"Dai Pietro, non fare il coglione."
Questo che sbraita è Arturo. Il migliore amico di Pietro. Fa il meccanico per il Messicano, un ricettatore di auto rubate. Quando le auto arrivano nell’officina dove lavora, in realtà uno spazio al piano terreno di una vecchia casa abbandonata, Arturo le smonta cosicchè il Messicano possa rivenderne i pezzi nel suo salone autorizzato FiatLanciaAutobianchi, luci al neon, fiori e moquette anche nel cesso.
Pietro non risponde, è barricato in bagno da una buona mezz’oretta. L’idea era quella di farsi belli, prendere su l’auto straterrona di Luca, caricare anche Mignolo, e andare a caccia di pelo alla discoteca "Inferno & Paradiso". L’entusiasmante proposta, lanciata da Luca, titillava Arturo e lasciava indifferente Pietro. Così sotto le pressioni di Arturo, Pietro era stato costretto a docciarsi, a sbarbarsi e ad improfumarsi in modo da essere almeno all’altezza della situazione.
"Pietro mi senti, sacco di merda."
"Vaffanculo Arturo."
La voce di Pietro è bassa e profonda, rimbomba nella stanza e ne precede di poco l’enorme mole, che si staglia, come una montagna nei cieli di agosto, contro le mattonelle azzurrine che si intravedono dalla porta della toilette appena spalancata.
"Pietro ti muovi o no ? Brutto Mulo di merda che non sei altro ! Sono già le undici, Luca è in piazzetta da almeno mezzora vuoi che gli venga la muffa ?"
Pietro, detto il Mulo. Il Mulo, perché è l’unico del gruppo che lavora onestamente, perché è l’unico che si è diplomato alla scuola degli stronzi, come gli ripete sempre a muso duro Luca. Il Mulo perché quando si incazza tira calci. Il Mulo e basta.
"Arturo non ho voglia di sentire le tue stronzate. Non ho neanche voglia di venire in quel budello di merda a vederti dimenare come un tarantolato o a raccattare i pezzi di Luca che si beve l’impossibile o, peggio, a fare da balia a Mignolo che da buon maniaco sessuale quale è, cercherà guai tastando la ragazza di qualche bestione, possibilmente il più grosso."
Pietro parla ma non si ascolta, sa già che uscirà con loro. Anche lui ha voglia di distrarsi dopo una settimana di cantiere a posare piastrelle, d’altro canto l’alternativa a quel viaggio verso la speranza di un incontro che possa compensare la tragica mancanza di una donna, è quella di rimbesuirsi davanti alla televisione con i suoi genitori, cadaveri in avanzato stato di putrefazione, che si lasciano imbalsamare dall’unguento televisivo.
"Senti, facciamo così, io mi dimeno un po’ meno e intanto curo Mignolo, così evitiamo di finire in qualche casino. Che ti pare…"
"Si, si…"
Pietro è già in camera sua, si sta vestendo lentamente curandosi nello specchio. Si osserva di sottecchi analizzandosi con attenzione. Questa sera ha deciso per un look scuro, che gli consenta di mimetizzare il suo metro e novanta negli angoli bui della discoteca.
Quando si presenta sulla porta della camera è pronto per uscire, un saluto rapido ai vegetali in salotto e giù di corsa per le scale come quando erano ragazzini. Pietro e Arturo si sono conosciuti alle elementari. Il padre di Arturo lo stava pigliando a calci in culo perché non voleva andare a scuola, al contrario Pietro pigliava a calci in culo suo padre perché non ce lo voleva mandare. Così si erano trovati e così ancora stavano, uniti nel bene e nel male, nel dolore e nella malattia come due promessi sposi, nonostante le strade diverse.
Quando arrivano in piazzetta, Luca è stravaccato dentro la sua Golf GT nero sacco dell’immondizia, volante Momo, sospensioni Evoluzione, sedili reclinabili, radio Alpine novanta watt e musica a tutto volume, mentre Mignolo sta pisciando contro un albero. I quattro così riuniti saltano dentro l’auto e si avviano in uno stridio di gomme verso l’inferno musicale.
In macchina la conversazione langue, pochi vaffanculo indirizzati agli automobilisti che non lasciano strada dispersi nel fragore assordante che proviene dalle casse disseminate con cura per l’abitacolo. Pietro, strizzato nel sedile anteriore, è immerso nei suoi pensieri. Si sente a disagio nella macchina lanciata a velocità da ritiro della patente nella campagna umidiccia e nebbiosa. Osserva Luca, concentrato nella guida come Niki Lauda durante il Gran Premio di Monza, giovane disoccupato di belle speranze, che vive di espedienti e cura la sua automobile come una figlia e la sua futura cirrosi con la dedizione di un igienista. Ascolta le stronzate di Mignolo, seduto dietro, ladruncolo da tram che ha perso il dito che gli da il nome in un regolamento di conti tra bande di ladruncoli più scalcinati di lui ; in realtà lo cercano ancora per dargli il resto. Poi fissa la strada cercando di non pensare alla velocità, al buio, alle altre auto superate, al signore in bicicletta, al camion che viene loro incontro lampeggiando, dentro sente crescere una gran voglia di correre, un desiderio irrefrenabile di liberarsi dalla morsa della cintura di sicurezza, spalancare lo sportello e gettarsi nella campagna, correndo via a perdifiato. Ma è solo un attimo un istinto istantaneo, che si placa quando riapre gli occhi e si trova con la faccia schiacciata contro il finestrino freddo e bagnato.
