e giovani e vecchi città e nessuno può far altro che annusare il mio odore forte di vittoria, che durerà quanto il mondo, e chinare la testa intimidito.
Io sono immortale.
Storia di un ragazzino elementale
Non mi fermo a pensarci. Se non mi riconosce subito, come penso, mi vedrà come uno stupido passante da ferire e allontanare, come un animale fuori posto. E’ ancora potente, lo sento dall’improvviso zittirsi degli alberi e di ogni creatura, e io non voglio darle il vantaggio inafferabile della sicurezza. Voglio affrontarla che mi veda e che mi riconosca, che l’emozione – se ancora è in grado di provarne – la blocchi o la scateni, la spinga fuori da quell’equilibrio perfetto nel quale compie le sue magie sul mondo.
Alessandro Zanardi