"Pubblicazione Underground?"
Un "allarmato" editoriale del nostro direttore ha attirato la mia attenzione, nel leggere il numero del mese scorso. Una rapida ricerca, ed ecco un po’ di chiarezza.
L’emergenza2 sembra essere partita da una segnalazione lanciata dal sito "PeaceLink3", che cita Franco Abruzzo, presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, che a sua volta avrebbe rivolto un fantomatico appello al Ministro della Giustizia Fassino affinché fosse modificata la legge sulla stampa (la 47/19484), in modo che anche le associazioni, i gruppi di volontariato, le associazioni no profit e i singoli cittadini che vorranno produrre (o già producono) in maniera continuativa documenti e informazioni da diffondere in rete, dovranno registrare alla competente autorità statale la propria ‘testata giornalistica’ telematica e individuare un direttore responsabile (iscritto all’albo dei giornalisti) che sia "garante" delle informazioni pubblicate sul sito.
In particolare, se le modifiche auspicate da Abruzzo dovessero essere approvate dal Parlamento, nell’articolo 5 della nuova legge sulla stampa verrebbe stabilito che:"Nessun giornale, periodico, telegiornale, radiogiornale oppure giornale telematico può essere pubblicato o trasmesso se non sia stato registrato presso la cancelleria del Tribunale, nella cui circoscrizione la pubblicazione deve effettuarsi".
Tutto questo, però, riguarda formalmente le pubblicazioni che rientrano nella definizione di "stampa" e "stampato5" di cui all’art.1 della stessa legge sulla Stampa: "Sono considerate stampe o stampati , ai fini di questa legge, tutte le riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisico-chimici, in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione6".
Ma a prescindere da questo, per la verità, non si trova alcuna conferma di questa notizia né nella proposta di legge richiamata nel testo7, né nell’articolo dello stesso Abruzzo sul Il Sole 24 Ore del 19 novembre (ripubblicato sul sito dell’ODG lombardo9).
Questo pero’, non mi esime dal ragionare sul punto dato che la vetusta legge del 1948 è in effetti oggetto di verifica proprio in questo periodo: se ne sta parlando, però, in un contesto diverso, che non c’entra nulla con Internet e l’informazione on line. Si parla anche della modifica della legge sulla stampa nell’ambito di una rilettura del reato di diffamazione, e di diffamazione a mezzo stampa10
Nel progetto, però, non c’è traccia di un obbligo esteso di registrazione, anzi. Si parla, infatti, di "direttore responsabile o comunque di responsabile della pubblicazione", che nel caso di siti come Peacelink (o anche come Kult) sarebbe il presidente dell’associazione o la persona che ha registrato il dominio. Insomma, se il problema è la modifica alla legge sulla stampa, il problema non esiste: l’ipotesi fantasiosa che vorrebbe Pinco Pallino come direttore responsabile del proprio sito non è nei testi di nessuna proposta. Che poi qualcuno possa desiderare un percorso del genere, è possibile: si tratta di un rispettabile pensiero che però non diventerà una norma o una legge11, poiché nessuno che abbia letto l’art.21 della Costituzione potrebbe sognarsi di sostenerla12.
Infatti, una semplice aggiunta all’articolo 5, per includere le pubblicazioni on line, potrebbe rivelarsi pericolosa per la garanzia della libertà di stampa, a causa della disposizione dell’articolo 16, che dice testualmente:
Stampa clandestina. – Chiunque intraprende la pubblicazione di un giornale o altro periodico senza che sia stata eseguita la registrazione prescritta all’art. 5, è punito con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a lire 500.000. La stessa pena si applica a chiunque pubblica uno stampato non periodico, dal quale non risulti il nome dell’editore né quello dello stampatore o nel quale questi siano indicati in modo non conforme al vero.
Dunque, se passasse la semplice modifica dell’articolo 5, tutti i siti di natura informativa che possano essere assimilati a un giornale o un periodico, dovrebbero cercarsi un direttore responsabile e chiedere l’iscrizione, per non cadere sotto i colpi dell’articolo 16. Ipotesi inaccettabile per chi conosce la realtà della Rete.
