Marco Marchetti, è stato uno dei vincitori di questa seconda edizione del concorso "Il ritorno di Holden", classificandosi secondo nella sezione Testo – categoria Senior.
Segue una breve intervista che cerca di capire più da vicino il percorso personale di questi "giovani artisti", come sono stati definiti, i loro sogni, aspettative, ma soprattutto, da dove nascono le opere che li hanno spinti a partecipare a questo concorso.
Ciao Marco, innanzitutto presentati e parlaci di te, cosa studi e cosa vorresti fare nella vita…
Ho 17 anni, faccio il Venturi indirizzo Grafica a Modena. Nella vita vorrei fare il regista cinematografico, ho già fatto alcuni cortometraggi e mi interesserebbe avvicinarmi a tutti gli aspetti che riguardano appunto la creazione di films.
I miei hobbies principali riguardano i fumetti, di ogni tipo, e la fotografia.
…e il concorso "Il ritorno di Holden" come l’hai conosciuto?
Me ne ha parlato un amico che ha partecipato e vinto l’anno scorso, in più ero stato colpito dal tema proposto quest’anno, quindi ho deciso di provare.
Tu hai compiuto una scelta inusuale, hai partecipato per entrambe le categorie, tanto quella grafica quanto in quella di testi…
Sì e oltretutto ho vinto nella categoria dei testi, mentre dei due aspiravo a quella grafica, visto anche il mio tipo di studi. Ho comunque trovato che i lavori di grafica degli altri fossero ottimi. Almeno quelli che ho potuto vedere.
Immagino che per te, visto il tipo di studi, non sia stato un problema l’utilizzo di strumenti informatici per la partecipazione al concorso…
No, anzi, mi è sembrata un’ottima idea. Io stesso possiedo il computer a casa, mi interesso di grafica a 3D, è il futuro insomma…
E il premio del concorso, come lo utilizzerai?
Lo spenderò appunto per il mio computer.
E l’idea di far leggere ad altri le tue opere, non ti ha causato nessun tipo di problema?
No, chi sceglie come me una scuola di grafica, si predispone già a lavorare per il "pubblico", con cui si finisce sempre per confrontarsi. Sei già "pronto al riscontro" in poche parole.
Il tuo testo ha colpito ed è stato premiato per l’intensità che trasmette, ma comunica anche un senso di profonda malinconia. Tra le altre cose affermi "La vita Anche questa è soltanto una parola". Ti capita di realizzare qualche cosa di tuo anche al di fuori di eventi come questo concorso? E ti sei ispirato a qualche scrittore in particolare per scrivere questo racconto?
No, si tratta di una fusione di interesse per la tematica e "momento". Non mi sono ispirato a nessuno. Si tratta solo di inquietudine, l’inquietudine di questa età fondamentalmente…Io non sono uno che scrive spesso, scriverò tre volte l’anno, quando sono alterato. Quando ho della rabbia. Allora scrivo.
…quindi scrivere ti fa sentire un po’ meno estraneo? Dici: "Tentare di scrivere. Tentare di farsi capire". Come vivi l’atto della scrittura?
No, non è che mi faccia sentire meno estraneo. Diciamo che mi toglie dei problemi.
C’è un pezzo in cui parli del tempo, e dici: "Sento che il tempo manca. Sento che sono io a farlo mancare". Come lo percepisci il tempo? Dai la sensazione di essere rincorso da qualcosa…
Il tempo non è che mi manchi. Anzi, ne ho, pure tanto. E’ solo che sono pigro, e non lo uso. "Non ne ho voglia."
In un altro passaggio invece, mi ha colpito particolarmente vedere come tu parli al passato, distaccandoti dal mondo come se tu no gli appartenessi e dici: "Ero consapevole che un giorno sarei morto, lo ero almeno quanto lo ero che la vita era inutile".
Concepisco la Morte come qualcosa di molto simile al sonno, al dormire. E’ come se dormissi nel racconto, per quello sono distaccato. Entrambi, Morte e Sonno, sono tempo sottratto alla vita. Infatti, anche se sembra un paradosso e sono pigro nella mia incapacità di usare il tempo, odio l’idea di dover dormire.
Nelle due sezioni del tuo lavoro, "io con me stesso" e "io assieme agli altri" si nota come il confronto con gli altri non subentri mai, ma rimane sempre, anche nella seconda sezione in cui ci si aspetta un confronto, un monologo interiore. Secondo te, come si concilia il mondo interiore -per forza di cose solitario – e il rapporto con l’esterno?
Non è possibile, o perlomeno è molto difficile. Trovo che tutte le persone siano intelligenti, ma è come se io non riuscissi a percepirlo…
..quindi quello che è difficile è comunicare, "sentirsi a vicenda"?
Sì, sono mondi interiori che esistono ma non si toccano.
C’è qualcuno cui desideri dedicare la tua vittoria?
Marco ci pensa un attimo, sorride e risponde:
"Al mio cane Pluto", anzi al mio ex cane, visto che non c’è più.
E se la Morte è Sonno, "Buonanotte" Pluto, ciao Marco.
intervista a Marco Marchetti
Giorgia Mantovani