Beh, è tutto vero: sono stato alla Berlinale come inviato stampa di Kult, ne ho le prove.
Non erano molti i giornalisti italiani presenti al festival, o meglio c’erano tutti quelli delle maggiori testate editoriali e televisive, ma di "pionieri" come l’inviato di Kult non c’era nessuno, ve lo giuro. L’arrivo è stato emozionante, un altro festival certo ma all’estero, in una città sempre nuova che pian piano sta salendo alla ribalta: Berlino. Berlino ed il muro che non c’è più, Berlino e l’immenso cantiere aperto nel suo cuore, Berlino e i tedeschi, e i tedeschi dell’Ovest, e i tedeschi dell’Est, e i turchi, e i turisti, e i giornalisti, Berlino ed il suo Festival di anno in anno sempre più importante per la sua collocazione a ridosso degli Oscar hollywoodiani. L’arrivo è diretto alla nuova Potsdamer Platz, sede del Festival e di una decina di sale cinematografiche interamente dedicate alla manifestazione. Potsdamer Platz è un concentrato di edifici moderni, uno dei quali è proprio il "Berlinale Palast", il palazzo della Berlinale. Il confronto con Venezia è inevitabile e si ravviva ad ogni nuova scoperta berlinese. Il Berlinale Palast ospita una sala grandissima e comodissima, dedicata alle proiezioni dei film in concorso e degli eventi speciali che culminano con la versione integrale di "2001: odissea nello spazio". L’ufficio stampa è piccolo ma funzionale (i computer però sono troppo pochi…) e la notizia più bella è l’acqua gratis offerta dalla Evian, dato che l’acqua qui è poco buona e costa più della birra!
Il primo pomeriggio, sabato 10, è passato a capire come organizzarsi nei prossimi giorni perché l’accredito stampa non è onnipotente come al Lido e si deve tenere marcato il calendario e la disponibilità di biglietti per vedere quello ciò si vuole. Io, comunque, ho fatto in modo di vedere i film in concorso e quello che riuscivo a capire (fortunatamente la lingua del festival è l’inglese). Aspettavo con impazienza di vedere il clima in sala, tanto per fare l’enessimo confronto con Venezia, e mi sono trovato in mezzo ad un pubblico, anche pagante, molto variegato per nazionalità, tranquillo ed apparentemente un po’ distaccato dal fillm. Spesso ad ogni proiezione era possibile notare studenti o lavoratori della stessa nazione d’origine del film proiettato che, entusiasti fin dai titoli di testa, ritrovavano un paesaggio o le parole di casa. Pochi applausi, anche ai film più brillanti e convincenti, pochi "buu" anche alle schifezze manifeste. Al termine del film un uscita composta e silenziosa fra quasi rimpiangere l’Italia che appare più coinvolta ed interessata alle proiezioni ma forse è solo più chiacchierona e "caciarona".
Il festival di Berlino si compone dei film in concorso, di alcune sezioni, tutte interessanti, come Forum che dopo il film prevedevano un incontro immediato col regista e i protagonisti del film appena visto, Panorama Dokument dedicata a cine-documentari, la retrospettiva su Fritz Lang, vero regista culto del cinema tedesco e mondiale, fuggito dalla Germania durante il regime nazista e subito adottato da Hollywood dove continuerà a produrre capolavori, alcuni eventi come la proiezioni di "Hannibal" o "Enemy at the gates" di Jean-Jaques Annaud.
Lo so, è un brutto articolo ma è stato scritto a "pezzi e bocconi", come si suol dire, travolto dall’emozione, al freddo dei venti germanici, sazio di panini, privato dei contanti. Ho voluto lasciare il realismo della scrittura in diretta, dell’impeto ispirato. O no?
E non crediate che quei bei articoloni lunghi e motivati che leggete su quotidiani siano ponderati. Io li ho visti coi miei occhi: i "veri" giornalisti guardano la metà dei film sui quali poi scrivono, basandosi sui lanci delle agenzie stampa delle case di produzione. I "veri" giornalisti si scambiano gli articoli l’un l’altro e poi li infioriscono per proprio conto. I "veri" giornalisti
Berlino
Michele Benatti