Ci sono alcuni punti fermi che non possono essere ignorati: il primo è senza dubbio la libertà di informare e di essere informati. Ma della libertà di essere informati dovrebbe far parte qualche indicazione sulla provenienza delle notizie e sulla responsabilità di chi le diffonde, quindi ci deve essere la possibilità di distinguere l’informazione professionale da quella spontanea. Questo non significa che le organizzazione dei giornalisti o degli editori siano autorizzate a distribuire bollini o patenti13, ma che il professionista dell’informazione deve potersi qualificare come tale, assumendosi quindi tutti i vantaggi, ma anche tutti gli obblighi e le responsabilità che questa qualifica comporta. Per esempio, il dovere di rettifica (che non può essere imposto all’informazione spontanea), la responsabilità del direttore per omesso controllo e via dicendo.
Non serve l’iscrizione nel registro della stampa per individuare il responsabile di qualsiasi informazione telematica che passa sulla rete. Basterebbe una misura che si chiede da anni, l’identificazione dei propri abbonati da parte dei fornitori di servizi (providers), con la contemporanea garanzia dell’anonimato in rete e la possibilità di risalire all’autore di un illecito solo nell’ambito di un’inchiesta giudiziaria. A queste condizioni le leggi esistenti sono più che sufficienti a perseguire abusi e reati, senza imporre alcun limite alla libertà di espressione.
D’altra parte è necessario anche difendere il lavoro di chi fa informazione per scelta professionale, come dipendente o come libero professionista, e dunque equiparare sotto ogni aspetto il giornalismo telematico a quello tradizionale. Quindi l’iscrizione dei periodici telematici nel registro del tribunale può essere l’elemento che consente di distinguere l’informazione professionale da quella spontanea, con l’obbligo conseguente di applicare alla prima le condizioni economiche e normative dei contratti del settore della stampa.
Ma proprio su questo punto si vede l’arretratezza delle norme (1948!?) che si tenta, maldestramente, di modificare: ha ancora senso distinguere tra informazione scritta e radiotelevisiva da una parte e informazione on line dall’altra? Non è lontano il momento in cui qualsiasi testata, per sopravvivere e crescere, dovrà diffondersi con tutti i mezzi. Gli stessi giornalisti dovranno lavorare nello stesso tempo per la carta, il cavo e il satellite.
Le disposizioni anti-trust che oggi limitano le possibilità di controllo di un mezzo a chi detiene posizioni di forza in un altro si riveleranno presto prive di senso, (forse lo sono già adesso): una posizione dominante nel campo dell’informazione può essere definita, anche se oggi non è facile, solo nel contesto generale, "multimediale" della comunicazione.
Dunque il problema non è solo la scontata aggiunta all’articolo 5 della legge sulla stampa, ma la revisione di tutte le vecchie regole dell’informazione, o piuttosto la loro scrittura ex novo in funzione di quella che viene definita, per l’appunto, "società dell’informazione". Che è la società dove tutti hanno la possibilità di dare e di ricevere informazione e che cesserebbe di svilupparsi se, invece delle garanzie, si ponessero vincoli e divieti. Per non parlare delle censure. Se proprio si deve tenere in piedi con qualche stampella la veneranda legge sulla stampa, prima di tutto si abolisca il primo comma dell’articolo 16, quello sulla stampa periodica clandestina. Quindi si modifichi il secondo, obbligando chiunque fornisca informazioni a "rendersi reperibile" e quindi ad assumersi le proprie responsabilità.
Non serve altro14.
("Ogni volta che dici "ho fatto abbastanza", sei perduto")
Sant’Agostino
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Citando il Direttore:
Alberto Monari
"Sobald du sagst: ich habe genug geleistet – bist du verloren."