Il viaggio risulta breve per la distanza percorsa. Arrivano alla discoteca attorno a mezzanotte e mezza. Una breve coda fatta di spintoni e insulti e riecono a guadagnarsi il diritto di accesso nel fumoso locale. Luca e Arturo sono eccitati come dei conigli, è da più di due ore che ripetono che stasera se la sentono e che scoperanno. In compenso Mignolo è già partito alla caccia di qualche culo da palpare nello stretto strusciare di corpi in pista.
Pietro li segue svogliato. Gli occhi cercano un divanetto dove sedersi, bersi la sua birra, lire ottomila al banco, fumarsi le sue sigarette e farsi i cazzi suoi.
Trova posto vicino ad un enorme putto rosa di gesso che sta cercando di sfuggire dalle grinfie di un orribile demone rosso fuoco che lo tiene stretto per una delle grassocce caviglie. Non gli rimane che scrutare attraverso le gambe del puttone, per osservare la baraonda che si scatena sotto l’influsso demoniaco della musica costruita su basi stracampionate. Il bestiario che si agita nella pista è fomentato da un disc jockey dislessico, che, per le improbabili origini straniere, coniuga tutti i tempi verbali all’infinito, gridando ogni dieci secondi "La serata è ok con Inferno & Paradiso." Ma gli animali non lo ascoltano è si agitano come i posseduti dal ballo di San Vito al ritmo assordante e acceleratissimo della musica. La visione infernale è richiarata sporadicamente da fasci di luce rossa e blu, da mitragliate di luci stroboscopiche che rendono anche il più goffo dei ballerini il Fread Astaire della situazione.
Pietro dalla sua postazione, può scorgere Luca e Arturo che sia agitano davanti a due bambolone gonfiabili, vestite da pornostar degli anni settanta, capelli biondo cotonato, pantacollant nero lucido, cintura di pelle rossa con fibbia tempestata di zirconi, reggiseno traforato rigorosamente nero, che rispondono con un sorriso sdentato agli sguardi ammiccanti dei due giovani cacciatori. Con un po’ più di attenzione, può anche beccare i punti in cui riemerge Mignolo dalle lunghe immersioni in apnea alla ricerca di un culo che si adatti alla sua mano mutilata.
Pietro fuma e sorseggia la sua birra oramai rassegnato alla triste situazione in cui si è cacciato. Dalla porta principale continua ad entrare gente, un fiume in piena di cannibali assetati di "Dance, Dance", come sbraita il pazzoide che propina la musica. Facce, braccia, gambe, mani con unghie laccatissime, minigonne vertiginosamente corte, stivali pitonati e piumini neri, gente tutta uguale, che dopo una rapida occhiata alla situazione si getta nel mucchio.
E’ già alla terza birra quando vede avvicinarsi Luca e Arturo abbracciati alle due pornostar in disuso come polipi. Dallo sguardo di Arturo capisce che sta buttando bene e a malincuore gli cede il posto appartato sotto il culo del putto suonante.
Si mette così a vagare per la discoteca osservando le facce sudate e truccatissime delle ragazze impegnate nella danza sfrenata. E’ tra queste che scorge una bella ragazza con i capelli neri, stretta in un abitino semplice e corto, che si muove lenta e sensuale incurante del ritmo frenetico della musica. Pietro resta qualche secondo ad osservarla, vagliando mentalmente il suo ristrettissimo bagaglio di frasi per l’abbordaggio da discoteca. Proprio mentre sta per ritirarsi sconfitto dalla sua ignoranza e dalla sua timidezza sente un colpetto delicato sulla spalla. Si volta stupito ed incrocia vicinissimi gli occhi smeraldini e scintillanti della ragazza, oramai di fronte a lui, che in un unico gesto gli pone le mani sulle spalle, lo avvicina a lei e gli sussurra in un orecchio :
"Perché non mi offri qualcosa, anziché fissarmi distante ?"
Pietro è stupito, imbarazzato, stordito dalla rapidità degli eventi e dalla dolcezza caramellosa della voce di lei. Si scambiano un lungo sguardo ravvicinato dopodichè Pietro goffamente annuisce con la testa e sorride. Cerca così di guadagnare il bancone del bar aprendosi un varco tra la folla ondeggiante, mentre dietro di lui la ragazza lo segue, tenendolo per mano.