Tanto per non uscire dal nostro campo, effettuata in Internet, e in particolare al sito "www.interlex.it", molto interessante per tutto cio’ che riguarda la disciplina giuridica dell’attività legata alle nuove tecnologie. Gli articoli da cui ho attinto di più sono stati quelli di Manlio Cammarata (che saranno citati lungo il testo di questo articolo), pubblicati lungo tutto il corso del 2000 e rinvenibili attraverso il motore di ricerca.
Almeno per quanto il sottoscritto ha trovatodell’argomento sulle Fonti da luoi conosciute, ma non si escude che altri e diversi "rumors" in questi termini siano arrivati agli amici di Kult.
L’associazione PeaceLink pubblica da anni sul suo sito web un bollettino (Africanews), una delle poche fonti di informazione sull’Africa fatta da Africani, senza il filtro e la mediazione delle grandi agenzie di stampa internazionali. Ogni mese alcuni volontari traducono Africanews in lingua italiana. L’associazione PeaceLink e’ composta da un gruppo di volontari che dal 1992 producono in rete informazioni libere e autogestite in collaborazione con associazioni, insegnanti, educatori ed operatori sociali che si occupano di Pace, nonviolenza, diritti umani, liberazione dei popoli oppressi, rispetto dell’ambiente e libertà di espressione. Tutti i volontari di PeaceLink svolgono il loro lavoro a titolo puramente gratuito. (www.peacelink.it)
La legge 8 febbraio 1948, n. 47, prescrive che "ogni giornale o altro periodico deve avere un direttore responsabile" (art. 3) e che "Nessun giornale o periodico può essere pubblicato se non sia stato registrato presso la cancelleria del tribunale, nella cui circoscrizione la pubblicazione deve effettuarsi" (art. 5). Inoltre, lo stesso articolo 5 richiede, per il direttore responsabile, "un documento da cui risulti l’iscrizione all’albo dei giornalisti".
Sulla base di questo principio, molti tribunali hanno rifiutato per lungo tempo l’iscrizione delle testate telematiche (se non come supplementi di pubblicazioni su carta), anche in considerazione del fatto che per l’estensione del regime della stampa ai notiziari radiofonici e televisivi era stata emanata un’apposita disposizione nella la legge 223/90 (la famosa "Mammì", che avrebbe dovuto mettere ordine nel settore radiotelevisivo rivoluzionato dalla lunga stagione dello sviluppo dell’emittenza privata).
Dell’argomento mi sono già occupato in passato, ma pochi ricorderanno il ciclo di articoli che piubblicai nel 1995 intitolato: "Il cittadino e le libertà". In particolare: "La libertà di Stampa", Kult, marzo 1995.
Si parla di modifica alla legge sulla stampa nell’ambito di una rilettura del reato di diffamazione, e di diffamazione a mezzo stampa: il 5 dicembre la proposta di legge n. 7292 (presentata il 13 settembre 2000, Anedda come primo firmatario) e varie altre collegate sono state rimandate dalla Camera in Commissione (II giustizia) per la valutazione degli emendamenti e alcuni altri interventi.
Come conferma il già citato Cammarata in "Stampa e Rete, il problema non è l’articolo 5", su Interlex del 7/12/2000.
Anche se la proposta di legge presentata alla Camera e citata sopra, riguarda il codice civile, il codice penale, quello di procedura penale ed altre disposiszioni.
V. "Non vogliamo la registrazione obbligatoria" di Marco Mazzei, Componente del Dipartimento on line della FNSI, Federazione Nazionale Stampa Italiana.- Interlex del 14.12.2000.
Costituzione Italiana – Art. 21 "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione."
Non ci si riferisce qui, certo, al contrassegno SIAE che un’altra ipotesi legislativa vorrebbe apporre al "software" distribuito con le fonti di informazione sulla rete, di cui mi riservo di parlare con più cognizione di causa in _un prossimo appuntamento.
Ancora Cammarata, cit. "Stampa e Rete, il problema non è l’articolo 5", su Interlex del 7/12/2000, ma vedi anche: "Direttore responsabile e responsabilità del provider" ibidem, 14/12/2000.