Ma la sua fatica e interrotta da un grido violentissimo, che invoca il suo nome. Si volta di scatto i muscoli tesi, la faccia contratta in una smorfia, digrignante i denti come una bestia a cui si sta rubando il pasto. Poco distante scorge Mignolo urlante, con un grosso taglio sulla fronte e l’espressione terrorizzata, dietro di lui quattro figuri vestiti di nero lo strattonano per la maglietta lacerata. Serra i pugni e scatta, la sua mole sembra raddoppiare ad ogni passo. In un istante è sul primo che colpisce violentemente al volto, a pugno chiuso. Può vedere la faccia stupita del giannizzero scontrarsi con le sue nocche, può sentire lo scricchiolare del suo naso sotto il colpo inferto. Non è ancora a terra il primo, che con un violento calcio nei coglioni, toglie il respiro al secondo, che si accascia al suolo rantolante. La musica cessa di colpo, il balbuziente al microfono invita tutti a calmarsi. Arturo e Luca sollevando la bocca dal fiero pasto possono intravedere, sotto le cosce flaccide di cupido il loro amico scaraventare contro il muro il terzo degli assalitori di Mignolo, che nel frattempo si è nascosto sotto le gonne di una ragazza poco distante.
La situazione continua a precipitare, i quattro non erano soli, e gli amici, accorsi in loro aiuto, si buttano su Pietro, sperando che il numero possa sopperire l’evidente divario fisico. Pietro è un animale scatenato, una furia incontenibile. Il sangue gli pulsa nelle tempie, il respiro si è fatto rapido e irregolare, colpisce oramai alla cieca mulinado le enormi braccia nel vuoto, cercando di liberarsi del grappolo di avversari che invano tentano di immobilizzarlo.
La folla prima danzante, ora è un fiume in piena che cerca una valvola di troppo pieno per tracimare. Arturo, che ha nuotato faticosamente contro corrente si getta nella mischia in un inutile aiuto al suo amico, mentre Luca recupera Mignolo e lo trascina verso l’uscita del locale.
"Pietro ! Fermati, Cristo fermati !"
Pietro si volta, incrocia lo guardo spaventato di Arturo mentre con la coda dell’occhio scorge in rapido avvicinamento uno dei buttafuori della discoteca armato di manganello.
"Corri via Arturo, io arrivo subito."
Colpisce con un violento calcio sullo sterno l’accorrente buttafuori che, sbilanciato dalla potenza del colpo, non vede neanche arrivare il pugno di Pietro che lo atterra definitivamente.
Pietro ora si erge solitario al centro della pista, le mani sporche di sangue, doloranti per la violenza dei colpi inferti. Sente lontano la voce di Arturo che lo chiama. Si volta rapido cercando la ragazza. La trova esattamente dove si erano lasciati, immobile contro il muro, lo sguardo fisso su di lui, spaventata e eccitata dalla prova di forza devastante di Pietro. Le luci della discoteca si agitano lente, nel silenzio irreale che ora regna dove prima il frastuono era assordante.
"Come ti chiami ?"
La voce di lei è un sussurro, un’impercettibile melodia.
"Pietro."
Il lungo silenzio tra i due è interrotto dalla voce roca e pastosa di Luca.
"Mulo, vieni che fuori c’è un casino della madonna, sta arrivando la pula e se ti pigliano sono cazzi acidi…"
"Arrivo."
Pietro si volta nuovamente verso la ragazza, le si avvicina, si lascia invadere da suo profumo delicato, un profumo di fiori, di aria pulita e libertà ; la fissa lungamente e le sussurra :
"E tu come ti chiami ?"
"Barbara."
"Vieni con noi ?"
"No."
"Allora, addio."
"Allora…addio."
Le lancia un bacio in palmo di mano e corre fuori. Tutta la sua rabbia è svanita in un istante, si è disciolta come neve al sole, dentro sente solo un senso di vuoto, una stanchezza infinita.
Giunto fuori dalla discoteca gli si para subito davanti la Golf GT di Luca, in cui ci si catapulta. L’auto scarica tutta la sua potenza sotto il saggio controllo del padrone, che ripete meccanicamente :
"Venitemi dietro stronzi, se siete capaci…"
Dopo pochi minuti l’auto lanciata come un missile sulla strada, ha fatto il vuoto tra loro e la discoteca.
"Scusa Pietro." E’ Mignolo, ranicchiato sul sedile posteriore, con un enorme fazzoletto che gli copre la ferita alla fronte, la voce è piagnucolante e riconoscente, l’aspetto è quello di un ridicolo pirata.
"Di nulla…"
Il silenzio cala sui quattro. Ognuno è assorto nei suoi pensieri. Luca è felice perché alla fine non si è danneggiata la macchina e nella confusione è riuscito a fregare anche un paio di bottiglie di rum, Arturo sta pensando alle tette della bambolona che era riuscito ad inchiodare al divanetto, convinto del fatto che un’altra con due tette così non la troverà mai più. Mignolo scruta il buio della campagna, che scorre via veloce, ringraziando tutti i santi del cielo che lo hanno aiutato anche questa volta. Pietro fissa il margine della strada e rivede gli splendidi occhi smeraldo di Barbara, dentro sente crescere una gran voglia di correre.
Dai Pietro
Gabriele Di Marco